L'impegno della SIA nella revisione della legge sul CO2
Quest’anno il popolo svizzero sarà chiamato a pronunciarsi in merito alla revisione della legge sul CO2. L’occasione è dunque propizia per riflettere sulle conseguenze che il risultato della votazione implicherà per il settore della costruzione, ma anche per illustrare in che modo la SIA è stata coinvolta nella procedura di consultazione.
Dopo quasi tre anni di deliberazioni, nell’autunno 2020 si è finalmente svolta in seno al Parlamento la votazione finale sulla revisione totale della legge sul CO2. La legge definisce gli obiettivi e gli strumenti della politica climatica svizzera per il periodo che va dal 2022 (data prevista per l’entrata in vigore del nuovo testo) al 2030. In ragione dei ritardi accusati nella revisione totale, nell’inverno 2019 il Parlamento aveva approvato una disposizione transitoria da applicare a partire dal 2021, sulla base dell’iniziativa parlamentare di Burkart (17.405).
Contro la revisione legislativa è stato lanciato un primo referendum da parte di un comitato composto da rappresentanti dell’industria automobilistica, dei trasporti e dell’edilizia, con il sostegno dell’UDC. Un secondo referendum è ora auspicato anche dai movimenti attivisti romandi del movimento «Sciopero per il clima». Benché, inutile dirlo, le motivazioni che muovono l’uno e l’altro gruppo siano diametralmente opposte, le reazioni suscitate sollevano un dibattito sulle novità che la nuova legge contempla e sul modo in cui il testo legislativo potrebbe condizionare il lavoro dei professionisti attivi nel settore della costruzione.
A tu per tu con Jörg Dietrich, responsabile Clima/Energia presso l‘Ufficio amministrativo SIA, abbiamo passato in rassegna le principali modifiche che la revisione comporta e chiarito in che modo la SIA è stata coinvolta nel processo di consultazione.
Tracés – Quali sono i punti essenziali di questo nuovo testo di legge?
Jörg Dietrich – Con la nuova legge sul CO2, la Svizzera mette in atto l’Accordo di Parigi sul clima e si impegna a ridurre, entro il 2030, le proprie emissioni di gas serra del 50% rispetto al 1990. La nuova legge fissa al 75% la quota di riduzione delle emissioni da attuare sul territorio nazionale. A partire dal 2023 gli edifici esistenti, e con impianti di riscaldamento ormai vetusti e da sostituire, non dovranno emettere oltre 20 kg di CO2 l’anno per metro quadrato di superficie di riferimento energetico, tale valore limite sarà inasprito ulteriormente ogni cinque anni. Pertanto, a partire dal 2023, i nuovi edifici dovrebbero tutti essere a zero emissioni. Al proposito va osservato che, nei Cantoni che hanno già messo in atto una revisione della propria legge cantonale sull’energia, si applica una disposizione transitoria. Inoltre, il tasso di incentivo sui combustibili fossili può essere portato a un massimo di 210 franchi per tonnellata di CO2, al fine di rispettare il principio di causalità («chi inquina paga») e di promuovere alternative rispettose del clima.
In che modo la SIA è stata coinvolta nella procedura di consultazione della nuova legge sul CO2?
Nel 2018, quando ha preso il via la procedura di consultazione del progetto di revisione, le Commissioni dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia (CAPTE) del Consiglio nazionale hanno invitato la SIA a prendere posizione. La Società, valutando insufficiente, nell’ottica della concretizzazione dell’Accordo di Parigi, la prevista riduzione pari al 30% delle emissioni di gas serra, ha proposto un obiettivo più ambizioso, impegnandosi nel promuovere entro il 2030 una riduzione del 60% rispetto al 1990, e ciò con la prospettiva di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C.
Quali traguardi sono stati raggiunti?
Non dobbiamo dimenticare che, oltre alla SIA, hanno partecipato alla revisione della legge anche diversi altri attori. La decisione di inasprire, dal 30 al 37,5% rispetto al 1990, la riduzione delle emissioni sul territorio nazionale è naturalmente in linea con quanto auspicato dalla SIA, anche se, va detto, puntavamo a una riduzione ancora più marcata. Una legge, tuttavia, deve garantire il giusto equilibrio per riscuotere il consenso della maggioranza dei parlamentari e dei cittadini.
E se la legge non venisse approvata? Che cosa succederebbe?
La precedente legge copre soltanto il periodo dal 2013 al 2020. Se la rivista legge sul CO2 non venisse accolta, non sarebbe fissato nessun nuovo obiettivo da raggiungere entro il 2030 per quanto concerne la riduzione delle emissioni di gas serra. Dovrebbe essere stilata un’altra legge, il che comporterebbe un’ingente perdita di tempo, che qui è davvero prezioso.
Qualsiasi legge è frutto di un processo di conciliazione, dunque di compromessi. Lei ha forse qualche ripensamento riguardo all’attuale testo legislativo?
Dobbiamo dire le cose come stanno: con le misure previste da questa legge la Svizzera non sarà in grado di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C entro il 2050. La SIA avrebbe certo auspicato un approccio più radicale, tanto più che altri paesi, come la Finlandia e la Svezia, prevedono di raggiungere questo obiettivo rispettivamente nel 2035 e nel 2045. Ciononostante, tenuto conto dell’attuale situazione politica, ma anche della necessità di intervenire con urgenza, un aspetto che la collettività sembra non aver ancora colto pienamente, riteniamo che la legge così rivista costituisca comunque un accettabile compromesso.
Informazioni
Nel documento di posizione «Protezione del clima, adeguamento ai cambiamenti climatici ed energia» (disponibile online) la SIA ha messo nero su bianco sei principi chiave. La posizione SIA è in linea con l’obiettivo del Consiglio federale di ridurre a zero il saldo netto delle emissioni per una «Svizzera clima-neutrale entro il 2050» e tiene conto degli obiettivi di efficienza energetica, della Strategia energetica 2050 della Confederazione come pure della strategia di adattamento ai cambiamenti climatici formulata dal Consiglio federale. La SIA è membro del Comitato Economia svizzera per la legge sul CO2