Paolo Fumagalli

Per i 20 anni di Archi, l'articolo di Paolo Fumagalli dal no. 1/1998. «...ma questo ruolo che l'architetto assume comporta anche una responsabilità pubblica e culturale verso la società».

Paolo Fumagalli scrive l'ultimo diario dell'architetto per Archi, il suo ottantatreesimo.

Questo mese il diario dell'architetto si interroga sul cambiamento delle città e del paesaggio.

La densificazione è un tema che implica importanti questioni essenziali: progettuali, urbanistiche, architettoniche, anche sociali. Un esercizio non facile.

Con la morte di Milo Navone scompare l’ultimo architetto che fu tra i protagonisti dell’architettura organica.

Il Cantone Ticino si è lanciato nell’aggregare città, borghi e villaggi. A oggi si è passati – tra il 1980 e il 2016 – da un Ticino composto di 247 comuni a un Ticino di 130 comuni.

Molti edifici del passato storico sono d’indubbio valore, per la loro architettura o perché determinanti la qualità della città o del paesaggio. Anche in Ticino, come del resto altrove, è stata sfigurata o distrutta molta di questa architettura.

Chissà cosa hanno pensato gli abitanti di Bellinzona quando furono realizzati i due edifici di Bianconi a Pratocarasso, soli soletti nella campagna tra Bellinzona e Arbedo.

Sempre meno gente percorre la parte storica delle città, strade che per tradizione sono il luogo del collettivo.

La legge sulle commesse pubbliche lo impone, ma ben si sa quanto i Comuni siano refrattari a promuovere dei concorsi di architettura quando c’è da realizzare un’opera pubblica.

Oggi lo stesso problema si ripresenta, se – come io credo – l’Europa e la Svizzera vorranno – o dovranno – aprire le loro frontiere a questi disperati, per solidarietà verso chi soffre o per inevitabilità.

Una riflessione scaturita dalla recente scomparsa di due protagonisti, l’uno sconosciuto ai più, l’altra invece conosciuta quasi fosse una star del cinema, Claude Parent, e l’iraniana Zaha Hadid.

Un'esplorazione delle potenzialità che risiedono in opere che risalgono ad oltre un secolo fa: la ferrovia, le sue infrastrutture, i suoi vuoti spaziali squisitamente urbani.

Su altre pagine di questo numero di Archi Annalisa Viati scrive su Peppo Brivio e la sua architettura nel momento della sua scomparsa. Non voglio quindi a mia volta scrivere sull’opera di un architetto che, noi per primi colpevoli, è caduto da anni nell’oblio nonostante il ruolo di primo piano che ha avuto nell’architettura del Ticino nei primi decenni del Dopoguerra e nonostante abbia influenzato molti degli architetti suoi contemporanei, e quelli più giovani che allora iniziavano a lavorare.

Ho provato a creare il mio ipotetico «Museo Ticino»: è composto di sei sezioni.

Tutto si intreccia: A2-A13, AlpTransit, Bellinzona, stazioni Tilo, strade cantonali.

La guida: inaspettati temi comuni. E un vuoto assordante.

Una conferenza a Lucerna sulla «Tendenza» in Ticino

San Paolo è una città estesa senza fine. È una città vera, densa fino ai suoi limiti estremi, dove anche laggiù lontano chilometri dal centro si ergono i grattacieli, circondati da quartieri di abitazione, fabbriche e shopping e favelas.

Oggi ci confrontiamo con forme abitate mescolate tra loro. Il termine città non corrisponde più ai criteri tradizionali.

È impossibile riassumere nel paio di pagine di questo Diario la biografia di una personalità così multiforme come quella di Le Corbusier, né sintetizzare compiutamente le idee, le intuizioni, le architetture ideate e realizzate nell’arco di una vita.

Mi sembra interessante approfondire alcuni aspetti su quanto avevo scritto nell’ultimo «Diario» con il titolo «Chi ha nascosto i giovani architetti ».

Tita Carloni, la sua vita e le sue opere in breve

La Casa del Popolo è un edificio che rappresenta un punto di svolta nell’architettura di Carloni, è differente dai suoi lavori precedenti, altri sembrano esserne i riferimenti.