Una sta­gio­ne di gran­di con­cor­si

Il concorso di progetto: osservazioni sull’attuale scenario in Ticino

Sulla rivista Wettbewerb n° 3, luglio 2013 (Wettbewerbsröstigraben: Verfahrenskarte 2012), appare la mappa dei concorsi svolti nel 2012 in Svizzera e registrati dalla SIA, con indicazione delle relative procedure, quella aperta e quella selettiva: anche in questo ambito si delinea il noto «Röstigraben» fra Svizzera tedesca e romanda.

Data di pubblicazione
15-08-2013
Revision
19-10-2015

Il Ticino è con 2 procedure aperte e con 4 selettive, mentre nella Svizzera tedesca domina la procedura selettiva con il 77%, contro la svizzera romanda che ha i rapporti esattamente opposti, con il 75% di procedure aperte. A livello svizzero s’impone la procedura selettiva con il 63%. Premesso che purtroppo in Ticino vi sono stati nel 2012 più di 6 concorsi non sottoposti alla SIA, si tratta di una tendenza in crescita che merita qualche considerazione.

I motivi principali della tendenza verso la procedura selettiva sono l’elevato numero di partecipanti e il numero sempre più elevato di atti richiesti. In senso positivo si opta per una scelta iniziale di progettisti preparati, secondo criteri di qualità valutata sulla base di progetti simili già eseguiti; in senso, invece, egoistico si vuole forse difendere i progettisti locali; oppure, al contrario, si mira a coinvolgere architetti di fama non locali. Se l’obiettivo è comunque di perseguire una scelta di qualità, tuttavia la procedura può portare ad una scelta mirata da parte della giuria, fino alla scelta estrema di eliminare l’anonimato con il mandato di studio.

Il concorso di progetto nasce dallo spirito liberale di messa in concorrenza attraverso il confronto ed il giudizio di una giuria. Dalla massima apertura di questo spirito possono emergere dei risultati inattesi, che addirittura possono superare le aspettative. Attualmente viviamo una fase di grande pragmatismo piuttosto che di sperimentazione, effetto collaterale di un mondo dominato dall’economia e dalla ricerca del reddito – e della tensione per acquisire lavoro. Da parte del banditore, l’esigenza di controllare i costi e di ottenere la sostenibilità hanno portato a richiedere un crescente numero di atti: calcoli, preventivi, dettagli, formazione di team e progettazione a più fasi. Tuttavia ci chiediamo: fino a che punto gli innumerevoli atti richiesti sono determinanti per la scelta, come valutare i vari aspetti? Quali aspetti devono avere un limite «killer», quali invece no? La capacità di stabilire delle priorità e di capire il valore di un progetto complesso comporta una grande esperienza in materia, che difficilmente può essere sostituita da tabelline. 

Da un punto di vista pragmatico, con la limitazione a un ragionevole numero, da 10 a 15 partecipanti, e con l’ammissione di 1/3 che dimostri qualità progettuale senza soddisfare rigidamente i requisiti di ammissione, vi sono delle buone ragioni per le procedure di preselezione, quali:

una quantità di lavoro gestibile per il controllo tecnico e per il compito della giuria; la garanzia che tutti i partecipanti sono dei professionisti collaudati e capaci di realizzare un progetto;  la possibilità di riconoscere un minimo di indennizzo a tutti i partecipanti; forse una maggiore motivazione tra i partecipanti, determinata dalla forte concorrenza;   la possibilità di chiamare anche architetti di fama internazionale.

Fatto sta che molti architetti di fama partecipano quasi esclusivamente a concorsi su invito o a preselezione, e questo fatto vale spesso anche per i membri delle giurie.

Credo di poter affermare che a livello svizzero la qualità dei progetti di concorso è comunque di alto livello, che siano l’esito di procedura aperta o di preselezione, sia in svizzera tedesca che in svizzera romanda.

In Ticino, invece, le procedure selettive spesso vengono applicate come espressione di difficoltà gestionali e di carenza di responsabilità da parte del banditore, in modo estraneo rispetto alle buone ragioni del concorso di progetto. Assistiamo a preselezioni con 4 studi invitati, alla sbagliata applicazione del mandato di studio, come comunemente applicato dalle ffs, oppure all’invenzione di fantasiose procedure in due fasi con terza fase di workshop, personali interpretazioni di chi ha difficoltà ad assumersi le responsabilità di una procedura. Si tratta di una inammissibile perversione rispetto ai principi fondamentali, per non dire di sadico sfruttamento di una categoria, disposta a esporre il proprio lavoro rischiando a proprie spese. L’amministrazione fatica a gestire procedure complesse, e  inventa procedure che consentono di non dover decidere.

La questione della limitazione del numero di partecipanti tramite preselezione rivela un altro, sottile problema che riguarda le giuria: la difficoltà di valutare e scegliere, la difficoltà di entrare in merito di una proposta altrui, mantenendo l’anonimato: non è facile giudicare piani astratti entrando nel merito di una moltitudine di argomenti, nemmeno per professionisti. La giuria vive un sentimento di insicurezza. Parlo di un fatto culturale: dove c’è condivisione di una posizione tra giuria e proposte progettuali, la scelta è facile – e viceversa.

L’architettura in Ticino attraversa un momento di insicurezza e di moltiplicazione delle posizioni, alla ricerca di una propria strada «dopo i maestri», e di fronte ad un mondo che cambia. I maestri mancano nei progetti e mancano anche nelle giurie. Mentre si insegna una progettazione attenta ai contesti territoriali e urbanistici e impegnata da punto di vista costruttivo e strutturale, dilaga invece l’architettura dell’immagine, e i temi della costruzione vengono demandati agli specialisti. 

Cosa dire sui concorsi in Ticino dopo la débâcle del concorso Campus usi-supsi a Lugano? In sostanza si può sintetizzare l’accaduto nel fatto che la giuria si è fatta prendere dalle proprie proiezioni, più che da quanto si poteva leggere dai disegni. Una giuria elabora la propria convinzione durante l’esame delle proposte, ma deve stare attenta a non proiettare i suoi desideri, piuttosto che prendere il progetto per quello che rappresenta sulla carta su cui è stampato. Ogni cosa può essere vista per quello che è o per quello che forse potrebbe essere. Un progetto di concorso va preso per quello che è.

Oltre a un bel progetto, in fondo il committente vuole finire in buone mani, affidabili, che siano in grado di portare a termine una progettazione complessa. È chiaro che quando una preselezione limita l’accesso a chi ha già dimostrato di essere in grado di risolvere con successo un simile compito, è per una giuria una confortevole premessa. 

Credo che, nonostante il panorama si sia allargato e le difficoltà e i rischi siano aumentati, il concorso di progetto sia più attuale che mai: il progetto è uno strumento unico, capace di sintetizzare i tanti aspetti che devono essere affrontati, con le richieste minime necessarie, e con procedura aperta per i temi pubblici. Più che mai è necessario il confronto, il dibattito e l’assunzione di responsabilità: resistenza, contro un mondo che vuole demandare la responsabilità alle imprese generali. In conclusione, è necessario appellarsi agli architetti, ai migliori: va bene fare bei progetti, ma se vogliamo che siano realizzati, occorre impegnarsi anche negli altri ruoli, impegnandosi nell’organizzazione, nel coordinamento e nelle giurie.

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