Adat­ta­re l’edi­li­zia al cli­ma fu­tu­ro

Quali saranno gli effetti del cambiamento climatico sul comfort all’interno degli edifici? Come è possibile attenuarli? Le normative attuali considerano in maniera sufficiente tali avvenimenti o è necessario un cambio di paradigma? Sono queste alcune delle domande alle quali vuole rispondere un progetto di ricerca attualmente in corso sul territorio del Canton Ticino.

Data di pubblicazione
19-08-2020

Un cambiamento già in atto

Quando si parla di cambiamento climatico si ha spesso l’impressione di affrontare un tema che ci toccherà soltanto in un futuro lontano o che riguarda solo altre parti del globo. Il cambiamento, tuttavia, è già in corso e nelle Alpi si sta manifestando in modo più marcato che a livello globale. I dati parlano chiaro: mentre la temperatura media del nostro pianeta è aumentata di circa 0.9 °C dalla fine dell’Ottocento a oggi, in territorio elvetico l’incremento è stato attorno ai 2 °C. Quale conseguenza di questo riscaldamento in Svizzera oggi i periodi di canicola sono diventati più frequenti e più caldi, i periodi freddi sono molto meno presenti in tutte le stagioni, il volume dei ghiacciai alpini si è ridotto complessivamente di circa il 60%, le precipitazioni sono diventate più intense e più frequenti e il periodo vegetativo negli ultimi 60 anni si è allungato di un mese. Un cambiamento già in atto che quindi non può essere negato né tantomeno venir trascurato, dato che i suoi effetti si stanno facendo sempre più concreti anche nella nostra regione con conseguenze importanti in moltissimi settori della nostra società.

Sono molti i fattori naturali che influenzano il clima. Tra i principali troviamo i cambiamenti dell’attività solare e dell’orbita terrestre, così come le variazioni della composizione chimica dell’atmosfera. Il mutamento climatico riconducibile ai fattori naturali, tuttavia, si manifesta su periodi temporali dell’ordine delle centinaia e migliaia di anni. Le variazioni climatiche degli ultimi decenni, invece, sono state molto rapide e la variabilità climatica naturale non basta a giustificare i cambiamenti osservati. Lo dicono le simulazioni dei modelli climatici sviluppati dai numerosi istituti di ricerca nel mondo che si occupano di climatologia, quindi lo dice la scienza: non tenendo conto delle emissioni di gas a effetto serra provocate dall’uomo, non si riesce a riprodurre e a spiegare l’innalzamento delle temperature misurato su scala globale e continentale a partire dalla metà del XX secolo a oggi. Come afferma il quinto rapporto dell’IPCC, il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite, l’influenza umana sul sistema climatico è chiara e continuando a emettere gas a effetto serra il clima del futuro diventerà sempre più caldo. Si tratta di un nesso causale forte che mette in crisi il nostro sistema produttivo ed economico basato essenzialmente sui combustibili fossili, i principali responsabili delle emissioni di gas ad effetto serra.

La risposta del mondo politico

Viste le inconfutabili prove raccolte dalla comunità scientifica nel corso degli ultimi decenni, il mondo politico ha dovuto e dovrà in futuro prendere importanti e concreti provvedimenti per mitigare i cambiamenti in atto.

Il Governo svizzero ha sottoscritto a fine 2015, e poi ratificato nel 2017, l’accordo di Parigi sul clima. Questo strumento giuridicamente vincolante vuole limitare l’aumento massimo della temperatura a 1,5 °C. Con la ratifica dell’accordo la Confederazione ha adottato un obiettivo di riduzione del 50% delle emissioni rispetto al 1990 entro il 2030 e un obiettivo complessivo di riduzione indicativo dal 70 all’85% entro il 2050. A seguito della revisione degli scenari da parte dell’IPCC nel 2018, il Governo Svizzero ha deciso di inasprire l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra: entro il 2050 dovrà essere raggiunta la neutralità carbonica. Ciò vuol dire che in Svizzera non sarà possibile rilasciare nell’atmosfera più gas a effetto serra di quanto siano in grado di assorbire i pozzi di CO2 naturali (ad esempio le foreste) e artificiali (ad esempio sfruttando la tecnologia di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, CCS). Da notare che il nuovo obiettivo dovrebbe essere fissato nelle prossime revisioni della legge sul CO2 e non è incluso nell’attuale revisione totale della legge. Il Consiglio federale prevede di poter ridurre fino al 95% le emissioni di CO2 provenienti dal traffico, dagli edifici e dall’industria grazie alle nuove tecnologie e all’utilizzo di energie rinnovabili.

Il Consiglio federale ha inoltre adottato una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, suddivisa in due parti, il cui obiettivo è quello di attenuare i rischi esistenti e ridurre al minimo i rischi futuri dovuti ai cambiamenti climatici. Risulta infatti essenziale che la strategia perseguita permetta di cogliere le opportunità, riducendo al minimo i rischi e potenziando le capacità di adattamento dei sistemi naturali e socio-economici.1 All’interno della prima parte sono stati formulati gli obiettivi e i principi di adattamento a livello federale così come sono stati identificati i campi d’intervento in nove settori quali ad esempio l’incremento dello stress da caldo in agglomerazioni e città, l’aumento della siccità estiva o il rischio più elevato di piene.

A complemento di tali a analisi e in modo specifico per il territorio del Canton Ticino è stato svolto un importante studio, pubblicato nel 2016,2 volto a evidenziare i rischi e le opportunità dei cambiamenti climatici a sud delle Alpi su diversi settori socio-economici e ambientali. Le analisi hanno evidenziato come, tra i rischi principali, figurino l’impatto delle ondate di calore sulla salute della popolazione e l’aumento del fabbisogno di energia per il raffrescamento degli edifici.

A livello federale è in seguito stato elaborato un piano d’azione3 volto a definire concretamente le misure atte a soddisfare gli obiettivi di adattamento precedentemente adottati. Ciò si è concretizzato, ad esempio, nell’ambito della tematica legata allo stress da caldo in agglomerazioni e città, con l’identificazione di misure legate all’informazione in caso di ondate di caldo, alla riduzione delle isole di calore in città e al contenimento dell’aumento di energia di raffrescamento.

Gli scenari climatici del futuro

Gli scenari climatici CH2018, sviluppati da MeteoSvizzera e dal Politecnico federale di Zurigo e presentati nel 2018, quantificano i cambiamenti climatici attesi fino alla fine del secolo in Svizzera. Poiché l’entità delle future emissioni di origine antropica dipenderà fortemente dalle decisioni politiche internazionali e dal progresso tecnologico, quale base di riferimento per calcolare il possibile sviluppo del clima sono stati utilizzati svariati scenari di emissione di gas a effetto serra, in modo da considerare le incertezze sulle emissioni future. Lo scenario RCP2.6 parte dal presupposto che la comunità internazionale si accordi rapidamente sulla riduzione drastica dei gas a effetto serra e metta in atto interventi di protezione del clima, mentre lo scenario RCP8.5 presuppone che l’aumento delle emissioni continui incondizionatamente anche in futuro. Fra questi due scenari estremi ve ne sono altri che prendono in considerazione una parziale diminuzione delle emissioni. I modelli climatici inizializzati con i diversi scenari di emissione consentono quindi di quantificare le conseguenze climatiche in base alle scelte politiche e allo sviluppo tecnologico del futuro.

Se nel prossimo futuro le emissioni di gas a effetto serra dovessero continuare ad aumentare incondizionatamente (scenario RCP8.5), a sud delle Alpi la temperatura media annuale continuerà ad aumentare e verso la fine del secolo essa sarà fino a oltre 4°C superiore rispetto alla media del trentennio di riferimento 1981-2010. Nel caso venissero messi in atto efficaci interventi di protezione del clima (scenario RCP2.6), invece, dopo la metà del secolo la temperatura media potrebbe stabilizzarsi attorno a un’anomalia positiva di circa 1.5°C (fig. 1). Questi valori numerici sono soggetti a incertezze che dipendono dai modelli climatici utilizzati e dai metodi usati negli stessi per rappresentare i processi fisici coinvolti, tuttavia essi non alterano il carattere dei cambiamenti attesi. L’estate sarà in ogni caso la stagione che presenterà il riscaldamento più marcato, che, nel caso di emissioni incontrastate, potrebbe addirittura superare i 6°C. Nel corso di questo secolo a sud delle Alpi le ondate di caldo diventeranno più intense e più durature e, a causa della particolare conformazione geografica della Pianura Padana, che favorisce il ristagno di umidità e l’assenza di ventilazione, le condizioni canicolari dovute ad alte temperature ed elevati tassi di umidità diventeranno sempre più frequenti. Per capire quali possano essere le conseguenze causate dall’aumento della temperatura annuale media, sono stati sviluppati i cosiddetti indicatori climatici. Tra questi ritroviamo ad esempio le notti tropicali, ossia quelle notti durante le quali la temperatura minima non scende al di sotto dei 20°C, e i giorni tropicali, durante i quali la temperatura massima supera i 30°C. La figura 2 mostra la variazione del numero di notti tropicali secondo lo scenario di emissioni RCP8.5 per Lugano, dove negli ultimi 30 anni si sono verificate mediamente 15 notti tropicali ogni estate: attorno alla metà del secolo il loro numero sarà compreso tra 40 e 60, verso la fine del secolo addirittura tra 60 e 90. Anche in futuro le variazioni di questo parametro dipenderanno in modo marcato dalla quota, così ad esempio a Piotta, a quasi 1000 metri, dove attualmente non si verificano notti tropicali, attorno alla metà del secolo si registreranno fino a 5 notti tropicali all’anno e verso la fine del secolo fino a 17. In futuro anche il numero di giorni tropicali tenderà ad aumentare. Attorno alla metà del secolo a Lugano questi potrebbero verificarsi tra 25 e 45 volte all’anno, a fronte di una frequenza dell’ultimo trentennio di 10 giorni all’anno. A Piotta, dove tra il 1990 e il 2019 sono stati registrati in media 2 giorni tropicali all’anno, a metà secolo il loro numero sarà invece compreso tra 10 e 30.

Sulla base di queste simulazioni si può quindi affermare che, anche tenendo in considerazione gli scenari più ottimistici e attuando le politiche climatiche più drastiche, un cambiamento climatico è ormai inevitabile. Per questa ragione occorre sin da subito adottare strategie di adattamento ai cambiamenti climatici che implichino soluzioni sociali, comportamentali e tecnologiche.

Quali conseguenze all’interno degli edifici?

Tali considerazioni sono valide anche per il settore degli edifici, che causa in Svizzera più di un terzo delle emissioni di gas a effetto serra.

Per continuare a leggere questo articolo, qui è possibile acquistare Archi 4/2020. Qui si può invece leggere l'editoriale con l'indice del numero.

Note

  1. Ufficio federale dell'ambiente UFAM, Adattamento ai cambiamenti climatici in Svizzera, 2012.
  2. Analisi dei rischi e delle opportunità legati ai cambiamenti climatici in Svizzera: Caso di studio del Canton Ticino, 2016.
  3. Ufficio federale dell'ambiente UFAM, Adattamento ai cambiamenti climatici in Svizzera, 2014

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