La nuo­va Bel­lin­zo­na vi­sta dal se­mi­na­rio di Mon­te Ca­ras­so

Visione per una pianificazione territoriale aggregata

Il Seminario Internazionale di Progettazione di Monte Carasso, da oltre vent’anni parte integrante del processo pianificatorio avviato da Luigi Snozzi nel 1979 per l’omonimo Comune, si svolge annualmente sotto forma di atelier di progettazione della durata di due settimane.

Data di pubblicazione
21-04-2016
Revision
21-04-2016

Negli anni, sotto la guida dell’architetto Snozzi e grazie alla costante collaborazione dei docenti, i partecipanti al Seminario hanno indagato temi d’interesse per lo sviluppo di Monte Carasso, avvalendosi anche del prezioso contributo di architetti ed esperti esterni. Nelle ultime tre edizioni il Seminario ha aperto la propria analisi al territorio di cui Monte Carasso è parte, e ha scelto di affrontare un tema di stringente attualità quale il progetto di aggregazione dei comuni del Bellinzonese.

Gli importanti e repentini cambiamenti socio-economici che hanno interessato questa regione dal secondo dopoguerra hanno avviato uno sviluppo che, in assenza di una pianificazione unitaria, si è presto rivelato caotico. Agli inizi degli anni Settanta l’evidenza di questa criticità ha portato all’introduzione di un decreto federale, che aveva l’obiettivo di disciplinare questa crescita, sottraendola agli impulsi della speculazione immobiliare. Per quanto lodevole nelle sue premesse, questo tentativo ha commesso il grave errore di affidare ai singoli comuni il disegno della propria porzione di territorio, senza un necessario coordinamento tra gli stessi: lo sviluppo disordinato che si voleva arrestare è stato di fatto soppiantato da una crescita altrettanto casuale, legata a interessi campanilistici. Lo scenario attuale, erede di queste dinamiche, si manifesta oggi in un tessuto urbano destrutturato, che fatica a soddisfare le attuali esigenze di corretto impiego e razionalizzazione delle risorse.

L’esempio di Monte Carasso

La ricerca di Luigi Snozzi si è negli anni caratterizzata per un preciso approccio al progetto urbano: l’attenzione di ogni pianificazione deve rivolgersi all’attenta lettura della struttura del luogo e a un impiego ragionato e qualitativo delle risorse territoriali. Tali principi, nel caso specifico di Monte Carasso, hanno ispirato il ridisegno del centro del villaggio e l’adozione di uno strumento urbanistico che ha reso possibile aumentare con oculatezza la densità edilizia.

Lungi dal voler esportare acriticamente un «modello Monte Carasso» che, come si è già detto, ha nell’individuazione di un genius loci un imprescindibile presupposto, il Seminario ha voluto cogliere l’occasione di un’aggregazione politico-amministrativa in atto per cercare di dotarla di un preciso progetto territoriale. L’operato di Snozzi, riconosciuto a livello internazionale, ha in quest’ottica non il valore di prontuario di ricette urbane, ma quello di riferimento culturale complesso: il suo richiamo a un’interpretazione della struttura urbana può tradursi nella capacità di affrontare questo progetto di aggregazione con attenzione alle potenzialità dei singoli comuni senza però perdere una visione generale.

L’impostazione del lavoro

Nel XX Seminario Internazionale di Progettazione il lavoro dei partecipanti è stato finalizzato all’obiettivo di verificare la plausibilità delle premesse poste e tastare lo stato del territorio interessato. Il lavoro di sintesi condotto ha pienamente confermato l’urgenza di approfittare dell’occasione offerta dal processo aggregativo per portare a termine un’azione di riordino del territorio, attenta all’insieme e al contempo rispettosa delle singole individualità. A conclusione delle due settimane di atelier questa ipotesi operativa si è materializzata in un masterplan che si regge su sei assunti-guida.

  1. Le montagne rappresentano i limiti longitudinali della nuova Bellinzona; essi forniscono una prima fondamentale definizione spaziale a questa nuova entità politico-amministrativa. Questi «parchi verticali», la cui specifica tutela richiederebbe un coordinamento regionale dei piani del paesaggio, offrono alla nuova Bellinzona la possibilità di una relazione privilegiata con il verde e costituiscono un importante traguardo visivo, un potente strumento di orientamento urbano.
  2. La fascia golenale, compresa tra le due dighe insommergibili del fiume Ticino, ha la potenzialità di diventare un parco strutturante per l’intera regione. L’intangibilità di queste aree, legata alla loro funzione idraulica di protezione contro le inondazioni, ha fatto sì che esse giungessero integre fino ai nostri giorni. Queste aree fluviali sembrerebbero essere l’unico elemento davvero ricorrente nei territori comunali del comprensorio e pertanto hanno la capacità di divenire la colonna vertebrale della futura grande città.
  3. Considerata l’acritica tendenza a un’espansione senza controllo lungo tutto il fondovalle, la nuova Bellinzona necessita della definizione di chiari limiti trasversali che la contengano. Questi limiti fungono da «porte» in corrispondenza dell’imbocco delle tre vallate che confluiscono nel Bellinzonese, fornendo un ordine e una struttura a questi luoghi. La città, così ridefinita, si estende dall’imbocco delle valli Riviera e Mesolcina a nord fino all’affaccio sul piano di Magadino a sud.
  4. Entro i suddetti limiti è contenuta la città tutta, che ha nel tessuto consolidato di Bellinzona il suo centro. In parallelo, le aree già urbanizzate andranno sottoposte a una densificazione mirata e quelle di riserva dovranno diventare oggetto di un approfondimento che tenga attentamente in conto esigenze e necessità future. All’interno dei singoli tessuti urbani, aree a verde, esterne al parco fluviale, forniranno l’occasione per qualificare tanto i quartieri esistenti quanto i nuovi e strutturare l’edificato.
  5. Tutti i comuni esterni alla porzione di territorio sopra definita potranno comunque appartenere giuridicamente e amministrativamente alla nuova città, ma non spazialmente. Per questi comuni si auspica una nuova e radicale pianificazione finalizzata a preservare la loro identità spaziale di comuni isolati gli uni dagli altri, posti sui coni di deiezione ai piedi della montagna.
  6. La visione di una pianificazione aggregata, così come proposta dal lavoro del Seminario, per funzionare non può prescindere da una significativa riduzione delle aree edificabili esterne ai confini proposti per la nuova grande Bellinzona.

La verifica progettuale

Formulati i sei principi-guida, le attività delle edizioni XXI e XXII del Seminario hanno calato nuovamente le ipotesi formulate nella realtà concreta del territorio, stimolando i partecipanti a confrontarsi in modo attivo con alcune aree scelte. Nel 2014 si è affrontata l’area del quartiere Semine, oggigiorno uno dei più popolati di Bellinzona e per anni oggetto di una speculazione edilizia disordinata. Nel 2015 l’approfondimento ha invece interessato il quartiere di Pratocarasso, area situata tra Bellinzona e Arbedo la cui pianificazione controversa ha dato adito a diversi dibattiti. Il confronto con queste aree ha prospettato la possibilità di verificare e, se necessario, migliorare le ipotesi contenute nel masterplan iniziale. L’azione progettuale dei partecipanti è dunque stata orientata a una relazione dialettica con ciò che si era prodotto nel lavoro collettivo del 2013, riassunto nel piano generale. Così, ad esempio, l’iniziale previsione di due «porte» a nord (una verso la valle Riviera e una verso la valle Mesolcina) si è in seguito riassunta in una sola: la confluenza delle due valli di Arbedo e di Gorduno ha già naturalmente la forza iconica di «porta». Ancora, l’indagine seminariale del 2014 ha chiarito l’importanza di interrompere il preminente sviluppo lineare lungo la strada cantonale introducendo una rete di spazi urbani trasversali, così da ricucire il rapporto tra i tessuti e lo spazio golenale e quindi tra le due sponde della valle. Nell’ambito di questa verifica progettuale si è anche meglio palesato il ruolo che, in questa ipotesi, può avere il fiume: quale elemento dotato di un suo chiaro progetto e di una precisa funzionalità, si ritiene che il Ticino debba sì essere l’elemento che unifica l’intera regione, restando però un’infrastruttura dotata di una propria specifica logica. La previsione di percorsi orientati verso il fiume o di passerelle pedonali, che scandiscono il passo e ne collegano le sponde, è in quest’ottica un tentativo di mettere il fiume e il suo parco fluviale in relazione con i diversi tessuti edilizi preservandone l’autonomia.

È opportuno sottolineare come questa disponibilità del piano a essere rimesso in discussione sia ritenuta una prerogativa di estrema importanza. Sulla scorta dell’esperienza maturata da Snozzi a Monte Carasso, sarebbe ingenuo credere di poter ridurre una tale complessità territoriale a un’enumerazione statica di principi. Se quest’esperienza avesse un seguito operativo, l’intenzione sarebbe proprio quella di coordinare un processo di pianificazione, con delle linee guida chiare ma aperte a tutta una serie di approfondimenti che la fase di concertazione porta con sé.

Una sfida da cogliere

Sul finire dell’Ottocento l’opera di arginatura del fiume Ticino consentì di raccogliere le sue acque in un unico canale obbligato. Quest’atto, annoverato tra i momenti cardine del processo di modernizzazione del Cantone, permise la bonifica dell’area con immediate conseguenze per l’agricoltura e per la salubrità generale e chiarificò un assetto del territorio visibile ancora oggi. Con la metafora fluviale, il processo di aggregazione per una nuova grande Bellinzona potrebbe dare l’opportunità di canalizzare le risorse economiche, politiche e sociali di questa regione verso una nuova visione di pianificazione territoriale condivisa. Alla luce del lavoro svolto nel corso di questi tre ultimi Seminari, l’adempimento di questo compito è ritenuto di cruciale importanza. Soltanto se si sapranno cogliere queste potenzialità territoriali e spaziali la trasformazione potrà diventare una tappa fondamentale per lo sviluppo di questa regione. L’auspicio è che i soggetti coinvolti – progettisti, mondo economico e mondo politico – sappiano affrontare la sfida proposta. Fino a oggi i momenti di concertazione avuti sono stati accompagnati da manifestazioni d’interesse, mai approdate però ad azioni concrete. I tempi sembrano maturi perché anche il Canton Ticino, in linea con quanto già sta accadendo in altre realtà svizzere d’avanguardia, inizi a rendere più fruttuosa la collaborazione tra i citati attori, a beneficio di un progetto territoriale efficace e controllato. Come in una fotografia d’archivio che ritrae un uomo osservare con compiacimento la sua opera di canalizzazione del fiume, l’augurio è che uno sforzo condiviso possa presto dare nuova linfa allo sviluppo di questo territorio e divenire futuro motivo d’orgoglio per la comunità tutta.

Per maggiori info

www.montecarasso.ch/seminario_di_progettazione

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