Nella Wun­der­kam­mer del pen­sie­ro

Intervista a Francesca Borea e Giulia Pederzini

Fin dall’inizio di questo lungo periodo di reclusione domestica, Francesca Borea e Giulia Pederzini, giovani laureate dell’Accademia di Mendrisio, hanno ideato Wunderkammer, uno strumento per interrogarsi sulle possibili ripercussioni di un evento straordinario come quello in corso, anche e soprattutto in architettura. Il progetto reinterpreta in chiave contemporanea il tema del tradizionale ‘gabinetto di curiosità’, costruendo uno spazio, necessariamente virtuale, in cui raccogliere opinioni, immagini e riferimenti inter-nazionali e intra-professionali sul futuro ruolo dell’architetto e sul vivere contemporaneo. Ora Wunderkammer diventa una mostra.

Publikationsdatum
17-09-2020

Silvia Berselli – Quali domande avete posto agli autori che avete coinvolto? Avete riscontrato risposte simili, che in qualche modo evidenzino un “sentire comune”?
Francesca Borea e Giulia Pederzini – Promuovendo l’atto del collezionare come strumento di riflessione e di confronto, abbiamo chiesto ad architetti, artisti, scrittori, psicologi e professionisti sensibili al tema di condividere il loro pensiero sui valori della resilienza e della partecipazione, inviando un’immagine e un testo di 1000 battute riguardo la seguente questione: «La realtà estrema che stiamo vivendo oggi ci porta a rivalutare i convenzionali modi dell’abitare, di appropriarsi dei luoghi domestici, e ci pone degli interrogativi sull’uso straordinario degli spazi che siamo “condannati” a vivere, mettendone in luce, al tempo stesso, le qualità e le criticità. Nella prospettiva di un presunto cambiamento, muterà e, nel caso, quale sarà il ruolo dell’architetto? Cosa succederà quando ritorneremo alla vita “normale”? Faremo tesoro delle riflessioni maturate da questa esperienza?».
L’iniziativa si è trasformata presto in un vero e proprio cabinet de curiosités, grazie alla diffusione delle riflessioni raccolte tramite i social media, che in quel momento rappresentavano l’unico strumento di comunicazione efficace e fruibile globalmente e costituivano una sorta di passaparola virtuale, e grazie al fatto che il confinamento domestico imposto a tutti ha generato una forte solidarietà.
Oggi la collezione racconta più di 70 punti di vista di
professionisti provenienti da dieci paesi differenti, dediti a discipline distinte, ma in continuo dialogo fra loro – come l’architettura, il design, la fotografia, la pittura, la scrittura, la musica e la psicologia –, autori di generazioni lontane, dagli emergenti a quelli più affermati. Voci distinte che con la loro presenza hanno costruito uno dei punti di forza del progetto: la sua interdisciplinarità.

Dalla Wunderkammer: la riflessione del giorno di Annina Ruf

Quali autori sono presenti nel progetto Wunderkammer?
Scopri qui la collezione.

Avete riscontrato una variazione nelle risposte o nelle reazioni degli interpellati dal periodo più acuto del lockdown alla fase 2 e alla situazione attuale?
Parallelamente alla costruzione della collezione di pensieri, che continuano ad arricchire la nostra “teca” virtuale, l’interpretazione, l’analisi e il confronto dei materiali raccolti ci hanno permesso di riconoscere un sentimento collettivo in corrispondenza delle diverse fasi della quarantena. I primi ad essere invitati a partecipare sono stati gli architetti che, considerando lo shock improvviso dato dall’inaspettata reclusione domestica e lo stato di diffusa incertezza nel domani, hanno dedicato una particolare attenzione alle qualità e alle criticità dell’ambiente domestico e hanno saputo mettersi in discussione più di altri.
Nella prima fase del lockdown, infatti, dalle riflessioni e dalle immagini scelte scaturisce un sentimento comune di spaesamento, di sconforto e di incertezza, non solo in riferimento alla propria figura professionale, ma in generale riguardo alla condizione esistenziale dell’essere umano: infatti la pandemia, nella sua democratica diffusione, ha messo in luce la fragilità e l’impotenza di tutti noi. Questa prima fase ha permesso a ciascuno di rientrare in confidenza con le proprie mura domestiche, per poi rivolgere l’attenzione a macro-temi più generali, che evidenziano l’urgenza di un dibattito sul ruolo etico, morale e sociale dell’architettura.

Dalla Wunderkammer: la riflessione del giorno di Michele Arnaboldi

Con il lento ritorno alla routine quotidiana e la riapertura delle attività, il tempo da dedicare alla scrittura viene nuovamente ridotto a causa di impegni legati alla sfera lavorativa o familiare, così il flusso dei contributi ricevuti è rallentato nel mese di giugno e l’approccio alla questione è risultato essere più sereno e ottimista nei confronti del futuro. I professionisti invitati, con una carriera avviata ed affermata, hanno temuto l’inedita situazione che stavamo vivendo e hanno riportato nelle proprie riflessioni un senso di timore e profonda incertezza nel domani. I giovani emergenti, invece, che hanno vissuto di recente i primi anni di lavoro precario, hanno saputo vedere in questa pausa forzata un’occasione per fare una sorta di reset e ristabilire le proprie priorità lavorative e di vita.
Con il lockdown globale la natura ha ripreso il possesso dei proprio spazi e immaginavamo che sarebbero state tante le riflessioni riguardanti i temi della sostenibilità, dell’ecologia e della durabilità, invece purtroppo solo in pochi hanno insistito sull’urgenza di lavorare, come architetti, su tematiche riguardanti il riuso, il riciclo e l’identità dei luoghi. Molti, invece, hanno ribadito l’urgenza di ripensare e progettare la città del domani, cercando di capire e anticipare i bisogni della nostra società. Nonostante numerosi contributi abbiano trattato la questione dello spazio pubblico e delle dinamiche sociali, in genere l’attenzione degli invitati è stata maggiormente orientata verso la dimensione privata e ha guardato a temi come la densità residenziale, gli edifici, la sfera del lavoro. Di conseguenza, la più complessa dimensione urbana è stata meno discussa.

Dalla Wunderkammer: la riflessione del giorno di Pino Musi

Da piattaforma necessariamente virtuale, Wunderkammer si trasforma ora in una mostra, allestita in occasione del Festival Filosofia di Modena, dal 18 al 20 settembre. Quali strumenti avete adottato per rendere accessibile al pubblico il materiale raccolto, nonostante le restrizioni imposte per contenere la pandemia?
La macchina, tema del Festival Filosofia di Modena 2020, è stata l’unico mezzo che ha permesso di avvicinarsi, di superare i limiti fisici e le distanze imposte durante il confinamento domestico. Inoltre, la riuscita e la divulgazione del progetto sono avvenute per merito delle piattaforme virtuali e dei suoi mezzi di trasmissione. Grazie alla rete digitale, infatti, abbiamo avuto la possibilità di entrare in contatto con persone di tutto il mondo, di essere accolti nelle loro case e di raggiungere i luoghi della quotidianità altrui. Per questo motivo, abbiamo scelto di presentare al pubblico la raccolta Wunderkammer tramite il supporto di altre macchine.

Dalla Wunderkammer: la riflessione del giorno di Lopes Brenna architetti

La proposta per il Festival Filosofia di Modena non prevede alcun gesto architettonico invasivo, ma un inserimento “debole” in uno spazio esistente fortemente connotato come la Biblioteca civica d’arte Luigi Poletti, nata dal generoso lascito di un collezionista, dunque un luogo che conserva la memoria dell’atto del collezionare. L’esposizione restituisce il progetto in forma di audiovisivo e l’allestimento muove dalla volontà di instaurare un dialogo fra la cultura del passato, rappresentata dalla presenza concreta dei libri, e una raccolta di pensieri che "proiettano" nel futuro attraverso immagini virtuali.
Abbiamo voluto interpretare le restrizioni che la situazione attuale impone come opportunità da trasformare in altrettanti punti di forza dell’installazione, proponendo al visitatore un’esperienza sensoriale alimentata dalle macchine (come proiettori e QR code) e dai propri dispositivi (cellulari e cuffie). Nella sede principale dell’evento e in alcuni punti strategici sparsi per la città (come il Mercato Albinelli o la facciata della Chiesa di San Biagio) saranno presenti dei proiettori, grazie ai quali il visitatore, incuriosito dal video, potrà connettersi con il cellulare e le cuffie e fruire dell’esperienza audiovisiva.

Dalla Wunderkammer: la riflessione del giorno di Vega Tescari

Quali possibili prospettive post-Covid anticipano i vostri autori? Cosa cambierà e come?
La maggior parte degli invitati non si è esposta nell’azzardare visioni futuristiche sulle prospettive post-Covid, anche perché il progetto è stato promosso non solo per trattare tematiche legate alla pandemia, ma soprattutto perché crediamo che una riflessione sull’architettura contemporanea fosse urgente a prescindere. Nonostante la richiesta iniziale fosse sempre la stessa, la pluralità delle risposte e delle interpretazioni degli invitati ha arricchito il progetto di spunti molto diversi e spesso in contrasto, a partire dalla sfera domestica fino alla scala urbana e alle questioni esistenziali.
Inutile ribadire che l’ambiente domestico è stato quello più discusso: questa esperienza ci ha insegnato che le nostre abitazioni dovranno essere flessibili e versatili nell’uso e nella distribuzione degli spazi. Dovremo continuare a parlare di piante e strutture “resilienti”, pronte ad ospitare diverse funzioni, rivalutando gli spazi “filtro” che mettono in relazione i volumi.

Dalla Wunderkammer: la riflessione del giorno di Jonathan Sergison

Un altro tema da sviluppare, emerso solo in una fase più consapevole dell’emergenza, è quello della responsabilità morale degli architetti nel tutelare le città, luoghi resilienti per natura, e nel pensare a nuove proposte architettoniche che mirino ad includere tematiche ormai imprescindibili come il riuso, il riciclo, il genius loci e la sostenibilità. Il progetto Wunderkammer vuole promuovere un’architettura più consapevole, in grado di qualificare lo spazio in cui opera.
Concludiamo con il pensiero di MacMilan, ecologista americano del diciannovesimo secolo: «Dobbiamo salvare i condor, non tanto perché abbiamo bisogno dei condor, ma soprattutto perché, per poterli salvare, dobbiamo sviluppare quelle qualità umane di cui avremo bisogno per salvare noi stessi».1

Note

  1. Citato da Serge Latouche in La scommessa della decrescita, Feltrinelli Editore, Milano 2007.

Francesca Borea (Sanremo, 1994) e Giulia Pederzini (Modena, 1994) studiano all’Accademia di architettura di Mendrisio e si laureano nel 2019 nell’Atelier di progettazione Grafton Architects. L’ambiente dell’Accademia permette loro di riflettere in modo critico e responsabile sulla trasformazione dello spazio di vita dell’uomo contemporaneo, grazie al costante dibattito architettonico alimentato da studenti e professori. Durante il percorso accademico, aderiscono ad una serie di esperienze extracurricolari, che contribuiscono alla formazione di un loro pensiero architettonico.

Giulia nel 2014 si trasferisce ad Amsterdam dove lavora per lo studio Anne Holtrop e nel 2015
a Barcellona per il progetto Erasmus presso l’Università ETSAB. Successivamente aderisce al programma di scambio culturale con la KIT University di Kyoto, dove collabora con uno studente del luogo, spinta dall’interesse per il modo di abitare giapponese.

Francesca nel 2014 trascorre un anno a Parigi collaborando con lo studio DATA Architectes per poi continuare la sua esperienza lavorativa presso lo studio FFA di Como. Incuriosita dalla possibilità di entrare in contatto con una nuova dimensione dell’architettura, nel 2018 partecipa al workshop «Building Reality» in Mozambico, con l’architetto Francis Kéré.

Conseguita la laurea, entrambe si confrontano con l’ambiente lavorativo mantenendo l’approccio poliedrico che ha caratterizzato il loro percorso formativo. Seguono progetti sia di ristrutturazione per privati, sia di restauro e riuso di edifici storici tutelati dal vincolo dei beni culturali, presso la città di Modena. La ricerca rimane parte integrante della loro visione architettonica e, per questo motivo, investono tempo e passione in iniziative finalizzate alla sua divulgazione.

 

Progetto Wunderkammer 

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