Un pon­te con­tro il tem­po

Con la sua inaugurazione, avvenuta il 3 agosto 2020, il Ponte San Giorgio a Genova ha donato nuovamente respiro alla città e al suo porto, affetti dalla mancanza di un'arteria principale dopo il crollo del Ponte Morandi, avvenuto nell’agosto 2018. Ne parliamo con l’ingegnere Francesco Poma, Project Director del Gruppo Webuild,1 che ha realizzato il nuovo ponte di Genova.

Data di pubblicazione
10-10-2020

Valeria Gozzi – Aver partecipato alla costruzione di un'opera così importante, e sotto una costante pressione mediatica, vi ha senza dubbio influenzati nel processo progettuale ed esecutivo. Come è stato vissuto dai tecnici e dagli addetti ai lavori, generalmente poco abituati alla visibilità, lo svolgimento delle attività in questo contesto?
Francesco Poma – Indubbiamente per tutti noi è stato sfidante lavorare in una situazione di grande complessità, per i tempi richiesti e per la pressione di partecipare a un progetto che nasceva da un evento molto grave. E proprio per questo abbiamo deciso di dare un segnale forte alla comunità e lavorare in completa trasparenza anche con il grande pubblico. Il cantiere, grazie alla posizione, le webcam, le continue interviste sullo stato di avanzamento dei lavori, è sempre stato totalmente accessibile al mondo esterno. Tutto quello che concerne le lavorazioni, gli appalti, la gestione degli imprevisti è stato costantemente sotto gli occhi di tutti. Visibilità, del resto, vuol dire dare ritorno di informazioni, risposte ai quesiti, raccontare scelte complesse a chi non è del settore.
La grande collaborazione con le istituzioni, gli enti preposti e le aziende private si è rivelata un grande supporto.
Guardando il risultato finale è evidente come l’eccellenza italiana di tante imprese sia emersa anche in un settore dove, alle volte, la competenza di questo paese viene sottovalutata.

Sul crollo del Ponte Morandi e il suo mancato restauro, una riflessione di Sergio Bettini da «Archi» 3/2020

La progettazione statica, intesa come forma strutturale, è stata definita in fase di progetto architettonico dall’architetto Renzo Piano. Il suo obiettivo era di realizzare, in un'area antropizzata e complessa dal punto di vista infrastrutturale qual è la Val Polcevera, un ponte urbano che rendesse l’idea di una nave ormeggiata in una valle. Come hanno fatto i progettisti a rendere realistico e costruibile questo concetto?
Già in fase preliminare l’architetto Piano ha ben spiegato la sua volontà di realizzare una struttura «semplice e parsimoniosa ma non banale», che fosse veloce da costruire in quanto urgentemente necessaria alla città e al paese. La scelta di realizzare una struttura iperstatica2 mista acciaio-calcestruzzo (acciaio per il cassone dell’impalcato e calcestruzzo gettato in opera per la soletta d’impalcato e per le pile) è stata dunque dettata dal connubio tra le esigenze architettoniche ed esecutive.
Grazie alla possibilità di utilizzare la prefabbricazione per gran parte delle strutture metalliche si è riusciti a contenere i tempi e le conseguenti operazioni in cantiere.
Potrei dire che uno degli elementi chiave che hanno garantito questo risultato sia stato lo studio di appositi dispositivi di appoggio dell’impalcato sulle pile. Si tratta di elementi “delicati”, costituiti da cuscinetti d'acciaio sferici a superfici concave in grado di scivolare su uno speciale materiale termoplastico a bassissimo coefficiente di attrito (friction pendulum), aventi la funzione di assorbire le dilatazioni e le forze orizzontali dell’impalcato riducendo sensibilmente le sollecitazioni taglianti e flessionali sulle pile. Questi apparecchi, progettati e costruiti ad hoc per il Ponte San Giorgio, oltre a garantire il comportamento dell’impalcato come trave continua iperstatica, di lunghezza totale di oltre 1 km, hanno permesso la realizzazione di pilastri molto snelli, come desiderato dall’architetto.

«Grazie alla possibilità di utilizzare la prefabbricazione per gran parte delle strutture metalliche si è riusciti a contenere i tempi e le conseguenti operazioni in cantiere»

In fase esecutiva, tutti parlano del modello Genova, o fast track. Potrebbe spiegarci meglio questo concetto?
La pianificazione delle lavorazioni secondo il fast track è un procedimento esecutivo orientato al controllo delle attività e del tempo. Si tratta di un approccio gestionale del cantiere in parallelo. Esso richiede una forte responsabilizzazione e competenza organizzativa di tutte le professionalità coinvolte, unita ad una approfondita analisi dei rischi del progetto, che necessariamente devono essere assunti. L’obiettivo, comune e condiviso, è quello di individuare la miglior programmazione temporale e tecnica possibile (best option).
Sebbene questo concetto sia specifico della fase esecutiva, in questo caso è stato esteso a tutte le fasi del progetto. Si pensi infatti che la costruzione è iniziata in parallelo alla demolizione del vecchio ponte, contestualmente allo smantellamento di aree e, ovviamente, alla progettazione.
Noi, come consorzio costruttore PERGENOVA,3 siamo partiti con le operazioni solamente da un disegno dell’architetto, sviluppato e ingegnerizzato congiuntamente al nostro progettista Italferr, contestualmente all’avvio delle prime fasi esecutive. Dal punto di vista costruttivo il fast track si è tradotto nell’avviamento e nella conduzione, in contemporanea, di molteplici operazioni, creando una sorta di catena di montaggio a cielo aperto.
C’è stato un momento in cui si poteva osservare, proseguendo lungo il tracciato del ponte, la realizzazione dei pali di fondazione, affiancati ad alcune pile in esecuzione, seguite da elementi terminati sui quali erano già installati gli apparecchi di appoggio, campate in cui era già stato varato l’impalcato e campate a terra in corso di assemblaggio pre-varo. Questa procedura ha di fatto ridotto le tempistiche esecutive di oltre la metà.

E quindi la risk analysis ha assunto un ruolo centrale?
La risk analysis ha sempre un ruolo centrale nei progetti. In questo caso la gestione di imprevisti, sebbene per lo più pianificati in fase progettuale, è stata affrontata, secondo il criterio della best option, valutando caso per caso le soluzioni tecnicamente ottimali e che minimizzassero gli impatti sul cronoprogramma. Alcuni dei quali sono stati pianificati e assunti come base di progetto, mentre altri, non analizzabili e pianificabili a priori, come gli eventi alluvionali di ottobre e novembre 2019 e il Covid, hanno richiesto un’immediata ripianificazione progettuale ed esecutiva con il comune denominatore della miglior soluzione temporale (best option).

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Per quanto riguarda il piano di monitoraggio e controllo, quali accorgimenti sono stati presi?
Siccome la manutenzione e l’ispezionabilità sono stati gli aspetti più deboli del vecchio progetto dell’ingegner Morandi, abbiamo voluto da subito che questi fossero, per noi, un punto di eccellenza. L’approccio globale può essere riassunto in tre componenti:

  • istallazione di sensori: si tratta di 240 sensori disposti in tutte le componenti strategiche e strutturali del ponte;
  • ispezionabilità visiva diretta: l’impalcato è stato dotato di una serie di passerelle interne che consentono di vedere direttamente qualsiasi punto o giunto interno;
  • utilizzo di robot: l’utilizzo di apparecchi tecnologici in grado di scannerizzare le parti difficilmente accessibili e visibili direttamente ed analizzare i dati per un confronto tra i diversi rilievi.

La tecnologia ha svolto un grande ruolo, senza dimenticare l’importanza fondamentale del controllo e dell'interpretazione dei dati, che solo un essere umano è in grado di dare.

 

Note

  1. Webuilt: gruppo storico italiano che, da 114 anni, opera nel settore delle costruzioni e dell'ingegneria. Nel corso della sua storia ha realizzato in tutto il mondo centinaia di ponti e viadotti, per un totale di 946 km di lunghezza complessiva.
  2. Iperstatica: una struttura che presenti un numero di vincoli superiori ai gradi di libertà. Il vantaggio risiede nello sfruttamento ottimale del materiale e nella riduzione dei giunti.
  3. PERGENOVA: società consortile per azioni costituita da Fincantieri Infrastructure e Webuild per la progettazione e la costruzione del viadotto Polcevera dell’autostrada A10.
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