Si­ste­mi elet­tro­ni­ci in­no­va­ti­vi per ope­re edi­fi­ca­te e pe­ri­co­li am­bien­ta­li

Come prevedere una frana? Come monitorare gli spostamenti di una diga? A queste e altre domande in Ticino cercano di rispondere le aziende che operano nell’ingegneria civile e nella geologia. Le supporta l’Istituto sistemi e elettronica applicata della SUPSI.

Data di pubblicazione
05-02-2020
Andrea Salvadè
Direttore dell'Istituto sistemi e elettronica applicata (ISEA), SUPSI

Crollo di ponti, frane, caduta di alberi: l’attualità ci ha messi a confronto con eventi drammatici che hanno eviden­ziato come la messa in sicurezza e il ­monitoraggio permanente delle infrastrutture e dei sistemi d’allerta siano diventati un tema di grande interesse e necessità. Come prevedere una frana? Come monitorare gli spostamenti di una diga dati dal carico dell’acqua conte­nuta? Come verificare che gli ancoraggi precompressi di ponti e viadotti installati in occasione dell’edificazione corrispondano alle specifiche e che queste abbiano mantenuto col tempo le proprie caratteristiche di tenuta?

A tutte queste domande cercano di rispondere con idee e soluzioni innovative le aziende del territorio che operano nei settori dell’ingegneria civile e della geologia con il supporto tecnologico dell’Istituto sistemi e elettronica applicata (ISEA) del Dipartimento tecnologie innovative (DTI) della SUPSI. Grazie a diversi progetti di ricerca e sviluppo, si è infatti provato a fornire delle possibili risposte mettendo in campo le multi­disciplinari competenze dell’Istituto in ambito elettronico e dell’informatica tecnica.

Ad esempio, nell’ambito del progetto Structure sensing of prestressed anchors finanziato dall’Agenzia svizzera per la promozione dell’innovazione (Innosuisse), l’ISEA ha avviato una proficua collaborazione con le aziende Lombardi SA, Injectosond SA e Devicing SA allo scopo di sviluppare un dispositivo elettro­nico che permetta di verificare la lunghezza effettiva degli ancoraggi inseriti nelle strutture di ponti e viadotti, come pure – parametro di estremo interesse – di conoscere la tensione presente sull’ancoraggio stesso, che rappre­senta un’informazione fondamentale in rapporto al suo grado di tenuta. Dopo aver sviluppato un modello matematico dell’ancoraggio installato nell’ambiente circostante (roccia, beton ecc.) sono ­state effettuate numerose misure sperimentali in laboratorio e direttamente nei cantieri che hanno permesso di verificare l’efficacia della metodologia e di definire i limiti per lo sviluppo di uno strumento di monitoraggio basato su sorgenti a ultrasuoni. Le analisi su campo si sono rivelate di grande complessità, a causa soprattutto della difficoltà di accoppiare il sensore elettronico all’ancoraggio stesso, come pure per la mo­dellizzazione e parametrizzazione della ­propagazione dell’onda nell’ancoraggio. Progressivamente, sono stati ottenuti dei risultati positivi che hanno evidenziato la correlazione tra il segnale a ultrasuoni riflesso e la lunghezza dell’ancoraggio e la sua tensione.

Giunti a tali risultati sperimentali, il passo successivo è stato quello di avviare la progettazione di uno strumento da campo sufficientemente preciso e ­robusto.

La problematica della sicurezza delle sovrastrutture non è solamente legata ai dispositivi che ne permettono la stabilità con dei «tensori» quali gli ancoraggi, ma anche – ad esempio nel caso di dighe e viadotti – a una ulteriore situazione di potenziale pericolo data dal carico al quale sono sottoposti. Per una diga, quando in caso di abbondanti piogge e scioglimento delle nevi il bacino imbrifero è al massimo livello, le forze che si sviluppano sulla sua superficie possono elevarsi notevolmente e portare a una sua deformazione. Lo stesso nel caso di un viadotto sul quale transitano automezzi di notevole massa e ad alta velocità. Anche gli aspetti legati all’escursione termica possono causare delle dilatazioni.

A tutto ciò si aggiunge – a causa dei cambiamenti climatici e al surriscaldamento della crosta terrestre – il sempre maggiore potenziale pericolo dato da frane e smottamenti.

In quest’ottica, si rende necessaria una metodologia con la rispettiva strumentazione ad alta affidabilità che possa fungere da valido mezzo per determinare minimi spostamenti di piccole, medie e grandi strutture o volumi di materiali inerti.

E anche in questo caso l’Istituto ISEA ha risposto alle richieste dell’azienda GeoAlps SA con una soluzione rivoluzionaria sviluppata nel corso del progetto Innosuisse Long Term Measurement Array SAR (in collaborazione anche con le aziende New Celio Electronics Sagl, Huggenberger AG e Meet Sagl). Si tratta della progettazione e realizzazione di un radar ad apertura sintetica completamente elettronico e di nuova concezione a livello mondiale, dal peso e dai consumi molto inferiori rispetto ai dispositivi concorrenti attualmente sul mercato e che va a eliminare tutte le componenti meccaniche e le rispettive motorizzazioni. Grazie alle sue caratteristiche, il radar può essere posizionato ­facilmente anche in zone impervie. Particolare importanza è data al fatto che questo dispositivo permette di misurare degli spostamenti minimi, dell’ordine di grandezza del millimetro, a oltre 3 km di distanza. Il radar è stato collaudato dapprima in laboratorio in tutte le sue componenti, per poi passare ai test sul campo in situazioni semplificate quali una pianura senza ostacoli sulla quale sono stati posizionati dei riflettori che emulano la misura di minimi spostamenti di una diga. Infine, il radar è stato ­installato per un lungo periodo per il mo­nitoraggio permanente della frana del ­Valegion a Preonzo. La situazione si è rivelata particolarmente complessa, vista la distanza del dispositivo dai punti di potenziale pericolo, come pure il dislivello di ben oltre mille metri, essendo il radar posizionato in pianura.

I risultati sono stati molto soddisfacenti dal punto di vista dell’affidabilità dello strumento, come pure della qualità dei dati raccolti. Il radar ha infatti operato ininterrottamente per parecchi mesi senza alcun malfunzionamento, fornendo risultati di elevata precisione sui minimi spostamenti avvenuti in zone molto circoscritte della frana che sono stati confrontati con i dati scaturiti da un secondo sistema di allerta basato su raggi laser che puntano a obiettivi riflettenti. Il sistema radar svi­luppato all’ISEA in azione sulla frana del Valegion ha addirittura rilevato durante il periodo di grande pioggia di ottobre-novembre 2019 spostamenti e slittamenti di masse di inerti non rilevabili con il sistema ottico.

Sulla base di tali risultati è in corso lo sviluppo di specifici algoritmi che rendono la qualità dei rilevamenti del radar immuni alle variazioni date dalle condizioni atmosferiche, che possono notevolmente variare.

In conclusione, il settore dell’ingegneria civile, come pure il campo ambientale, sempre più sottoposti alle sollecitazioni e ai cambiamenti dati dal riscaldamento globale della terra, si presenterà negli anni a venire particolarmente sensibile allo sviluppo di nuovi ­sistemi elettronici di monitoraggio permanente e di allerta: la SUPSI e in particolare il suo Istituto di elettronica daranno il proprio contributo allo sviluppo di nuove tecnologie sia con attività di ricerca e sviluppo, sia coinvolgendo gli studenti di Bachelor e Master, in rete con altre scuole universitarie ma soprattutto con le aziende del territorio e con l’amministrazione cantonale dedita alla tematica (Dipartimento del territorio del Cantone Ticino), per offrire soluzioni di alto livello e garantire il proprio supporto per mantenerle aggiornate allo stato dell’arte che, in particolare nell’elettronica, ha un’evoluzione molto rapida.

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