Due cal­cestruz­zi a con­fron­to

Casa Morisoli Nydegger a Monte Carasso

A trent'anni di distanza dalla costruzione, da parte di Luigi Snozzi, di Casa Morisoli, Sabina Snozzi e Gustavo Groisman le accostano una nuova abitazione, colmando un vuoto e instaurando un dialogo tra edifici e calcestruzzi.

Publikationsdatum
22-07-2020

«L’architettura è vuoto, tocca a te definirlo!»1

1988: Luigi Snozzi realizza a Monte Carasso Casa Morisoli, uno dei primi esempi di messa in atto delle nuove norme di piano regolatore stabilite da lui stesso in collaborazione con Adelio Scolari. Si tratta di «norme direttive che tendono alla massima densificazione tenendo conto della tipologia e morfologia dei singoli isolati».2

La particolarità di questa casa consisteva nel fatto che, riprendendo le caratteristiche tipologiche delle adiacenze, si addossava all’abitazione situata a nord del sedime e ne riproponeva l’impostazione. Era quindi formata anch’essa da un edificio principale abitativo e una costruzione accessoria a filo strada, nella quale Snozzi non collocava il garage ma un monolocale per il nonno, con annesso un giardino indipendente definito dal muro di cinta, sempre a filo strada.

Durante l’elaborazione del progetto era diventato subito evidente che, in base al lungimirante principio di densificazione del tessuto costruito sancito dal nuovo piano regolatore (oggi parleremmo di «sviluppo centripeto di qualità»), il terreno a disposizione era «troppo grande» per realizzarvi soltanto un’abitazione. Per questo motivo sono state progettate sin dall’inizio due case, cercando di coinvolgere il fratello del proprietario così da realizzare subito entrambe, evitando una Baulücke. L’operazione non è riuscita e per i seguenti trent’anni a lato di Casa Morisoli è rimasto un vuoto.

2018: la figlia dei signori Morisoli e il suo compagno ci incaricano di progettare una nuova casa unifamiliare, casa che dopo lunga attesa doveva cercare di «definire il vuoto».

Dopo aver confrontato le richieste dei nostri committenti con quanto proposto originariamente da Snozzi – ovvero una casa quasi gemella rispetto a quella edificata (vedi planimetria generale) – abbiamo deciso di agire in modo diverso. Per noi era evidente che si doveva ricercare la continuità rispetto a quanto già costruito, ma l’accostamento fra una casa in beton edificata trent’anni fa e una casa nuova, sempre dello stesso materiale, andava calibrato. Quando diciamo «sempre dello stesso materiale» è perché per noi, che aspiravamo a realizzare un edificio affine a quello esistente, la casa nuova non poteva che essere realizzata in calcestruzzo faccia a vista.

Superato agevolmente lo scoglio della materializzazione, quello che per noi rimaneva fondamentale era riuscire a creare la necessaria continuità tra gli edifici tramite l’articolazione del progetto. Abbiamo cercato di raggiungere questo obiettivo proponendo un fronte unico che si sviluppa lungo la facciata principale della casa esistente e che continua con gli elementi secondari della nuova costruzione: i muri e i parapetti delle terrazze, il muro della cantina e infine un’ampia vasca per contenere del verde lungo la quale si sviluppa la scala d’ingresso. Rispetto a questo fronte unico, che compie la ricucitura del tessuto urbano auspicata nel progetto originario di Snozzi, la casa vera e propria si gira di novanta gradi e si solleva da terra liberando il piazzale d’ingresso, nel quale si situano i posteggi.

Uno dei motivi che ci ha indotti a imboccare questa strada è stata la valutazione di come si sarebbe potuto accostare un beton che porta i segni di una «stagionatura» di trent’anni a uno nuovo. La risposta è stata quella di limitare i punti di contatto. Dove l’accostamento – minimo – avviene (fondamentalmente tra i due parapetti della terrazza al primo piano), per sottolineare la continuità abbiamo ripreso il disegno dei casseri della casa esistente.

Con questa impostazione, fra le due case si crea un insieme fatto di «continuità ma aderenza minima».

Forse quello che ci ha aiutati a tentare questa strada è il rispetto verso il lavoro di Luigi Snozzi, rispetto che ci ha portati a riflettere su come, a distanza di trent’anni, si potesse definire il vuoto, istaurando un dialogo fra due edifici e fra due calcestruzzi.

 

Note

  1. M. Rimmel, Bibliothek W. Oechslin (a cura di), Luigi Snozzi – 25 Aphorismen zur Architektur, Schwabe Verlag, Basel 2015.
  2. P. Disch, Luigi Snozzi – Costruzioni e progetti 1958-1993, ADV Publishing House, Lugano 1994.

Luogo: Carà de Pedmùnt 1B, Monte Carasso
Committenza: Valentina Morisoli e Luca Nydegger
Architettura: Studio d’architettura Snozzi Groisman & Groisman, Locarno
Impresa: Antonio Loisi & Co SA, Monte Carasso
Ingegneria civile: AF Toscano SA, Rivera
Progetto impianti RVCS: Erisel SA, Bellinzona
Progetto impianti elettrici: Erisel SA, Bellinzona
Fisica della costruzione: Erisel SA, Bellinzona
Fotografia: Marcelo Villada Ortiz, Bellinzona
Date: progetto 2017-2018, realizzazione 2018-2019
Pianificazione energetica: Erisel SA, Bellinzona
Certificazione o Standard energetico: RUEn 2018
Intervento e tipo edificio: Costruzione nuova
Riscaldamento: Pompa di calore aria-acqua / Serpentine
Acqua calda: Pompa di calore aria-acqua / Serpentine

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