«Quan­do si par­la di pe­ri­fe­ria, il ve­ro te­ma è lo spa­zio pub­bli­co»

Intervista a Matteo Agnoletto

G124 è il gruppo di lavoro creato da Renzo Piano dopo la nomina a senatore a vita; al suo centro: la città che sarà. In questa “bottega”, giovani architetti avviano progetti di rammendo delle aree urbane più marginalizzate e al contempo vitali: le periferie.

Matteo Agnoletto è capogruppo di uno dei tre progetti del G124 2020: la riqualifica del Parco XXII Aprile di Modena. Un'esperienza di urbanistica partecipata che non s'è fatta arrestare dal lockdown.

Data di pubblicazione
18-06-2020

La periferia è il campo d’azione del G124. In che condizioni versano oggi queste zone in Italia?
Le nostre periferie, costituite principalmente da edifici nati tra gli anni ’50 e ’80, senza le dovute manutenzioni stanno subendo un lento degrado e non rispondono più alle esigenze di risparmio energetico, mentre nelle aree urbane pubbliche mancano i dispositivi primari di utilizzo dello spazio, come marciapiedi e sedute. Durante un incontro di lavoro del G124, Renzo Piano ha fatto notare questo aspetto ai ragazzi più giovani: «Le periferie hanno tanta bellezza da donare. Esse non sono brutte, sono solo state trattate nel modo sbagliato in questi decenni». Come ci insegnano molti centri urbani di dimensioni medie e grandi, le periferie nate in quel periodo versano in condizioni di degrado e stanno per essere progressivamente distrutte lasciando spazio a nuove lottizzazioni.

Cos'è il G124? La parola a Renzo Piano

A fronte di questo atteggiamento, forse un progetto dal basso può servire a rivalutare queste aree, integrandole in un linguaggio nuovo che fonda l’architettura di un passato recente con quella contemporanea. In questo può sicuramente aiutare la comunità residente, che in questi luoghi ha vissuto per anni, portando testimonianza delle trasformazioni avvenute, e in molti casi, come quello di Parco XXII Aprile, continuando a vivere il parco come un luogo di valore e attivandosi per rendere il parco migliore. Spesso le nostre periferie nascondono inoltre dei veri tesori di storia, che l’urbanizzazione incontrollata del dopoguerra ha cancellato, ma che un occhio attento potrebbe riconoscere e valorizzare riqualificandone il contesto. Allo stesso tempo, nel caso della periferia emiliana, la posizione di limite tra il territorio naturale e artificiale potrebbe essere un contesto adatto alla nascita di mobilità lente che si colleghino al territorio, rendendo così la periferia non più un confine urbano, ma una connessione tra la città e la campagna, tema che mi sta molto a cuore e sul quale lavoro da anni con il mio gruppo di ricerca. Si potrebbe quindi dire che il vero tema della periferia sia lo spazio pubblico ed il lavoro con la comunità con cui poter approfondire la storia dei luoghi e le potenzialità di connessione con il territorio, senza dover modificare profondamente il tessuto esistente.

«Durante un incontro del G124, Renzo Piano ha fatto notare questo aspetto: "Le periferie hanno tanta bellezza da donare. Non sono brutte, sono solo state trattate nel modo sbagliato in questi decenni"».

Il G124 del senatore Renzo Piano arriva a Modena proprio in questo tormentato 2020: quali sono gli elementi principali del progetto? Come affronta il discorso sul mutamento urbano e il tema delle periferie?
Come in altre città della pianura emiliana, la periferia modenese si configura come un anello legato tanto al centro città quanto alla campagna che lo circonda. Considerata la morfologia delle città, i residenti si muovono generalmente in macchina spostandosi da un paese all’altro, agendo inconsapevolmente sulla regressione dello spazio pubblico e sulla conformazione della città, che tende a definire quartieri dormitorio e quartieri industriali, oltre a non curare lo spazio urbano.
L’arrivo del G124 a Modena ha come obiettivo la riqualificazione di un luogo della città troppo spesso stigmatizzato, conosciuto per mezzo di una falsa narrazione assai negativa. Parco XXII Aprile è situato appena fuori il centro storico di Modena, separato dalla grande cesura urbana della linea ferroviaria. Da anni il parco viene visto come sede di spaccio e microcriminalità, allontanando la maggior parte dei cittadini che preferiscono spostarsi verso altri parchi urbani. Da qui nasce il nostro lavoro di ricucitura delle periferie, un grande lavoro sociale da svolgere sul quartiere che progressivamente potrà mutare le proprie relazioni con la città. Le nostre azioni non vogliono che essere un primo passo verso questo obiettivo; il nostro lavoro ha infatti lo scopo di perpetuare i suoi effetti anche nei prossimi anni portando a risultati continui, forse anche completamente diversi da quelli che ad oggi possiamo immaginare, e realizzati magari direttamente dai fruitori del parco stesso. Il nostro lavoro includerà una revisione generale degli elementi del parco e la redazione di un masterplan, da lasciare alla comunità e all’amministrazione.

«In questi mesi, le restrizioni agli spostamenti hanno spinto molti cittadini a muoversi a piedi. Stiamo assistendo a una riscoperta dello spazio pubblico e della vita all’aria aperta»

In questi mesi abbiamo attivato un rapporto virtuoso con le associazioni presenti nell’area e con i cittadini, che sono stati felici di darci consigli e formulare critiche rispetto al nostro operato. Dal confronto con loro sono nate alcune idee progettuali: costruire un convivio e un riparo. Il convivio, che speriamo possa essere realizzato per primo e utilizzato nei mesi estivi, vuole essere un invito alla condivisione in un parco simbolo di divisione: sarà costituito da un tavolo di 15 metri di lunghezza, con panche utilizzabili dalle associazioni per fare attività e dai cittadini per ritrovarsi nei giorni di festa. Il riparo nasce invece da un bisogno primario delle associazioni di avere uno spazio per l’organizzazione di eventi ed incontri al riparo dal sole o dal maltempo.
Affiancheranno il nostro lavoro altre due grandi personalità. In collaborazione con il neuro-biologo Stefano Mancuso abbiamo l’obiettivo di piantare 100 alberi e di osservare la sperimentazione sulla capacità di assorbimento della CO2 delle foglie. Inoltre sarà realizzata un’installazione frutto del progetto Tresoldi Academy, a cura dell'artista Edoardo Tresoldi. In sostanza architettura, arte e natura sono le leve sulle quali si imposta la riqualificazione del Parco XXII Aprile.

Il Covid-19 ha avuto effetti sullo sviluppo di questo progetto? Ha messo in crisi i presupposti fissati in precedenza o ha introdotto nuovi temi su cui riflettere?
La situazione attuale ha sicuramente introdotto nuovi temi su cui riflettere. Il nostro progetto era ancora in fase embrionale e non ha subito grandi modifiche a causa dell’emergenza. Trattandosi di strutture e dispositivi da sistemare all’aria aperta la loro natura non ha risentito dei nuovi bisogni che stanno emergendo in questo periodo. In questi mesi, le restrizioni che limitavano gli spostamenti al quartiere di residenza hanno spinto molti cittadini a muoversi a piedi riscoprendo lo spazio pubblico che li circonda. Questa nuova coscienza porterà certamente l’attenzione verso i parchi urbani che, in futuro e probabilmente già da quest’estate, saranno per molti luogo di ritrovo e di svago. Mentre negli ultimi decenni è stata rivolta più attenzione agli spazi commerciali e ai centri storici, stiamo assistendo oggi a una riscoperta dello spazio pubblico e della vita all’aria aperta, motivo per cui il parco sarà il luogo per accogliere i cittadini in nuove strutture adeguate. Gli architetti con il proprio lavoro devono essere pronti a questo mutamento dei bisogni della città, investendo le proprie energie nella riconfigurazione di spazi e del verde pubblico. Il periodo post-Covid potrebbe essere una grande occasione per riconfigurare la mobilità lenta e gli spazi urbani tramite progetti temporanei e non.

«Trattandosi di un progetto dal basso, durante il lockdown ci siamo trovati inizialmente in difficoltà, ma abbiamo continuato a lavorare da casa. Grazie alla voglia di riscatto della comunità abbiamo potuto comprendere le problematiche dell’area attraverso una serie di interviste a distanza»

Quali modalità lavorative avete adottato durante il lockdown? Quali effetti ha avuto il Covid-19 sul lavoro progettuale?
Durante il lockdown abbiamo attivato come tutti una modalità di lavoro in teleconferenza organizzando riunioni tra di noi e con gli “attori” del progetto, così come li definisce Renzo Piano. Trattandosi di un progetto dal basso dove le testimonianze e la partecipazione della collettività sono fondamentali alla buona riuscita del lavoro, ci siamo trovati inizialmente in difficoltà, ma grazie all’energia di tutti abbiamo potuto continuare a lavorare anche da casa. Abbiamo aperto la possibilità di confrontarsi sul progetto a chiunque avesse voluto contattarci raccogliendo più di 30 interviste, complice anche la notizia del nostro operato sui giornali locali. Non è stato semplice ma grazie alla voglia di riscatto della comunità abbiamo potuto comprendere le problematiche dell’area iniziando ad ipotizzare delle soluzioni per il parco. Sicuramente questa dilatazione della fase di analisi non potrà che portare a degli ottimi risultati nella risposta ai bisogni dell’area, mentre il proseguimento del lockdown avrebbe influito significativamente sulla progettazione. Fortunatamente per il momento abbiamo potuto iniziare ad incontrarci nuovamente, attivando la discussione nel nostro gruppo sulle forme da dare all’architettura, sicuramente più coscienti delle problematiche del sito.

Matteo Agnoletto è architetto e professore di composizione architettonica presso l’Università di Bologna, responsabile scientifico del gruppo G124 2020, composto da Alessia Copelli, Martina Corradini, Stefano Davolio e Leo Piraccini, per il progetto di riqualificazione del Parco XXII Aprile a Modena. È stato inoltre collaboratore della sezione Architettura alla Triennale di Milano. Dal 2012 dirige il Laboratorio «Ricerca Emilia», unità di lavoro impegnata a studiare il territorio rurale e le pratiche per una rigenerazione ambientale consapevole. Ha scritto saggi per riviste specializzate, tra cui «Casabella», «Domus», «Lotus», «Abitare», «Il Giornale dell'Architettura».

La cultura della costruzione di fronte all'emergenza Covid-19 – La parola ai professionisti

 

La crisi sanitaria ed economica che stiamo attraversando sta colpendo tutti i settori professionali, tra cui anche l'edilizia. Per valutarne l'impatto sulla cultura della costruzione, Espazium dà la parola ai professionisti del settore affinché testimonino di come hanno riorganizzato il proprio lavoro, di quali difficoltà abbiano incontrato e – poiché ogni crisi rivela i punti di forza ma anche le debolezze di un sistema – condividano con noi i loro pensieri sulla propria professione. Per non dimenticare, e nella speranza che queste testimonianze ci aiutino a riflettere così che, una volta sconfitto il virus, non tutto torni com'era prima.

 

I contributi di questo ciclo sono raccolti nel dossier digitale.

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