Ca­se in­ter­ge­ne­ra­zio­na­li, un mo­del­lo che ha fu­tu­ro?

«Casa intergenerazionale» è termine che va di moda. Alla base vi è un modello abitativo del futuro, diverso dalla famiglia intesa nella sua concezione tradizionale di comunità forzata.

Data di pubblicazione
22-10-2015
Revision
12-11-2015

«Vendesi casa intergenerazionale a due appartamenti». Questo è un annuncio che si trova con un motore di ricerca immobiliare. Due appartamenti per più generazioni? «Casa intergenerazionale» è termine che va di moda, però un’interpretazione veramente inedita l’hanno data i grandi progetti abitativi nati negli ultimi anni soprattutto in Germania, ma anche a Zurigo. Alla base vi è un modello abitativo del futuro, diverso dalla famiglia intesa nella sua concezione tradizionale di comunità forzata, ossia la formazione di comunità volontarie, che si servono di luoghi di incontro dove si mantiene viva la convivenza di diverse generazioni.

Il ruolo dell’edilizia di interesse collettivo a Zurigo

Zurigo non è una città contraddistinta dalla proprietà immobiliare, la stragrande maggioranza della popolazione abita in affitto. Zurigo cresce e negli ultimi anni la pressione sul mercato immobiliare è radicalmente aumentata. Ci sono pochissimi appartamenti vuoti e trovare appartamenti a prezzi accessibili è una questione di fortuna o di conoscenze. Gli appartamenti comunali o delle cooperative sono particolarmente ambiti. La differenza dei canoni di affitto tra gli appartamenti di interesse collettivo, per i quali vale il principio dell’equo canone, e gli appartamenti di investitori privati arriva, nel caso degli edifici di nuova costruzione, fino al 30%, come emerge da uno studio comunale del 2014.1 Nelle cooperative gli affitti diminuiscono con il tempo, gli appartamenti vengono solitamente mantenuti meglio e dispongono di standard energetici più elevati. I membri beneficiano di un’alta tutela contro la risoluzione dei contratti di affitto, cosa che permette loro di vivere a lungo nello stesso posto.

Dopo anni di fermo, l’attività edilizia delle tradizionali cooperative di Zurigo si è fortemente intensificata dal 2000. Secondo un giudizio diffuso, a non rispondere più alle esigenze attuali sono soprattutto i grandi palazzi a schiera degli anni ’40 con trilocali a buon mercato, che perciò vengono sostituiti da edifici nuovi in cui trovano posto principalmente appartamenti per le famiglie.

Invece, soprattutto nei quartieri che stanno vivendo un boom, come Zurigo ovest o Seefeld, nascono nuovi appartamenti del segmento di lusso. Qui cresce notevolmente la percentuale di appartamenti di proprietà, che negli ultimi anni hanno permesso di ottenere i guadagni più alti. Nel caso degli appartamenti di lusso in affitto va gradualmente delineandosi una saturazione. Gli appartamenti costosi con un’estetica raffinata vengono presentati sul mercato con la premessa di offrire «visibilità»: la casa è life style e status symbol. E il mercato del lavoro di Zurigo fornisce la clientela adatta.

Con il 25%, Zurigo possiede la più alta percentuale di appartamenti di interesse collettivo di tutta la Svizzera. Nel 2011 la popolazione votante ha incaricato la città di aumentare questa quota di un terzo entro il 2050. È «solo» il desiderio di avere appartamenti a prezzi accessibili in città, o c’è di più? Il concetto di vicinato sta vivendo una rinascita in contrapposizione alla commercializzazione degli spazi abitativi? A Zurigo sono soprattutto le cooperative giovani a mettere alla prova nuove utopie urbane e a creare progetti pionieristici – con buoni risultati.

Il complesso residenziale Heizenholz di Kraftwerk1

Il secondo complesso residenziale della cooperativa Kraftwerk1 di Zurigo Höngg è la prima casa intergenerazionale di Zurigo. Ultimata all’inizio del 2012, oggi vi abitano circa 100 persone di età compresa tra 0 e 85 anni. Nel 2008 la cooperativa è riuscita ad acquistare a un buon prezzo due ex colonie per bambini della fondazione Zürcher Kinder- und Jugendheime ZKJ e a rilevare il terreno per 60 anni in diritto di superficie. Ha risanato le due case plurifamiliari risalenti agli anni ‘70 e le ha arricchite con un edificio nuovo. Responsabile della pianificazione era lo studio Adrian Streich Architekten di Zurigo che, con il progetto Terrasse Commune, si è aggiudicato il lavoro. Il nome del progetto era la carta vincente.

Il contributo dell‘architettura

«L’architettura deve favorire la comunicazione e l’incontro tra gli abitanti». Questo è un requisito che non manca in nessun concorso che ha a che fare con edilizia di interesse collettivo. Per quanto riguarda il primo complesso residenziale della cooperativa Kraftwerk1, Hardturm, una critica sollevata dagli abitanti era la mancanza di aree di incontro. Due Rue Interieures al piano terra e al 6° piano rispondono a questa esigenza solo in parte, sulle scale ridotte al minimo si incontrano solo raramente i vicini. Per Heizenholz questo requisito è stato attuato in maniera radicale. Gli architetti ritenevano che il senso di comunità potesse nascere solo se i due edifici già esistenti fossero uniti in un tutt‘uno, per questo hanno creato un edificio nuovo di collegamento tra i due già presenti. La Terrasse Commune è il cuore del progetto. Un terrazzo antistante che collega tutti i piani e pressoché tutti gli appartamenti. «Appartiene» a tutti gli abitanti, è spazioso e, in quanto via di apertura secondaria, non è una via di emergenza, per cui è ammobiliabile e utilizzabile. Inizialmente la cooperativa nutriva qualche dubbio, perché il terrazzo permette di vedere all’interno degli appartamenti, cosa insolita per la Svizzera. Tuttavia, anche a tre anni di distanza, si mostra il valore di questa idea. Il terrazzo è spesso preferito all’ascensore ed è particolarmente apprezzato come luogo di incontri spontanei. La gran parte degli appartamenti continua a permettere di vedere all’interno, ma la zona notte è organizzata sul retro.

Gli architetti non volevano creare forzature né obblighi: l’edificio si apre verso la strada, per diventare sempre più riservato sul retro, verso il bosco. La possibilità di ritirarsi è presente in tutti gli appartamenti. Il passaggio graduale da terrazzo pubblico a spazi abitativi semipubblici e alle unità abitative private è evidente soprattutto nelle comunità abitative «cluster».

Il contributo degli utenti

Fin dai primi incontri informativi, i partecipanti hanno espresso il desiderio di realizzare uno spazio abitativo per tutte le generazioni e per culture diverse. Alcuni «ex sessantottini» nella fase successiva alla formazione della famiglia erano alla ricerca di forme abitative fondate sull’autodecisionalità, che dessero spazio alla vita in comunità. Le famiglie hanno espresso il desiderio di avere forme abitative diverse da quella della famiglia nucleare. Coppie o persone single erano alla ricerca di grandi spazi in coabitazione. Vivere in modo sostenibile, interagire con i vicini, mettersi alla prova con l’autogestione: queste erano le sfide che cercavano gli interessati. In un processo partecipativo durato quattro anni, dalle varie esigenze e richieste è scaturita un’effettiva varietà di appartamenti e, insieme a essa, il complesso Heizenholz con l’impegno e l’entusiasmo di tutti i suoi abitanti.

Grazie alla rete nata nel 1995 con la fondazione di Kraftwerk1, il gruppo degli interessati è cresciuto rapidamente fino a contare 30-40 persone. Il gruppo, insieme ai responsabili del progetto della cooperativa, ha portato avanti l’idea di una casa intergenerazionale. I valori e i principi di Kraftwerk1, fissati in statuti e regolamenti, ne costituivano la base. La cooperativa ha messo in piedi un’organizzazione professionale del progetto fondata su un approccio partecipativo. Ha chiesto l’intervento di una commissione edilizia in cui fossero presenti due rappresentanti degli interessati. Il gruppo era aperto a tutti e trattava una serie di temi strettamente legati al processo di pianificazione.

All’inizio si discuteva del programma del progetto, della varietà degli appartamenti e delle forme abitative, della percentuale e delle dimensioni delle aree comuni; poi si è cominciato a parlare di mobilità, dell’allestimento dello spazio esterno e dell’organizzazione della vita all’interno del complesso. Gli incontri bimestrali servivano, però, anche per allargare gli orizzonti e far confluire nuove idee. Si sono osservati progetti simili realizzati in Svizzera o all’estero per prenderne spunto e valutarne i pregi e i difetti. Erano coinvolti anche gli architetti e i paesaggisti, che a intervalli regolari presentavano i progressi nella pianificazione. Una scommessa anche per gli specialisti, che hanno dovuto adeguare il linguaggio specifico del settore per favorire la comprensione da parte di tutti, e che si sono direttamente confrontati con elogi e critiche.

Con la cooperativa è possibile

La combinazione di professionalità e autodecisionalità ha contribuito in maniera decisiva alla buona riuscita del processo. L’approccio cooperativo ha permesso a coloro che erano coinvolti di confrontarsi con il progetto nella sua interezza, ha favorito principi democratici e solidali e ha avuto un effetto rinsaldante all’interno del gruppo.

Gli specialisti incaricati e la commissione edilizia hanno deciso colori e materiali, oltre agli aspetti tecnici. Anche l’organizzazione e lo standard di sviluppo degli appartamenti erano consapevolmente al di fuori dei temi riservati all‘autogestione, perché in fondo non si trattava di realizzare sogni personali. L’amministrazione ha cominciato ad affittare solo qualche mese prima dell‘ingresso negli appartamenti. La cooperativa ha definito il quadro economico e ha assunto specialisti in grado di comunicare in modo corretto all’interno e all’esterno, ovvero con pianificatori, finanziatori, uffici pubblici e altri soggetti, e di rappresentare le esigenze della cooperativa. In questo modo si è riusciti a garantire che gli affitti rimanessero accessibili, che l’area in condivisione fosse compatibile con il budget e che si facesse tesoro delle esperienze fatte con il primo complesso.

Da Kraftwerk1 i principi di solidarietà, come il fondo solidale, sono fissati in uno statuto. Agli abitanti rimane comunque abbastanza libertà per sviluppare le proprie strutture, e quindi la propria identità, in modo autonomo. L’uso, l’allestimento e il funzionamento delle aree comuni, la cura dei giardini e della Terrasse Commune, la mobilità, il mantenimento e la gestione del complesso, ma anche feste, eventi culturali, pranzi o gruppi di cucina sono organizzati in proprio. L’interazione delle generazioni all’interno dei gruppi di lavoro e delle iniziative conserva le competenze della quotidianità, oltre alle conoscenze frutto dall’esperienza, favorisce l’integrazione e rafforza lo spirito di gruppo tra le persone. Di grande aiuto per l’attuazione delle idee è il «contributo solidale», una somma compresa tra 15 e 50 franchi al mese da stabilire in base al reddito autodichiarato. La metà va in un fondo della cooperativa per agevolare gli affitti, mentre l’altra metà è a disposizione degli inquilini del complesso per realizzare le varie iniziative.

Una grande varietà di appartamenti con forme abitative sperimentali

Un requisito essenziale per una convivenza eterogenea è la presenza di una grande varietà di appartamenti. A Heizenholz esistono 26 appartamenti, dal monolocale all’appartamento in coabitazione da 320 metri quadrati. Kraftwerk1 si è affermata fin dal primo complesso grazie alla costruzione di ampi appartamenti in condivisione, che intendeva sviluppare. Questi appartamenti – «Suite» – sono concepiti come coabitazioni classiche: ognuno ha la propria stanza e ci si divide il bagno, la cucina e il soggiorno. Ci vivono soprattutto persone single al di sotto dei 50 anni. Per quanto riguarda il complesso Heizenholz, invece, si voleva che tutti potessero viverci, anche persone anziane, single con bambini o famiglie allargate. Gli anziani, ad esempio, hanno bisogno di un appartamento adeguato alle loro esigenze, più spazio di quello che offre una stanza di 14 mq, e inoltre hanno difficoltà a condividere il bagno con qualcuno. Insieme agli interessati, la cooperativa ha sviluppato gli «appartamenti cluster» dando vita a una vera e propria tendenza. Da allora sono nati innumerevoli appartamenti di questo tipo in Svizzera e all’estero.

Sebbene la forma abitativa si chiami dappertutto con lo stesso nome, esistono moltissime interpretazioni del concetto. Dall’appartamento spazioso a più piani alla serie di monolocali uno accanto all’altro, sempre con la cucina in comune. Kraftwerk1 continua a costruire appartamenti cluster tenendo presente il senso di comunità. «Cluster» sono stanze individuali con un piccolo bagno e un angolo cottura per una o due persone. Tra di esse si trovano le aree in condivisione dotate di un’ampia cucina, sala da pranzo, soggiorno, bagno comune e studio. L’appartamento viene affittato a un’associazione. Dagli otto ai dieci soci organizzano la convivenza, l’arredamento, la ripartizione dell’affitto e delle parti del capitale. Inoltre, la comunità cerca da sé nuovi membri. In questo modo il contratto di affitto rimane sempre lo stesso anche in caso di cambiamenti. Non di rado si applicano modelli solidali a livello interno, con un conseguente minore carico economico per la vita nella cooperativa

Heizenholz gli appartamenti cluster vengono tuttavia utilizzati principalmente da lavoratori di età compresa tra 35 e 60 anni. Il motivo può essere l’affitto più alto in confronto alla classica stanza in un’unità in coabitazione, ma risiede anche nel fatto che per questa generazione le esperienze di coabitazione sono più tangibili. Kraftwerk1 è comunque convinta che questo tipo di forma abitativa sia adeguata anche per le persone anziane e per l’organizzazione di servizi di assistenza e cura.

L’Hunzikerareal – una nuova fetta di quartiere per tutte le generazioni

La cooperativa «mehr als wohnen» ha fatto la stessa esperienza con gli appartamenti satelliti nell’Hunzikerareal. Gli architetti della Duplex Architekten e della Futurafrosch di Zurigo hanno ideato nuove piante idealtipiche. I «cluster», chiamati in questo progetto «satelliti», sono chiaramente riconoscibili come unità finite nella pianta, circondate dall’ampia area comune. Anche qui lo scopo era di soddisfare esigenze diverse con unità di varie dimensioni singole o pensate per due. Anche in questo progetto l’età delle persone che abitano negli appartamenti satellite si ferma a 60 anni. I gruppi hanno bisogno di tempo per formarsi e organizzarsi. Nonostante il sostegno di Kraftwerk1, il processo di locazione si è rivelato complicato. Da un lato, mancava l’esperienza, dall’altro, la locazione dell’intero edificio nell’arco di un anno ha portato l’amministrazione al limite. Con il primo progetto, «mehr als wohnen» non ha realizzato un complesso residenziale, bensì un intero quartiere con tredici edifici e 370 unità abitative che offrono spazio per circa 1400 persone.

Le bozze per il concetto urbanistico e i singoli palazzi sono state eseguite dagli studi di architettura Futurafrosch, Duplex Architekten, Müller Sigrist Architekten AG, Architekturbüro Miroslav Šik nonché pool Architekten. Anche in questo caso l’obiettivo era di creare spazio abitativo per una popolazione eterogenea, e ci si è orientati alla varietà sociale che si trova nel Canton Zurigo; tuttavia, le persone con più di 50 anni sono (ancora) decisamente poche. Ma le basi ci sono. Le idee di fondo richiamano i principi di Kraftwerk1: grande varietà di appartamenti, nuove forme abitative, aree da usare in condivisione. Allo stesso tempo si è investito molto nell’infrastruttura del quartiere: al piano terra si ospitano esercizi commerciali, strutture di assistenza per i bambini e spazi comuni. Anche qui si lascia libertà agli inquilini, il cui coinvolgimento è anzi addirittura ben accetto.

Gli inquilini sono entrati a mano a mano negli appartamenti tra l‘ottobre 2014 e l‘estate 2015, stanno nascendo le prime iniziative nonché progetti culturali e sociali, in cui è evidente la convivenza di diverse generazioni. L’ampio know-how delle cooperative giovani e di quelle tradizionali è confluito nel progetto: le cooperative di Zurigo hanno fondato «mehr als wohnen», e con essa hanno consolidato una piattaforma di apprendimento per nuovi progetti.

Case intergenerazionali – un paradiso abitativo per gli anziani?

Quando si parla di case intergenerazionali, molti pensano automaticamente alle generazioni più anziane. Abitare in modo autonomo per tutta la vita viene prima di tutto. I fatti dimostrano come gli anziani in buone condizioni di salute siano in grado di dare un notevole contributo grazie al tanto tempo a disposizione e al loro bagaglio di esperienze. È però fondamentale che tutti i gruppi facciano la loro parte e che traggano vantaggio dalle varie attività. E che la varietà venga vissuta e l’aiuto reciproco non significhi soltanto il solito curare i bambini o fare la spesa. Non è l’obbligo a prestarsi volontariamente, bensì sono il coraggio di aprirsi, la tolleranza e un’interazione vivace e stimolante a formare il terreno fertile.

Un punto a sfavore dei progetti descritti è la mancanza di offerte di assistenza in età avanzata o di appartamenti assistiti; infatti, qui si ferma l’aiuto dei vicini. Un motivo, in parte, è l’impossibilità di trovare gestori da parte della cooperativa; un altro è che i progetti sono troppo piccoli.

Quando l‘assistenza Spitex non basta più, il passaggio al ricovero è inevitabile. Servono nuove forme di assistenza flessibili. Una collaborazione con le strutture già presenti nel quartiere sarebbe un primo passo per migliorare la situazione. Inoltre, si potrebbero sviluppare nuovi modelli: ad Amburgo, per esempio, su iniziativa dei parenti sono nate delle coabitazioni per persone affette da demenza. Molti comuni sono oppressi dai costi sempre crescenti per la sistemazione e l’assistenza degli abitanti più anziani. Se mancano dei piccoli appartamenti adatti alle esigenze degli anziani, il passaggio al ricovero avverrà prima del necessario oppure gli appartamenti grandi verrano utilizzati in maniera insufficiente da coppie o single. In questo senso, i progetti intergenerazionali sono un chiaro vantaggio.

Moda o contributo a uno sviluppo urbanistico sostenibile?

La valorizzazione di immobili a scopo di rendita e la sempre maggiore istituzionalizzazione dell’edilizia abitativa per determinati gruppi della popolazione sono il risultato di un isolamento in continua crescita. La fondazione «Stiftung für Alterswohnungen» della città di Zurigo rimane fedele a se stessa costruendo appartamenti piccoli per gli over 60; le famiglie con almeno tre figli trovano un adeguato spazio abitativo nella fondazione «Stiftung für kinderreiche Familien», tanto per citare un paio di esempi.

L’approccio integrativo dell’edilizia intergenerazionale coinvolge tutti, anche le persone che a causa di un handicap, dell’età, dell’origine o di scarsi mezzi economici hanno bisogno di assistenza o sostegno. Qui la collaborazione con le rispettive istituzioni è feconda e rappresenta una situazione win-win per entrambe le parti. Gli inquilini sono anche membri delle cooperative, hanno uguali diritti e doveri e si sottraggono alla stigmatizzazione. Naturalmente anche il ceto medio colto, con uno stile di vita sensibile all’ecologia, è il pubblico a cui si rivolgono le giovani cooperative. In ogni caso i principi di solidarietà funzionano solo se si coinvolgono tutti i ceti sociali.

La cessione di terreno a cooperative per diritto di superficie suscita critiche sempre più accese negli ambienti liberali. La terra deve essere venduta al miglior offerente. Tuttavia, a lungo termine è molto più ragionevole che i Comuni possano ricorrere a riserve di terra per reagire adeguatamente ai cambiamenti demografici e beneficiare del canone annuale del diritto di superficie.

I progetti intergenerazionali delle cooperative offrono ai comuni dei valori aggiunti che gli investitori privati non danno. Così troviamo offerte nell’ambito dell’assistenza dei bambini o dei negozi di prima necessità che servono anche il quartiere circostante. Spazi esterni pubblici sono la regola. Se si fa un confronto, si vedrà che in sé gli inquilini occupano poca superficie abitativa e che usano gli ambienti supplementari in condivisione. Le cooperative aiutano a mantenere le persone autosufficienti e, in genere, non sono sovvenzionate. Nel caso della terra comunale in diritto di superficie, una parte degli appartamenti viene sovvenzionata, cosa che va incontro esclusivamente agli inquilini. Anche i fondi di solidarietà delle cooperative danno un sollievo finanziario ai Comuni, si assumono una parte dei sovvenzionamenti per gli inquilini con meno possibilità economiche. L’utilità sociale di progetti simili è difficile da esprimere con i numeri, ma è davvero evidente.

Dell’inserimento in una rete sociale e dell’assunzione di compiti e responsabilità non beneficiano soltanto i diretti interessati, bensì anche i quartieri o i comuni. Le forme abitative si diversificheranno e le offerte abitative cresceranno. Il significato dell’aiuto reciproco e del buon vicinato ricoprirà un ruolo sempre più importante e darà un contributo fondamentale allo sviluppo sostenibile delle città e dei Comuni. Perché funzioni, sono necessari l’impegno delle persone coinvolte e progetti che vadano oltre la pura funzionalità abitativa. Grazie alle strutture democratiche e all’occhio di riguardo per l’interesse collettivo, le cooperative sono predestinate per l’attuazione di questi progetti. E anche grazie al know-how che hanno accumulato negli ultimi anni e che mettono a disposizione. Fattori decisivi per la riuscita dei progetti sono anche il legame con il contesto in cui ci si inserisce, gli investimenti nell’infrastruttura del quartiere, il coraggio di creare spazi liberi e di sperimentare.

Le case intergenerazionali possono dare un contributo fondamentale. «Cercasi persone di qualsiasi età per una città aperta e intergenerazionale», ecco ciò che forse si leggerà in futuro negli annunci.

 

Traduzione di Melissa Maggioni

 

Note

  1. Analisi sui complessi residenziali 2009-2012, Dipartimento presidenziale della città di Zurigo, 1/2014

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