Quan­do un pri­va­to or­ga­niz­za un con­cor­so di ar­chi­tet­tu­ra

Concorso per un quartiere a Lumino

La legge sulle commesse pubbliche lo impone, ma ben si sa quanto i Comuni siano refrattari a promuovere dei concorsi di architettura quando c’è da realizzare un’opera pubblica. Una procedura ritenuta costosa, farraginosa e dai tempi lunghi, e da cui l’Ente pubblico si sente oltretutto escluso nelle scelte finali, che spettano alla giuria. Da qui mille scappatoie per evitarli. Se questa è in prevalenza la posizione degli Enti pubblici, figurarsi i privati, quelli che in massima parte costruiscono le città e invadono il territorio. 

Data di pubblicazione
25-08-2016
Revision
25-08-2016

Sia per singole case d’appartamenti, sia per quartieri grandi o piccoli, il privato preferisce sempre affidarsi all’incarico diretto a un professionista. E a parte lodevoli eccezioni, il risultato è lì da vedere.

È quindi più che opportuno mettere in risalto l’iniziativa di un cerchio di familiari, proprietari di un terreno di 2’900 metri quadri – situato nel comparto collinare di Lumino –, di promuovere un mandato di studio parallelo fra tre studi di architettura per la progettazione e realizzazione di un complesso residenziale. Un quartiere d’abitazione in una zona cui il Piano Regolatore attribuisce un indice di sfruttamento dello 0.6 e un indice di occupazione del 30%, e un’altezza di tre piani abitabili.

Non vi è una giuria vera e propria, come del resto capita nei mandati paralleli, ma un gruppo di valutazione composto dai familiari stessi. E mi è stato affidato il compito di coordinare il concorso e di affiancarli nelle valutazioni, fermo restando che le scelte definitive spettano a loro – come è logico. Ed è stata per me un’esperienza interessante, perché a differenza di altre analoghe occasioni, qui non erano né colleghi architetti o urbanisti, né politici a valutare i progetti, ma persone con i loro gusti, dove spesso i pareri dei singoli familiari – da quelli più anziani a quelli più giovani – sono stati sempre logici e ponderati. Spesso divergenti. Anche se occorre precisare che tra i familiari vi erano anche un ingegnere civile e un architetto, che lavora all’Ufficio pianificazione locale del Dipartimento del territorio.

Il tema era di prevedere in massima parte appartamenti da affittare con tipologie comprese tra 2.5 e i 3.5 locali, con alcuni da 4.5 locali. Uno degli alloggi è da prevedere in proprietà per una famiglia di 5 persone, eventualmente in un’unità separata. Tre sono stati gli studi di architettura invitati: Martino Pedrozzi, Cristiana Guerra, Meyer e Piattini. Dopo una discussione intermedia, al termine della procedura sono scaturiti tre progetti completamente differenti tra loro.

Il progetto di Martino Pedrozzi propone un unico grande volume a pianta rettangolare alto quattro piani, con l’accesso dal tetto a quota della strada superiore e sviluppato verso valle sfruttando il declivio della collina. Un progetto quindi molto «urbano», un volume che contiene non solo tutti gli appartamenti, ma anche i posteggi degli inquilini. Soluzione interessante in quanto, concentrando tutto in un’unica costruzione, guadagna un’importante superficie di terreno che può essere strutturata in aree per lo svago o il gioco. Il progetto risolve intelligentemente la difficile tipologia degli appartamenti dentro un volume di così grande superficie, ma paga lo scotto di un volume importante nel paesaggio, forse eccessivo nel contesto collinare di Lumino.

Cristiana Guerra propone tre volumi affiancati posti lungo il confine a monte, verso la strada. Una soluzione che da un lato permette di organizzare l’eccezione dell’appartamento per 5 persone in forma di villa situata nella parte inferiore del terreno, e d’altro lato di offrire a ogni appartamento l’affaccio verso valle, verso quindi l’est della valle Mesolcina, il sud a solatio e l’ovest verso Castione e la confluenza dei fiumi Moesa e Ticino. E anche in questo caso, gli appartamenti offrono un’interessante organizzazione tipologica.

Il progetto di Meyer e Piattini è a sua volta completamente diverso dai precedenti. Con delle interessanti tipologie di appartamenti prevalentemente duplex, propongono una serie di volumi raggruppati, articolati tra loro, a quote differenti, che da un lato garantiscono una relativa indipendenza alle diverse unità abitative, e d’altro lato creano interessanti spazi comuni, delle «piazzette» interne che prefigurano dei luoghi comuni dove le famiglie possono incontrarsi. E (forse) convivere. Insomma, una tipologia da villaggio, con aspetti interessanti.

Al termine della procedura, il progetto scelto dai committenti è stato quello di Cristiana Guerra.

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