Re­cen­sio­ne a Ste­fa­no Gui­da­ri­ni, «New ur­ban hou­sing»

Una panoramica sull'abitare condiviso dalle origini a oggi, con qualche puntata sulle più recenti sperimentazioni svizzere.

Data di pubblicazione
04-08-2019

L’introduzione (Non solo housing) guida il lettore attraverso una serie di esempi della storia moderna dell’abitare condiviso suggeriti dalla letteratura e dal cinema, i quali illustrano modelli alternativi in grado di anticipare i tempi superando consuetudini e stili di vita tradizionali (basti pensare all’ironico sguardo di Buster Keaton sulla condivisione maschile di un monolocale gestito da un’ingegnosa automazione domestica nel film The Scarecrow del 1920).

Tuttavia, il dibattito sulle potenzialità della coabitazione si è sviluppato soprattutto nell’ultimo ventennio spostando l’attenzione dagli aspetti specifici della residenza e della sua specializzazione funzionale ai temi dell’abitare urbano, dello spazio pubblico e della partecipazione del cittadino alle dinamiche sociali, interessando trasversalmente differenti ambiti disciplinari: politiche urbane e collaborative, progettazione architettonica e urbana, gestione sociale, tecnologia edilizia ed energetica, strategie di mobilità e programmazione economica-finanziaria ecc., affermandosi progressivamente la pratica dell’accesso all’uso dell’abitazione piuttosto che al possesso come bene economico durevole. Il moltiplicarsi di quartieri chiusi autosufficienti come risposta all’attuale securitarismo ha generato inoltre l’esigenza per l’abitare contemporaneo di ritrovare un nuovo rapporto con la città.

Storicizzando i principî fondativi dell’abitare sociale collettivo (Dallo spazio pubblico all’abitare condiviso), il discorso ripercorre un lungo itinerario di idee che a partire dagli anni Cinquanta mettono in questione le teorie dell’urbanistica moderna sancite dai CIAM, promuovendo – con il Team X in primis – una nuova lettura e interpretazione dei fenomeni urbani: dalla nozione di Cluster City di Alison e Peter Smithson come disegno di una rete urbana di spazi pubblici interstiziali intercollegati, ai playgrounds progettati da Aldo Van Eyck, che introducono nella città di Amsterdam la possibilità di riappropriazione dello spazio pubblico; le riflessioni di Jane Jacobs su una nuova qualità dell’abitare attraverso la varietà urbana – intesa come alternativa alla monofunzionalità dello zoning – e la street-life come risorsa vitale della città, a cui si aggiungono successivamente le proposte di Jan Gehl (su politiche urbane, pedonalizzazione e trasporto sostenibile) e di Robert Venturi (con il registro architettonico di elementi della cultura di massa presenti nel contesto urbano), solo per citare alcune delle tante figure che hanno dato il proprio contributo al delinearsi dei nuovi approcci oggi particolarmente diffusi nella Confederazione elvetica. L’interesse di queste esperienze verso la centralità dell’abitante e l’uso comunitario degli spazi urbani ­preannunciano infatti molti dei temi oggi presenti nel dibattito sull’abitare condiviso.

Il volume presenta sei esempi zurighesi di «utopie realizzate» da cooperative di abitazione che sono riuscite a ribaltare con successo ogni genere di convenzioni (collettive, architettoniche, tipologiche, immobiliari): Kraftwerk1 Hardturm (1998-2001), Kraftwerk1 Heizenholz (2008-2012), Kalkbreite (2007-2014), Mehr als Wohnen – Hunziker Areal (2007-2015), Kraftwerk1 Zwicky Süd (2009-2016) e Kalkbreite Zoolhaus (2015-2020). Un’esaustiva analisi di queste nuove forme abitative condivise (Wohn-Gemeinschaft, Satelliten-Wohnungen, Cluster-Wohnungen, Hallen- Wohnungen, Molekular-Wohnen) evidenzia le inedite possibilità di quello che sembra emergere come un nuovo paradigma progettuale attento alla pluralità dell’offerta funzionale, all’articolazione e alla specificità degli spazi, ai rapporti intergenerazionali e alla sostenibilità. Come sottolinea l’autore: «i linguaggi e le scale di intervento sono diverse, così come le tecniche costruttive e le forme abitative, tuttavia questi insediamenti sono accomunati da un più generale progetto di vita, largamente condiviso da gruppi sempre più numerosi di persone, legate dalla voglia di proporre un modo diverso di stare al mondo, all’insegna dell’inclusione sociale e del rispetto per le generazioni future».

 

Per un approfondimento sulle cooperative di abitazione in Svizzera, si legga Archi 1/2018.

Questo articolo è apparso in Archi 4/2019, che può essere acquistato qui, mentre qui è pubblicato l'editoriale di Mercedes Daguerre con i link a tutti gli articoli del numero dedicati all'abitare nella terza e quarta età.

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