Le sfi­de di un si­ste­ma di mo­bi­li­tà all’al­tez­za del XXI se­co­lo

Il 4 settembre 2020 è stata inaugurata la Galleria di base del Ceneri. Quale peso avrà nelle rotte nazionali e transnazionali? Saprà sfruttare appieno il suo potenziale? Cosa va fatto, in sintesi, perché si configuri come un sistema di mobilità all’altezza del XXI secolo? Le riflessioni dell'economista Remigio Ratti.

Data di pubblicazione
05-11-2020

L’inaugurazione della Galleria di base del Ceneri (4 settembre 2020) è stata giustamente un’occasione di festa e di riconoscimento per i risultati raggiunti e per le prospettive a breve e medio termine che già si possono cogliere. Oggi vediamo i frutti di un progetto politico e tecnico – con 23 miliardi di franchi investiti nelle tre gallerie di base del San Gottardo (2016, 57 km), Lötschberg (2007, 34 km) e Ceneri (2020, 15 km) – grazie a una progettualità pensata da oltre tre decenni e messa a fuoco e realizzata negli ultimi 25 anni. Ma, quali sono le ulteriori sfide per un sistema di mobilità all’altezza del XXI secolo?

La Realpolitik federale (e cantonale) – per non entrare in quella dei paesi vicini – sembrerebbe ancora piuttosto ancorata al proseguimento «in modalità di abbrivio funzionale». Questo, malgrado la portata sistemica di una ferrovia alpina che, con le gallerie di base, vuol diventare ferrovia di pianura.

«Fatto il cuore, mancano le arterie» («NZZ», 1.6.2016), a livello svizzero ma anche a nord e a sud del Paese. Integrate a livello europeo nelle reti TEN-T (Trans-European Networks-Transport) e promosse con specifiche direttive atte a superare vecchie strutture operative e politiche nazionalistiche, esse sono realizzate a grande fatica e con resistenze crescenti.

Pensando invece alla politica che dovrebbe anche essere l’arte di rendere possibile domani quello che appare impossibile oggi, si aprono interessanti capitoli.

Al di là di AlpTransit: due tesi a confronto per il completamento degli accessi

AlpTransit, pur con le sue tre gallerie di base di complessivi 106 chilometri, è solo una parte delle nuove linee ferroviarie del transito attraverso le Alpi. Optando per questa strategia e lo specifico pacchetto di finanziamento la Svizzera ha lasciato aperta la strada, sia pur con accordi d’accompagnamento, alle soluzioni più diverse.1

Qui cominciano i problemi. Da una parte, a livello europeo si è messo l’accento sui corridoi ferroviari – per noi quello tra Rotterdam/Anversa e Genova, oggi conosciuto come «Corridoio Reno-Alpi» – destinati a innervare e dare forza a un sistema di grandi assi di comunicazione europei; dall’altra parte, gli Stati e i loro enti, con le loro condizionanti politiche nazionali, tendono a una messa in pratica più pragmatica o orientata a soddisfare più obiettivi nel medesimo tempo. È il caso attualmente proprio per la tratta transfrontaliera tra Lugano e Milano, dove il traffico a lunga percorrenza deve convivere con un forte traffico metropolitano. In altri termini i corridoi delle trasversali ferroviarie alpine, prima o poi, sono destinati a integrarsi nelle reti dei sistemi ferroviari, nazionali, metropolitani e regionali, a sud e a nord dell’arco alpino, con il rischio di trovarsi in un’area grigia, per la molteplicità dei punti di vista e degli interessi.

Fanno fortunatamente eccezione gli investimenti che hanno affiancato la realizzazione di AlpTransit a livello regionale ticinese e transfrontaliero. Grazie al baffo di collegamento diretto con Locarno (voluto e pagato dal Cantone), la Galleria di base del Ceneri è diventata il fulcro della cosiddetta «Città Ticino», con tempi di percorrenza dimezzati tra Lugano e Locarno (28 minuti) e Bellinzona (14 minuti). Nel 2018, con l’inaugurazione della bretella Stabio-Arcisate, si è dato corpo alla rete della città policentrica transfrontaliera Como/Chiasso-Mendrisio-Varese, una realtà urbana di oltre un milione e mezzo di abitanti. Si nota allora quanto sia anacronistico il collo di bottiglia esistente tra Mendrisio e Lugano, nonché tutto il segmento ottocentesco della Lugano-Milano, dove per percorrere una settantina di chilometri occorre ancor oggi almeno un’ora e un quarto.

Come integrare la strategia europea TEN-T con le necessità dei sistemi di mobilità macroregionali e metropolitani?

Le regole del gioco a scala europea e il mercato sembrano non bastare, in quanto a uno scenario ottimista si possono contrapporre comportamenti non cooperativi, basati su opportunismi di parte, pubblici e privati, di un pragmatismo di breve-medio termine.

Un primo scenario, ottimista, è quello di affidarsi e allinearsi sugli obiettivi e le regole dell’Europa comunitaria; sulle direttive e norme della CEMT (Conferenza Europea dei Ministri dei Trasporti, nella quale è presente la Svizzera) nonché, in ultima analisi, alla regolazione dei mercati. In particolare, il raggiungimento degli obiettivi di un razionale trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia e la risposta all’onda verde, sono legati alla condivisione della politica europea di «upgrading», dall’obiettivo settoriale dei trasporti a quello territoriale-ambientale.2

Il secondo scenario è più pessimista poiché gli impulsi delle gallerie di base sarebbero soprattutto colti, opportunisticamente, come un regalo per gli attuali attori, senza essere accompagnati da reali e coordinati sforzi per un nuovo regime dei trasporti transalpini. Vi è pure una Svizzera che non vuole andare oltre quanto realizzato con AlpTransit, per soddisfare le rivendicazioni interne degli agglomerati urbani e delle comunicazioni tra i suoi spazi macroregionali al nord delle Alpi.

Nuove opportunità da cogliere nel traffico viaggiatori

Tra le opportunità da cogliere vi sono le potenzialità dei collegamenti viaggiatori inter-metropolitani transalpini. In un discorso condotto finora essenzialmente in funzione dei transiti delle merci, quello dei viaggiatori appare quasi un sottoprodotto, di cui indubbiamente beneficiano le relazioni interne tra la Svizzera d’oltralpe e il Ticino, oggi rappresentanti oltre i due terzi del traffico. Ambedue le aziende ferroviarie, svizzere e italiane – nonché i modelli di mobilità sottostanti – sembrano sottovalutare le potenzialità di nuove relazioni.3

Per il momento prevalgono tuttavia le incertezze. In particolare, dopo che si è voluto chiudere la fase della rete europea intercity attraverso le Alpi costituita dalla Cisalpino SA, siamo ancora alle politiche e agli interessi aziendali nazionali. Le Ferrovie Federali Svizzere, ora che il traffico tra agglomerati urbani e macroregionali presenta discreti indicatori di redditività, temono l’inserimento della concorrenza e non vogliono subire quanto sperimentato nel mercato progressivamente liberalizzato del traffico merci transalpino. La situazione è però destinata a evolvere nel quadro d’attuazione delle direttive europee e, soprattutto, se dovessero apparire, offerte da parte di vettori privati.

Gli accessi ad AlpTransit: per ora solo obiettivi di recupero e d’adeguamento a medio termine

In che misura la rete ferroviaria esistente a nord e a sud delle Alpi sarà in grado di rispondere alle necessità e alle potenzialità della mobilità collettiva transalpina, inter-metropolitana e regionale aperte da queste opere del secolo?

Qui entra in causa la forza di quella parte meridionale del corridoio che va da Lugano a Milano e Genova. La risposta è parzialmente positiva solo a medio termine (2025), nella misura in cui andranno in porto i progetti d’adeguamento operativo dei segmenti ferroviari più sollecitati, mentre d’altra parte occorrerà l’attivo coinvolgimento dei principali investitori e operatori della logistica dell’Italia nord-occidentale.4

Ricordiamo da parte Svizzera l’investimento supplementare in corso di attuazione di 980 milioni di franchi votati dal Parlamento federale per permettere dal 2020 il transito di treni intermodali e carrozze a doppio piano con una sagoma fino ai 4 metri d’angolo in altezza. Questo comporta il risanamento di diverse decine di ponti e di vecchie gallerie a nord e a sud del San Gottardo. Il credito include anche i 280 milioni di franchi concordati con le autorità italiane quali sostegno svizzero per la linea a binario unico via Luino, la Chiasso-Milano e il Sempione.

D’altra parte, la rete ferroviaria italiana (Rfi) concretizzerà nei prossimi cinque anni sulla Chiasso-Milano – ricuperando un ritardo più che decennale – la strategia di potenziamento tecnologico per migliorare i flussi dei convogli ferroviari, dalle caratteristiche molto diverse, per cui il susseguirsi dei treni avverrà con tempi quasi dimezzati rispetto ai 7-8 minuti attuali. Sostanzialmente tuttavia AlpTransit si ferma a Lugano e la linea Lugano-Chiasso-Como-Monza-Milano resta quella che è.

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Note

  1. R. Ratti, L’asse ferroviario del San Gottardo. Economia e geopolitica dei transiti alpini, Armando Dadò Editore, Locarno 2016.
  2. Essa implicherebbe: 1. la piena copertura dei costi per ogni mezzo di trasporto; 2. investimenti mirati, ma di portata sistemica; 3. misure accompagnatrici per favorire gli investimenti nell’interoperabilità e nell’intermodalità.
  3. Riteniamo che la parte dei viaggiatori in transito internazionale e soprattutto quella tra Zurigo/Basilea e Milano possa risalire grazie ad AlpTransit a livelli precedenti l’apertura della galleria stradale del San Gottardo (1980), con un aumento dei passeggeri del 125% già all’orizzonte 2025-2030.
  4. Anche la Confederazione sta investendo, dopo i crediti per Busto Arsizio dei decenni scorsi, ulteriori 140 milioni di franchi nelle infrastrutture intermodali (Milano-Smistamento/Segrate; Piacenza e Brescia), non per spirito d’espansione ma per cogliere le necessità di un mercato (vedi la recente partecipazione di Hupac all’interporto di Novara) che può esistere solo nel quadro del superamento delle frontiere.

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