Una so­lu­zio­ne ra­di­ca­le: il rin­no­va­men­to del Tex­til­mu­seum di San Gal­lo

Christian Kerez

Da tempo il Textilmuseum di San Gallo presenta la sua straordinaria collezione in modo fin troppo dimesso. Con il progetto di ristrutturazione e ampliamento di Christian Kerez, vincitore del concorso a due fasi con procedura anonima, questo cambierà: l'edificio stesso diverrà un pezzo espositivo di pregio.

Data di pubblicazione
29-07-2021

Per secoli la produzione tessile è stata fondamentale per la Svizzera orientale. Dal Medioevo era incentrata sul lino, dal Settecento sul cotone. Negli anni precedenti la prima guerra mondiale, poi, i tessuti ricamati erano il principale settore di esportazione dell'economia svizzera (18% del totale); il centro dei commerci era San Gallo. Il boom dell'industria tessile portò il «Kaufmännischen Directoriums», l'associazione dei commercianti, a progettare un museo dell'industria e dell'artigianato che, come altri musei delle arti applicate fondati nell'Ottocento, aspirava a fornire fonti d'ispirazione alla produzione locale con la sua collezione di modelli (avviata nel 1863) e a ospitare, oltre a essa e a una biblioteca, anche una scuola di disegno e ricamo.

Nel concorso del 1884 il primo premio non fu assegnato; l'incarico fu attribuito all'architetto che aveva conquistato il secondo posto, il giovane e ancora sconosciuto Gustav Gull, che una decina d'anni dopo sarebbe diventato architetto della città di Zurigo. Emil Wild, direttore del museo, elaborò il progetto e ne curò la direzione lavori; l'edificio venne inaugurato già nel 1886. Con i due avancorpi laterali, i corridoi e la scalinata centrale, si rifaceva più alla tipologia della scuola che a quella del museo, cosa non del tutto sorprendente se si considera che il fine primario della collezione era contribuire alla formazione di artigiani.

Nel 1956 ebbero luogo alcuni significativi interventi, con un'aggiunta nella zona centrale del tetto e l'intonacatura della facciata originale in mattoni a vista.

Ribattezzato Textilmuseum nel 1982, nel 1991 l'edificio con la sua collezione è stato rilevato dalla Stiftung der Industrie- und Handelskammer (Fondazione della camera di commercio e dell'industria). Dato però che la fondazione voleva concentrarsi soprattutto sulle attività di politica associativa, il suo patrocinio è passato nel 2018 alla Stiftung Textilmuseum St. Gallen (Fondazione del Textilmuseum di San Gallo), fresca di fondazione. Era a quel punto assolutamente necessario che lo slancio portato dal cambiamento andasse a far fronte alle lacune evidenti del museo: a oggi manca un'esposizione permanente sulla storia dell'industria tessile svizzera e sangallese, l'edificio è stipato e i 40'000 pezzi della collezione sono conservati in modo inadeguato – per non parlare delle infrastrutture obsolete e delle barriere architettoniche. Inoltre l'edificio, pur trovandosi sul confine tra centro storico e quartiere dell'industria tessile, vicino alla stazione (quindi in posizione centrale), a causa della sua concezione spaziale – con il basamento chiuso e il piano terra rialzato rispetto alla strada – risulta, nel contesto della stretta Vadianstrasse, ermetico e poco invitante.

Il concorso

Una ristrutturazione sostanziale del museo è ora chiamata a rimediare alla situazione. La fondazione è giustamente legata alla sua sede tradizionale – e con essa alla tradizione e alla storia dell'edificio e della collezione. Il contesto urbano denso non lascia spazio a ampliamenti né laterali né sul retro. Con la procedura della «Testplanung», che ha fatto da base al concorso a due fasi, sono stati stabiliti gli obiettivi della riorganizzazione spaziale: gli spazi supplementari necessari dovevano essere creati, da un lato, tramite un deposito sotterraneo nella corte, dall'altro grazie a una sopraelevazione del tetto con le sale espositive, mentre una caffetteria aperta sulla strada doveva rendere l'edificio più permeabile. 181 studi d'architettura hanno partecipato al concorso d'idee anonimo a procedura libera; di essi, otto sono stati ammessi al successivo concorso di progetto, a cui sono stati invitati altri sette studi: Tatiana Bilbao, Brandlhuber +, Diener & Diener, Sou Fujimoto, Marie-José van Hee, jessenvollenweider e Christian Kerez.

Dopo un'interruzione dovuta alla pandemia, la giuria presieduta dall'architetto cantonale Werner Binotto ha assegnato cinque premi e in marzo ha raccomandato di continuare a sviluppare il progetto di Christian Kerez «Das Schwere ist des Leichten Wurzelgrund» ('Il peso è la radice della luce').

Il progetto di Kerez è l'unico, tra quelli proposti durante la seconda fase del concorso, a non seguire la disposizione degli spazi proposta nell'ambito della «Testplanung», optando per un approccio diverso. Il bando del concorso dichiarava d'altronde che «la giuria può raccomandare anche proposte eccezionali che presentino significative deviazioni dal programma». Ed è proprio andata così. Una dimostrazione della lungimiranza dei giurati (e, tra parentesi, della procedura concorsuale), che hanno saputo riconoscere il potenziale della proposta di Kerez.

L'esame degli altri progetti rivela chiaramente i problemi insiti nelle indicazioni derivate dalla «Testplanung»: per garantire il trasferimento di carico, le sopraelevazioni auspicate richiedono interventi invasivi nell'edificio esistente. E nei casi in cui i partecipanti hanno cercato di usare la forma e la facciata della sopraelevazione per conferire al museo una maggiore visibilità, i loro interventi – a volte tradizionalisti, altre, come nel caso di Fujimoto, utopistici e iridescenti – si rivelano difficili da notare dalla strada. Inoltre emerge un problema di accessibilità: piano terra e sopraelevazione in questo scenario sono gli spazi più frequentati dal pubblico, quindi visitatori e visitatrici vanno incanalati su e giù lungo l'edificio.

La proposta

Kerez risolve il problema con una soluzione geniale e lampante: rinuncia alla sopraelevazione e libera il tetto dalle aggiunte fatte negli anni, riportando l'edificio al suo profilo originario e creando spazio per i depositi. Questo rappresenta la prima fase della sua proposta di ristrutturazione (la committenza aveva auspicato una suddivisione dei lavori in tappe): evita così un costoso rafforzamento della struttura portante esistente e, rispetto alle altre soluzioni, il progetto da questo punto di vista appare decisamente poco invasivo.

Gli interventi più profondi di Kerez non concernono la zona del tetto ma il piano terra. In primo luogo, la sua quota viene abbassata a quella della strada, così che il basamento dell'edificio, dall'aspetto respingente, possa essere perforato, portando il museo, fino ad ora ermetico, ad aprirsi sulla strada con caffè, foyer e locali del piano terra (la nuova hall è molto flessibile). I sostegni in ferro della struttura portante vengono puntellati con pilastri in beton, e la nuova altezza di 5 metri del piano terra crea una generosità spaziale di cui fino ad ora il museo era carente. Nell'ambito di queste misure l'edificio esistente viene puntellato con una struttura di sostegno, che costituirà il contemporaneo "soffitto a cassettoni" dell'imponente spazio espositivo sotterraneo, la cui costruzione è prevista nella seconda fase dei lavori. Questa sala si estende oltre i confini della superficie del museo – da un lato per coprire, con 1350 m², il massimo spazio possibile, dall'altro per sfruttare le fondamenta degli stabili vicini e, dove questo non è possibile, per facilitare la costruzione di diaframmi all'esterno dell'edificio. Il museo poggia dunque su una base che si direbbe fluttuante, sospesa com'è sul quadrilatero formato dalle pareti del nuovo piano sotterraneo.

Così nasce una sala espositiva grandiosa, che può essere suddivisa e utilizzata a seconda delle necessità. E non solo: con la sua griglia a cassettoni ortogonali, la struttura portante permette anche di valorizzare l'edificio esistente: questa base può infatti essere letta come un piedistallo che stabilizza l'edificio storico e lo sostiene. L'edificio del Textilmuseum è dunque il primo pezzo della sua esposizione. E mentre la nuova sala espositiva, grazie alla sua organizzazione sotterranea, presenta le condizioni ideali per esporre tessuti sensibili alla luce, ai piani superiori, che fino ad ora avevano ospitato spazi espositivi, le finestre oscurate possono essere riaperte: in questi locali storici, riportati al loro stato originale, ci sarà in futuro spazio per i laboratori, gli spazi didattici del museo, l'amministrazione e la biblioteca del tessile. Il carattere pubblico dell'edificio diminuirà dunque gradualmente salendo di piano in piano, dato che i punti più frequentati dal pubblico si concentreranno al piano terra e nel seminterrato.

Soluzioni radicali

La decisione di lasciare il Textilmuseum nella sua sede e non solo di ristrutturarlo, ma di ampliarlo e farne un autentico edificio pubblico, comporta necessariamente degli interventi sostanziali, qualunque sia la soluzione scelta. Christian Kerez, con Joseph Schwarz come ingegnere strutturale e Caretta + Weidmann alla direzione dei lavori, è riuscito a sciogliere il nodo gordiano e con la sua soluzione – radicale nel verso senso della parola, perché si è spinta fino alle radici, fino alla terra – ha creato un concetto tanto brillante dal punto di vista intellettuale quanto efficace sul piano spaziale, capace davvero di innalzare l'edificio esistente su un piedistallo.


La versione integrale di questo articolo, scritta in tedesco, è pubblicata su espazium.ch/de. Traduzione a cura della redazione.

Tutte le informazioni sul concorso per il Textilmuseum sono raccolte su competitions.espazium.ch

 

Premiati

  • 1° rango: «Das Schwere ist des Leichten Wurzelgrund»
    Christian Kerez, Caretta + Weidmann Baumanagement, Dr. Joseph Schwartz Consulting
  • 2° rango: «Balance»
    jessenvollenweider architektur, ZPF. Ingenieure, Waldhauser + Hermann, Peter Suter, Roswitha Kötz Architektur + Ausstellung
  • 3° rango: «Stelle»
    BBK Architekten, Prof. Thomas Will, Groenlandbasel, Jäger Ingenieure, Belzner Holmes und Partner Light-Design, SiBeN, Gasser Bauphysik Consult
  • 4° rango: «New White Veil»
    Sou Fujimoto Atelier, Proplaning, Schnetzer Puskas Ingenieure, Emmer Pfenninger Partner, Szenografie Studio Das, A. Aegerter & Dr. O. Bosshardt, Enerconom, Kopitsis Bauphysik, Büro ADB
  • 5° rango: «Blue Velvet Oak»
    Jonas Wirth, Waldhauser + Hermann, Makiol Wiederkehr
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