L’ar­te dell’in­ge­gne­ria

Un progetto che attraversa le generazioni

Il 25° anniversario della fondazione della Società per l’Arte dell’Ingegneria offre l’occasione di riflettere sull’attuale posizione dell’ingegnere civile e il futuro sviluppo della professione. Ne parla Giotto Messi, ingegnere civile e giovane membro della direzione dello studio Schnetzer Puskas Ingenieure.

Lettres d’un jeune ingénieur: questa allusione al volume Lettere a un giovane poeta – dove sono state pubblicate dieci lettere che Rainer Maria Rilke scrisse a un giovane poeta di talento – ha dato il titolo all'intervento di Giotto Messi. Voleva alludere a un cambio generazionale sottile, a cui i riferimenti ai progetti di ingegneria sono costantemente soggetti. Un cambiamento verso nuovi, giovani esempi e progetti più recenti, che si combina sempre con nuove domande e compiti nei confronti dell’opera costruita.

Così il relatore ricorda opere esemplari dell’ingegneria del Dopoguerra, riferendosi sia a quelle di progettisti come Pier Luigi Nervi o Christian Menn, sia a proficue collaborazioni tra ingegnere e architetto, come nei casi di Eugen Komendant e Louis Kahn o Peter Rice con Renzo Piano e Richard Rogers.1 E a queste si aggiungono ulteriori nuove opere di studi di ingegneria svizzeri che, a partire dagli anni Novanta, hanno significativamente caratterizzato il dialogo tra l’ingegnere civile e l’architetto nella fase progettuale, come Jürg Buchli, Conzett Bronzini Partner, Joseph Schwartz, Ingeni, Dr.Lüchinger+Meyer Bauingenieur, Muttoni & Fernández Ingénieurs, ZPF Ingenieure, WaltGalmarini, Ferrari Gartmann, ingegneri pedrazzini guidotti oppure Fürst Laffranchi Bauingenieure.

Senza cultura nessun valore aggiunto

Attraverso le generazioni, la percezione dell’ingegnere civile nella società è cambiata. «Oggi la società è spesso prevenuta», osserva Messi: generalmente l’ingegnere viene visto in modo quasi caricaturale, come una sorta di tecnocrate senza capacità creative. L’origine di questa visione risale probabilmente allo sviluppo della società moderna: le professioni accademiche sono classificate in scienze naturali da un lato e scienze umanistiche dall’altro. Come il suo predecessore storico, il capomastro, l’ingegnere civile deve trovare un equilibrio tra queste due categorie. In ogni modo, la pura padronanza delle componenti tecniche del costruire senza la considerazione degli effetti culturali di un edificio o di un’opera d’arte sull’ambiente naturale e costruito non porta ad alcun valore aggiunto alla Baukultur.

La scissione professionale del capomastro nel XVIII secolo ha portato ad una divisione quasi paradigmatica dei compiti tra gli ingegneri e gli architetti. La formazione degli ingegneri si è concentrata sullo sviluppo di strumenti di base per la risoluzione analitica di strutture più semplici e più definite. Improvvisamente ogni sistema statico che non poteva essere risolto facilmente in modo analitico, in qualche modo non era più realizzabile. Inoltre, nella formazione ingegneristica si è presto trascurato l’approccio alla progettazione concettuale che considera la componente umana, oltre al contesto sociale e costruttivo. Il progetto è sempre stato ed è ancora spesso affrontato con criteri puramente tecnici ed economici, nella convinzione che la qualità estetica del risultato diventi una sorta di conseguenza diretta.

La formazione degli architetti si è sviluppata nella direzione opposta. Nella quotidianità professionale, le componenti concettuali sono qui più importanti di quelle tecniche. L’insegnamento della statica è spesso limitato a un approccio matematico, che per molti è difficilmente accessibile e che rinuncia alla comprensione intuitiva delle strutture. Di conseguenza, il dialogo tra architetto e ingegnere è diventato così complesso che porta sovente a un collegamento disfunzionale tra le due professioni. Un autentico dialogo tra le persone che partecipano alla fase progettuale dell’opera può però rafforzare le competenze di ogni attore e portare a risultati notevoli, come dimostrano alcune esperienze realizzate in questo modo.

Potere di comprensione del patrimonio costruito

«Per raggiungere un livello di collaborazione che sia proficuo e che crei un valore aggiunto, l’ingegnere ha bisogno di un cambio di paradigma nel suo modo di approcciare il progetto e nel suo metodo di lavoro», spiega ancora Messi. La padronanza delle componenti tecniche e analitiche della professione rimane il pilastro essenziale della sua formazione universitaria. Allo stesso modo, l'ingegnere dovrebbe applicare le sue conoscenze in modo attivo per generare un lavoro olistico, che non si limiti alla risoluzione di problemi tecnici senza conoscerne le cause e senza metterle in discussione. Il calcolo, che è considerato da molti come l’elemento centrale della professione, deve essere soprattutto uno strumento di validazione di impostazioni progettuali.

In questo contesto è di essenziale importanza che gli ingegneri si interessino alla storia delle costruzioni. La comprensione del patrimonio costruito – che rappresenta in definitiva il risultato di uno sviluppo durato secoli – è uno strumento fondamentale col quale si possono affrontare nuovi compiti. La padronanza delle caratteristiche specificamente ingegneristiche dei materiali da costruzione permette di curare i dettagli costruttivi e di combinare diversi elementi della struttura in modi inediti, secondo le proprietà dei materiali, i requisiti statici e i processi costruttivi. Un approccio globale al progetto che tiene conto e combina le esigenze dei diversi attori coinvolti dalle sue prime fasi, e porta a risultati più chiari e coerenti.

Naturalmente questi risultati vanno valutati in modo critico. È per questo motivo che la categoria professionale degli ingegneri dovrebbe rimanere aperta a una discussione che vada oltre i puri aspetti tecnici.

Scambio tra generazioni

«La crescente complessità della tecnica edilizia e il rapporto mutevole tra il costo del lavoro e il prezzo dei materiali da costruzione hanno portato a uno standard edilizio con scarsa flessibilità ed elementi spesso sovradimensionati.

La nostra generazione si trova davanti a una crisi climatica, che esige un cambiamento di approccio all’interno dell’industria delle costruzioni e che richiede la creatività degli ingegneri. La conservazione degli edifici assume in questo ambito un ruolo sempre più importante, mentre in occasione di nuove opere sarà domandato un atteggiamento più parsimonioso nell’uso delle risorse. Le strutture, che possono adattarsi agli usi e alle esigenze operative di più cicli di vita, contribuiscono in modo significativo e responsabile a un futuro patrimonio edilizio sostenibile».

Nei confronti di temi così attuali che riguardano l’ingegneria civile e l’industria delle costruzioni, ha luogo uno scambio tra generazioni e tra le discipline ingegneristiche. Di conseguenza, si crea un valore aggiunto per la collettività e quindi alla fine una preziosa cultura della costruzione. Per questo si ha bisogno di ingegneri creativi e consapevoli della loro responsabilità che ridefiniscano l’arte dell’ingegneria del XXI secolo. Questi interventi, come quelli che la Società per l’Arte dell’Ingegneria sta organizzando, sono – come lettere o appunto lettres d’un jeune ingénieur – in particolar modo anche un modo per riflettere sul proprio lavoro e di promuovere lo scambio di conoscenze. L’apertura con cui Giotto Messi ha rivelato le sue personali opinioni e l’interesse con cui in chiusura il pubblico ha discusso con il relatore hanno palesato quanto questo scambio sia stato proficuo – ha solo avuto bisogno dei giusti stimoli, in questo caso quelli forniti dalla Società per l’Arte dell’Ingegneria.

Traduzione di Giulia Boller

Note

  1. Cfr. T. Puskas, «Zusammenarbeit Ingenieur und Architekt», in Schnetzer Puskas Ingenieure. Entwurf Struktur Erfahrungen, a cura di Aita Flury, gta-ETH, Zürich 2013, pp. 37-40.

Fondata nel 1995 dal prof. Peter Marti al Politecnico federale di Zurigo, la Società per l’Arte dell’Ingegneria festeggia il suo 25° anniversario. Per questa occasione organizza una serie di colloqui, che hanno luogo tra l’autunno 2020 e la primavera 2021, in tutte le regioni linguistiche della Svizzera. Obiettivo di queste conferenze è scoprire l’importanza culturale dell’arte dell’ingegneria civile e il suo significato per il lavoro degli ingegneri civili.

La loro attività, preziosa in termini di cultura costruttiva, non si limita all’approccio pragmatico di risolvere compiti tecnici. Anzi, l’ingegnere civile coltiva un approccio riflessivo nei confronti dell’eredità del patrimonio edilizio e delle complesse condizioni dell’ambiente costruito. A tal fine, oltre a solide conoscenze specialistiche, è rilevante la conoscenza dello sviluppo storico dei metodi di costruzione e della storia dei siti su cui si interviene. Non è raro che ciò fornisca preziosi spunti di riflessione o anche soluzioni innovative per la progettazione e la realizzazione di nuovi edifici così come per la conservazione di quelli esistenti.

I relatori hanno descritto e descriveranno il loro personale legame con l’arte dell’ingegneria sulla base di progetti concreti e per loro esemplari.

Il secondo intervento, L‘incertitude et la médiane, a cura di Neven Kostic, dello studio omonimo, si è tenuto il 23 ottobre al Politecnico federale di Losanna. Jacqueline Pauli, di ZPF Ingenieure, ha presentato invece la relazione Spektrale Planung il 24 novembre all’ETHZ a Hönggerberg.

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