Na­tu­ra spez­za­ta

XXII Esposizione Internazionale della Triennale di Milano

In principio, uno shock: la XXII Triennale di Milano si apre sotto il monito di una possibile fine dell’umanità, un’apocalisse causata dal sovrasfruttamento delle risorse naturali del nostro pianeta. Ma poi, ecco farsi largo uno spiraglio di speranza: l’inquietante visione lascia spazio a possibili soluzioni e mostra vie per fare meglio in futuro.

Publikationsdatum
24-04-2019

Diversamente da tutte le altre esposizioni finora ospitate alla Triennale di Milano, l’edizione 2019 non mette in primo piano progetti sofisticati di design – più o meno utili – ma punta i riflettori sull’uomo e la natura. Paola Antonelli, curatrice del Dipartimento di Architettura e Design del MoMA di New York, si è occupata dei contenuti della mostra, intitolata «Broken Naturedesign takes on human survival» ('Natura spezzata: il design garantisce la sopravvivenza umana'). L’idea poggia su un progetto del 2013 che, a suo tempo, era stato rifiutato dal MoMA – un rifiuto che, a detta d’Antonelli, si è dimostrato una buona cosa, poiché nel frattempo sono maturati i tempi affinché l’idea potesse fare presa. 

Natura e cultura insieme 

L’architetto Stefano Boeri, nominato Presidente della Triennale di Milano nel 2018, ha commentato che il fatto di riflettere su come l’umanità, preso atto della spaventosa accelerazione con cui il riscaldamento globale si sta manifestando, ne viva oggi le prime ripercussioni catastrofiche, non significa soltanto fare finalmente del proprio meglio per ridurre il devastante impatto dell’uomo sul nostro pianeta, bensì anche abbandonare una visione semplicistica e «ripensare la natura non come una sfera vitale opposta e diversa da quella che la specie umana ha progressivamente colonizzato e compromesso, ma come parte integrante della nostra vita e del futuro dell’umanità».

Uno sguardo sui fenomeni naturali

Ormai da lungo tempo l’umanità ha spezzato, quasi alla radice, il suo legame con la natura, con invenzioni che vanno dalla ruota al governo dell’energia fino all’invasione di quegli ausili elettronici che, in nome della tecnologia informatica, altro non fanno se non fagocitare sempre di più il nostro tempo. Tutto oggi funziona con il supporto della tecnologia e, ora che abbiamo conquistato tali comodità, non è certo facile rinunciarvi. 

Eppure, la XXII Triennale di Milano non parla di rinunce, bensì di nuovi sguardi. Sono in tutto 22 i progettisti provenienti dal mondo intero che hanno partecipato all’evento, facendovi confluire le proprie idee. Un’installazione gigantesca che riempie una sala intera porta il titolo «The Great Animal Orchestra» ('La grande orchestra del regno animale'). Realizzata da Bernie Krause, musicista americano e studioso di bioacustica, in collaborazione con lo studio inglese United Visual Artists e su iniziativa della Fondation Cartier pour l’Art Contemporain (Parigi), l’installazione multimediale è una sequenza video che non mostra però vere e proprie immagini, bensì bande luminose e suoni provenienti dalla foresta pluviale e dagli oceani: suoni che arrivano dal mondo intero e che Krause ha raccolto, registrato e documentato nel corso di 45 anni di ricerche. Oggi metà degli habitat naturali visitati dallo studioso non esiste più.

Proprio accanto si trova l’esposizione speciale intitolata «The Nation of Plants» ('La nazione delle piante'), a cura del botanico italiano Stefano Mancuso. L’installazione mostra con che abilità le piante siano in grado di difendersi e con quali astute soluzioni il regno vegetale riesca ad accrescere le possibilità di sostentarsi. Le piante dispongono forse di una sorta di intelligenza? Di certo sono insediate da molto più tempo del genere umano sulla Terra, e anche oggi ne continuano a occupare una superficie ampiamente maggiore; per non parlare della loro superiorità numerica rispetto all’uomo. Si adattano meglio di noi e molto probabilmente sono anche destinate a sopravviverci – questo è il chiaro messaggio dell’installazione.

Nuovi paradigmi, nuovi comportamenti 

Indirettamente, l’esposizione «Broken Nature» illustra anche i peccati perpetrati dall’umanità nei confronti della natura, mettendo in risalto le irreparabili perdite che il nostro pianeta ha subito. Muove un’accusa contro un agire ottuso e sconsiderato, senza però interrogarsi sulle ragioni e le motivazioni che l’hanno indotto. Da tale denuncia emerge un vago anelito di speranza che lascia presagire un futuro in cui la tecnologia e l’esperienza potranno forse servire sempre di più e tassativamente anche a sviluppare nuovi concetti, sistemi e procedimenti rispettosi dell’ambiente. Ciò è però immaginabile solo a costo di buttare a mare vecchi schemi e convinzioni, di ripensare in modo nuovo e completamente diverso oggetti e processi, mettendo in discussione le proprie abitudini. Ma come riuscirci? La XXII Triennale non fornisce risposte definitive sul da farsi.

Ci si sarebbe ad esempio aspettati di vedere esposti prodotti realizzati con fibre vegetali e lignee, con materie prime rinnovabili e in grado di neutralizzare il CO2, cosa che avrebbe al contempo permesso di spezzare una lancia a favore di un'economia forestale sostenibile anziché di uno sfruttamento smodato delle nostre risorse. Non vengono tematizzate nemmeno le varie possibilità offerte da un riciclaggio coerente in uno dei principali settori economici, l’edilizia, come dimostra ad esempio il progetto scolastico dell'«Avasara Academy», in India. Insomma, evidentemente in questa cornice si è preferito sorvolare su possibili soluzioni concrete ed efficaci. 
 

Broken Nature
Fino al 1° settembre 2019 a la Triennale di Milano
Orari: mar-dom 10.30-20.30 
Viale Alemagna 6, Milano
Linea metropolitana 1 e 2, scendere alla stazione di Cadorna
Maggiori informazioni qui.

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