Pa­di­glio­ne del Re­gno del Bah­rain, Ex­po 2020, Du­bai

Christian Kerez

Nell'ideazione del Padiglione del Bahrain per l'Expo di Dubai, Christian Kerez è ricorso a più riprese al modello: dapprincipio utilizzato come ausilio alla progettazione, esso è poi servito a illustrare la proposta al committente, e in seguito è stato declinato in mock-up sempre più dettagliati che permettevano sia di affinare il progetto, sia di studiare come realizzarlo.

Data di pubblicazione
16-12-2020

Per collegarsi al tema di Expo 2020 Dubai – Connecting Minds Creating the Future – il Regno del Bahrain offre un vasto spazio interno, al riparo dal deserto che circonda il sito dell’esposizione. La sostenibilità, una delle tematiche principali dell’Expo (rimandata al 2021), è completamente rispettata, dal momento che l’edificio è prefabbricato e sarà smontato e spedito alla fine della manifestazione nella capitale del Bahrain.

Lo spazio del padiglione consiste in una piazza pubblica di 900 m2, collocata in una grande hall con un’altezza di 24 m. Le funzioni previste dal programma – tra cui spazi espositivi, luoghi di ristoro e punti vendita – si inseriranno nella piazza come in un mercato di strada.

La grande hall si trova un piano sotto il livello terreno; per questo l’accesso avviene attraverso una rampa di 50 m di lunghezza, che crea una distanza dal mondo colorato ed eterogeneo degli altri padiglioni temporanei dell’Expo. La grande sala non è uno spazio vuoto, né spoglio, ma piuttosto assomiglia a una selva composta da elementi strutturali estremamente sottili.

Tubi industriali metallici aventi un diametro di 12 cm attraversano lo spazio in ogni possibile direzione, creando una varietà senza fine di prospettive sempre mutevoli, all’interno di un volume altrimenti elementare. Grazie a questi elementi tubolari a vista che popolano il volume, la piazza non è una generica hall in mezzo al deserto, ma potrebbe invece essere paragonata a una foresta, uno spazio interamente occupato e diversificato mediante elementi architettonici che cambiano in continuazione in base al movimento del visitatore nello spazio.

I tubi metallici si toccano l’un l’altro in svariate occasioni, in modo da ridurre l’instabilità data dalla loro esilità e da raggiungere la rigidezza necessaria a sopportare i forti carichi dovuti al vento in quest’area geografica. Il progetto strutturale degli elementi primari, secondari e terziari, identici per dimensione ma connessi in maniera differente, permette di avere un ordine nascosto all’interno di questa famiglia di sottili elementi strutturali, che appare, a un primo sguardo, del tutto informale.

Ogni colonna crea una finestra che si apre nel momento in cui essa incontra il volume secondo angolature variabili. Queste aperture, così come la loro orientazione e dimensione, sono una conseguenza della geometria delle colonne inclinate e cambiano la direzione secondo cui la luce entra nello spazio lungo il corso della giornata, mutando costantemente, in maniera imprevista.

L’effetto riflettente del rivestimento metallico delle pareti accentua inoltre il carattere di selva dell’interno della struttura del padiglione. Nello spazio, luce e struttura diventano un’esperienza inseparabile.

La densità e la varietà degli ornamenti islamici, che ha costituito un punto di partenza per la progettazione, si trasforma in un’immediata esperienza spaziale. Le tipologie delle antiche corti del Bahrain, con i loro interni dotati di aperture ornamentali funzionanti come sistemi naturali di raffrescamento, potrebbero anche ricordare l’illuminazione naturale e informale che si crea all’interno della hall del padiglione, dotata di una grande altezza. In quest’ottica, l’esperienza dello spazio del padiglione diviene l’elemento cruciale capace di dialogare con le qualità culturali del Regno del Bahrain e con il tema stesso dell’Expo.

Il processo di costruzione dei modelli

Il primo modello concettuale per il Padiglione del Regno del Bahrain all’Expo di Dubai era costituito da una piccola scatola di carta trafitta da alcuni aghi, che irrigidivano un volume altrimenti debole. Da un lato, tale modello era già un’accurata rappresentazione dello spazio architettonico; dall’altro esso mostrava come un elevato numero di sottili elementi strutturali avrebbe potuto supportare e dare rigidezza a un grande spazio vuoto.

Il modello dell’interno concepito per la prima consegna alla Bahrain Authority of Culture and Antiquities (BACA) fu creato in poco tempo. Esso era composto da una scatola di truciolato già completamente rigida: si potrebbe perciò dire che l’intera struttura interna era soltanto un’illustrazione di un sistema strutturale.

L’effetto della luce, la relazione tra gli elementi strutturali e le aperture in facciata dovevano mostrare in che modo la realtà costruita poteva essere esperita. Di conseguenza, il materiale del modello era identico a quello del progetto reale. Muovendosi con una camera all’interno dello spazio, il riflesso sulle pareti sarebbe cambiato in maniera imprevedibile; questo effetto della luce che entra nello spazio attraverso differenti disposizioni di finestre, con diverse dimensioni, ne crea una percezione complessa. Non sarebbe stato possibile mostrare tutto ciò con un rendering. Le finestre incorniciano gli elementi strutturali, mentre questi passano attraverso la pelle sottile del prospetto per dare l’impressione di non essere interrotti dalla facciata e di avere una lunghezza indefinita. Inoltre, la finestra connette la facciata con la struttura interna: la facciata non starebbe in piedi senza la foresta interna di elementi metallici, e viceversa. Tale connessione non era un dettaglio, ma anzi mostrava la coerenza concettuale esistente tra la struttura all’interno dello spazio e il suo involucro. Di conseguenza abbiamo testato questa connessione mediante modelli in cartone in scala 1:1 per la prima consegna concettuale.

Per comprendere se i tubolari metallici di 12 cm avrebbero potuto essere percepiti – come noi volevamo – alla stregua di elementi estremamente fragili, in uno spazio di 1'000 m2 e di un’altezza di 24 metri, abbiamo costruito un piccolo frammento dello spazio reale all’interno del nostro ufficio. Abbiamo anche realizzato un modello dietro al nostro ufficio, mostrando un frammento dello spazio interno del padiglione, dal momento che quest’ultimo aveva, per caso, all’incirca la stessa altezza della nostra corte. La definizione del diametro degli elementi strutturali è stata guidata in maniera sostanziale da questi mock-up, e si è potuta realizzare solo quando Joseph Schwartz, il nostro ingegnere, ha trovato un modo per organizzare gli elementi strutturali in maniera gerarchica. Grazie alla collaborazione con Joseph Schwartz si è giunti a una densità di elementi diagonali nello spazio simile a quella da noi trovata intuitivamente nella prima proposta concettuale.

A ogni modo, tutto è divenuto possibile solo attraverso una totale modifica del nostro modo di concepire gli elementi strutturali. Un circolo interno di supporti connette tutte le facciate, il pavimento e il soffitto in maniera diretta e reciproca in cinque punti nodali. Questi lunghi elementi primari sono sostenuti da elementi secondari, in modo da ridurre la loro instabilità. Un terzo livello di elementi strutturali irrigidisce la facciata.

L’elaborazione dello schema strutturale è stata portata a termine utilizzando il computer. Tuttavia è stato fondamentale avere un’impressione tridimensionale e fisica del modello digitale: perciò abbiamo prodotto un modello finalizzato a una rapida verifica del processo progettuale digitale in cui una maglia reticolare teneva insieme tutti i supporti e li mostrava nello spazio. Tale modello rimaneva a un livello completamente astratto, ed era leggibile solo da chi aveva familiarità con il modello digitale.

Alcune trasformazioni effettuate sul modello fisico hanno avuto un impatto decisivo sull’esperienza dello spazio costruito. Ad esempio, per quanto riguarda il rivestimento esterno, è diventato importante mostrare le orditure nascoste, migliorando il processo additivo di assemblaggio dell’ossatura strutturale mediante una leggera piegatura delle lastre di alluminio. La definizione dello spessore delle lastre interne ed esterne è stata testata ed elaborata su di un mock-up nel nostro studio, prima di procedere a un confronto con le imprese di costruzioni. La definizione della piegatura di alcuni millimetri è venuta da un render realizzato da Arte Factory Lab, che in seguito abbiamo analizzato geometricamente.

Per una esposizione sul Padiglione del Regno del Bahrain a Dubai, tenutasi presso la Architectural Heritage House di Muharraq (Bahrain), abbiamo costruito un modello particolarmente accurato in scala 1:33. Per la prima volta, l’effetto della riflessione dei pannelli di alluminio poteva essere verificato e immaginato diversamente, ancora una volta, da quanto era possibile ricorrendo soltanto a modelli digitali. Proprio per questo, il modello ha avuto un impatto determinante su alcuni aspetti del cantiere in costruzione.

Un ulteriore modello strutturale, attualmente in costruzione presso il nostro ufficio, mostra come sarebbe l’edificio senza il rivestimento.

«Archi» 6/2020 può essere acquistato qui, mentre qui si può leggere l'editoriale con l'indice del numero.

Luogo Dubai, UAE
Committenza Bahrain Authority of Culture and Antiquities (BACA)
Architettura Christian Kerez, Zurigo
Collaboratori B. Bukowski, C. Barboza, G. Rucci, S. Wang, K. Huber, G. Dorici, C. Wu, K. Karpinski, Z. Tang, Z. Chen
Modelli A. Korneluk, M. Klimi, L. Bonazzi, A. Barnstorf, B. Vanoverberghe
Pratiche edilizie Wanders Werner Falasi Consulting Architects, Dubai; X Architects
Strutture Dr. Schwartz Consulting, Zugo, Joseph Schwartz
Impiantistica Wanders Werner Falasi Consulting Architects, Dubai
General Contractor Rimond Middle East General Contracting LLC
Date 2018-2021

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