Il mo­del­lo nell’odier­na koi­nè ar­chi­tet­to­ni­ca

Radici culturali e sperimentazioni in Svizzera

Questo numero di «Archi» è interamente dedicato al ruolo rivestito dal modello architettonico nella cultura progettuale contemporanea, con particolare riferimento al contesto svizzero. Tale scelta è motivata dalla volontà di studiare e affermare in termini aggiornati l’importanza di questo strumento che, nelle sue diverse applicazioni, costituisce un dispositivo progettuale imprescindibile nel tortuoso iter che va dal concepimento alla materializzazione di un’opera d’architettura.

Data di pubblicazione
17-12-2020
Alberto Bologna
Architetto PhD, ricercatore DiAP – Sapienza Università di Roma

La semantica del modello è complessa e sfaccettata: occorre dunque scindere la maquette (oggetto fisico in scala) dal mock-up (simulazione di una porzione di edificio in scala 1:1) o il modello parametrico strutturale (che verifica il comportamento statico) dalle restituzioni tridimensionali finalizzate alla creazione di rendering o di spazi immateriali percepibili solo attraverso visori VR. Gli autori dei saggi e dei progetti illustrati hanno fatto uso di questa vasta terminologia, che fa parte ormai della koinè architettonica, in tutta la loro ricorrente analogia, a seconda delle loro culture architettoniche di riferimento e della lingua utilizzata per la stesura originaria dei testi.

Ascolta il co-curatore Gabriele Neri che presenta «Archi» 6/2020 ai microfoni di Rete Due

Si noteranno alcune scelte editoriali volte a rinforzare questa prospettiva. Se, di consueto, le riviste di architettura tendono a presentare i progetti facendo principalmente ricorso a disegni e fotografie, abbiamo qui programmaticamente deciso di usare quasi esclusivamente immagini di modelli (e in misura minore rendering), talvolta evitando del tutto vedute dell’edificio costruito: questo, per mettere in evidenza l’ampiezza dello strumento progettuale qui trattato. Inoltre, il filtro geografico e nazionale ha aiutato a focalizzare meglio le riflessioni e i temi in questione, rivelandosi un campo d’indagine particolarmente fertile.

Come racconta il primo saggio, proprio in Svizzera è possibile rintracciare una cultura del modello che ha radici complesse e antiche, di certo debitrice dei paesi limitrofi ma anche specifica per condizioni geografiche, economiche, materiali e culturali, che i migliori progettisti svizzeri del XX e XXI secolo hanno saputo interpretare. Il secondo riflette invece su come, nella corrente pratica progettuale – non solo svizzera –, la ricerca spaziale e formale finalizzata all’ottenimento di ambienti fisici caratterizzati da qualità architettoniche che implicano un pieno coinvolgimento sensoriale trovi ancor oggi nella maquette lo strumento d’indagine più efficace.

L’accento posto dai curatori sulla fisicità e sulla tangibilità del modello non è da leggersi come rifugio nostalgico in un passato predigitale. Anzi, come dimostrano i contributi di Kevin M. Rahner e di Michael Drobnik, tra la dimensione fisica e quella virtuale, amplificata dall’impiego del Building Information Modelling, sembra esistere un dialogo che procede con debiti e legami reciproci.

Tutte queste tipologie di modello vengono utilizzate, a seconda delle singole circostanze professionali, per la risoluzione di quelle complessità con cui tanto l’architetto quanto l’ingegnere si devono quotidianamente confrontare, anche a seconda della scala del progetto e delle specifiche problematicità che esso pone, siano esse di natura compositiva, formale o di risoluzione strutturale. Lo dimostrano l’eterogenea serie di maquette e mock-up utilizzati da Christian Kerez per progettare il padiglione del Bahrain, da Buchner Bründler nello studio della casa in Missionsstrasse a Basilea, nella definizione spaziale dell’edificio per l’Università di Losanna di Karamuk Kuo, nel processo che ha portato Stefano Moor al progetto di due case su di un terreno in forte pendenza, sino al mock-up costruito da Meili & Peter per la ristrutturazione di un edificio industriale a Zurigo, che conduce a un allargamento del concetto di modello, includendo anche la scala al vero e che porta dunque a ragionare sul rapporto tra esperimento e realtà.

Casi studio che dimostrano come il modello si riveli ancora oggi uno dei mezzi privilegiati per una riflessione concettuale interna alla disciplina progettuale, dispositivo di conoscenza e condivisione del patrimonio e dell’identità di una città o una nazione, esito di incontri tra tradizioni locali e nuovi punti di vista, sofisticato congegno di sperimentazione scientifica, strumento didattico insostituibile, oltre che, ormai, pure feticcio da collezione.

«Archi» 6/2020 può essere acquistato qui, mentre qui si può leggere l'editoriale con l'indice del numero.

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