Dia­rio del­l'ar­chi­tet­to, ot­to­bre 2016

Il centro storico e la parabola della ciambella

Sempre meno gente percorre la parte storica delle città, strade che per tradizione sono il luogo del collettivo, dell’incontro, dello scambio, dell’abitare, del vendere, del comperare, del lavorare, del tempo libero, del mangiare, del divertimento.

Data di pubblicazione
17-10-2016
Revision
17-10-2016

Le tre scimmiette

Il piacere di flâner in queste vie dense di una storia che fu. Di questo piacere rimane solo la nostalgia. Già, perché oggi questo centro e fulcro delle nostre (piccole) città come Chiasso, Mendrisio, Lugano, Bellinzona e Locarno ha perso ogni sua specificità, è ridotto a mero scenario urbano di spazi dentro i quali la varietà tipologica dei commerci e dei luoghi d’incontro che ne costituivano il pregio è scomparsa. Flâner è diventato di una monotonia malinconica. A fronte di questo declino, si organizzano a tutto spiano decine di eventi per animarlo (Vocabolario Treccani: animare = infondere l’anima, dare vita) e addirittura c’è chi – e si rasenta l’assurdo – ritiene che sia l’assenza del traffico automobilistico a essere la causa della crisi dei commerci e dei negozi: rimpiange le lunghe file di auto che intasavano le odierne strade pedonali, incolonnate con – almeno quello! – il motore acceso a ritmare il tempo che scorre. Uno spasso che oggi non è più possibile gustare. 

Ma organizzare eventi o invocare le automobili significa imitare quelle tre scimmiette che si chiudono bocca, occhi e orecchi per non parlare, per non vedere, per non sentire. Per non capire. Perché le cause di quanto è accaduto sono ben chiare: dopo gli anni dell’abbandono degli abitanti dal centro, negli ultimi decenni il Cantone e le città – inconsapevoli o distratti o incompetenti – hanno permesso se non favorito la realizzazione di oltre 150’000 metri quadri di superfici di vendita1 in decine di centri commerciali posti di là delle periferie delle città. Città troppo piccole per non esserne travolte. Come se nulla fosse, il Ticino ha imitato i peggiori esempi che ci circondano: ma Chiasso Mendrisio Lugano Bellinzona Locarno non hanno né l’estensione né la densità di città come Milano o Zurigo o Basilea per reggere simili numeri. 

Comperare nei centri commerciali

Di cosa si tratta è presto detto. Devi comprare qualcosa? Mica vai nel centro della città, teorico luogo per eccellenza di negozi grandi e piccoli. Macché, si va altrove, fuori città c’è solo l’imbarazzo della scelta. Se sei a Chiasso va be’, vai in Italia, oppure vai più vicino, prendi l’auto e dopo un paio di curve sei a Morbio Inferiore, al Serfontana e ciò che l’attornia. Trovi tutto: abiti, scarpe, lingerie, computer, televisori, radiosveglie, DVD, orologi, macchine fotografiche, cartolerie, mobili, macchine da lavare, aspirapolveri, lavanderie, ristoranti, bar. Se invece sei a Mendrisio, è uno spasso: non devi nemmeno uscire dalla città e trovi il Fox Town e gli shopping che l’attorniano. A Lugano, nessun problema, prendi l’auto fino alla schiera di shopping di Grancia e il loro contorno. Trovi tutto: abiti, scarpe, lingerie, computer, televisori, radiosveglie, DVD, orologi, macchine fotografiche, cartolerie, mobili, macchine da lavare, aspirapolveri, lavanderie, ristoranti, bar. Se abiti a Bellinzona e hai bisogno di qualcosa, hai sete o vuoi mangiare o comprare, in 10 minuti con l’auto sei agli shopping di Sant’Antonino. E trovi tutto.

Il buco della ciambella

Ovvio: l’enorme quantità di merci offerte dalle quattro aggregazioni di centri commerciali poste oltre le periferie delle nostrane città di media grandezza risucchiano tutti quegli abitanti che in tempi che furono frequentavano le vie del centro città, dove allora potevi comunque trovare le stesse cose. Così, il luogo per eccellenza del collettivo, dell’incontrare, dello scambio, dell’abitare, del vendere, del comperare, del lavorare, del tempo libero, dell’aperitivo, del mangiare, del divertirsi, del flâner – il centro della città – in realtà non esiste più, è stato svuotato. 

La città è diventata una ciambella,2 dove il buco – il niente – è il centro della città. La polpa è tutt’intorno, un cerchio fatto di tragici cassoni architettonici posti in luoghi di un’anonimità affliggente, sorti così come la «nave va», senza un concetto strategico sul luogo in cui avrebbero dovuto sorgere, senza una riflessione economica di cosa erano e cosa avrebbero comportato per l’insieme dell’economia cantonale e dei suoi centri urbani, senza un concetto urbanistico, senza alcuna qualità architettonica. Cresciuti in modo spontaneo, senza regole.

Il buco della ciambella. A me pare che rispetto alle città siano stati fatti – e purtroppo si continuano a fare – tutti gli errori peggiori che si possono immaginare, e che pregiudicano pesantemente il futuro. Tra gli errori peggiori in assoluto vi sono sicuramente questi shopping fuori città, che non solo hanno stravolto l’equilibrio economico-commerciale, ma tutt’intorno hanno fatto fiorire una terra di nessuno che ha distrutto la campagna e disperso l’abitato.

Un disastro.

Un disastro. E senza rendersi conto di tale squilibrio il Piano Direttore Cantonale alla scheda R8 come se nulla fosse, basandosi solo su stime di traffico indotto e località che si presume adeguate, prevede che altri centri commerciali possano sorgere in Ticino. Senza minimamente preoccuparsi, probabilmente perché non ritiene sia suo compito, degli squilibri economici – e sociali, aggiungo – che provocano. Uno scandalo.

E non mi si venga a dire che tali centri commerciali sono uno stimolo all’economia, e anzi che occorre addirittura aprirli la domenica. Questo stimolo all’economia è assolutamente un falso. I centri sono poco costosi da costruire, sorgono su terreni a buon mercato, impiegano pochissima gente su enormi spazi di vendita, ma in compenso provocano enormi – se non esorbitanti – costi alla collettività per tutto ciò di cui loro non si sono mai occupati, anche se essenziali per la loro attività. Già, è la collettività che finanza le strade e le infrastrutture e (quando ci sono) i trasporti pubblici al solo scopo di gestire il traffico dei loro clienti. Assurdo nell’assurdo: pagare e realizzare strade e infrastrutture per scavare ancor più il buco al centro della ciambella.

Mi si dirà però che la ciambella, se si lascia perdere il buco, ha un biscotto buono da mangiare. Ma è un biscotto avvelenato. Soprattutto a Grancia e a Mendrisio ci troviamo a cospetto di un disordine inaudito, dove non esiste alcuna qualità né urbanistica né architettonica. Non solo, ma come una cancrena hanno distrutto ogni qualità anche al territorio circostante, sono stati la malefica dinamo per costruire tutt’attorno stazioni di benzina, centri espositivi e autorimesse per automobili, depositi, financo bordelli.

Un disastro. Del resto riconosciuto anche da chi doveva prevedere, programmare, dirigere, pianificare, progettare. Basta leggere, ad esempio, quanto scritto nel sito internet della città di Lugano in merito al progetto urbanistico del Pian Scairolo, che riguarda l’intera valle da Paradiso a Grancia a Barbengo: «... si basa su una duplice prospettiva d’intervento, premessa per uno sviluppo territoriale coordinato: da una parte di riqualifica delle componenti residenziali–abitative e dall’altra di identificazione delle modalità di ordinamento territoriale–urbanistico più confacenti per una zona commerciale, che nel contempo non comprometta le funzioni residenziali più sensibili, oggi fortemente penalizzate». Avete letto bene: «riqualifica» e «modalità di ordinamento più confacenti» e «funzioni residenziali oggi fortemente penalizzate». Per chi vuol capire, si tratta di spendere – quanto? 100 milioni? – per aggiustare un’urbanistica sbagliata e prevedere qualche cerotto: delle aree verdi, linea tram, piste ciclabili, abbellimento di torrenti esistenti, posteggi park & ride e belle e nuove strade alberate per... migliorare gli accessi ai clienti degli shopping. Come detto prima: a spese di chi?

Mi si dirà che i centri commerciali di Grancia sono sorti decenni e decenni fa. Già, è vero: si vada allora a vedere i progetti urbani di oggi. Come il nuovo svincolo autostradale di Mendrisio, un buco gigantesco di una ciambella che è il paesaggio stesso. E il colmo è che nulla cambia nella periferia supercommercializzata che occorre attraversare prima di entrare a Mendrisio: milioni e milioni spesi per strade e viadotti e pareti foniche, ma non un franco per l’urbano, per creare un’entrata degna alla città. Per raggiungere il centro storico, quel buco al centro della ciambella.

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