La dia­gno­sti­ca

Intervenire sul patrimonio edilizio esistente in cemento armato

Come muoversi nella fase che precede il restauro del cemento armato? In che modo individuare i problemi e acquisire una conoscenza preventiva dell'opera che aiuti a impostare i lavori? L’Istituto materiali e costruzioni della SUPSI ha messo a punto un percorso metodologico che applica nell'ambito di consulenze specialistiche.

Data di pubblicazione
08-07-2020
Samuel Antonietti
Docente ricercatore senior del settore Tecnologia e durabilità dell’Istituto materiali e costruzioni IMC della SUPSI
Luigi Coppola
Professore del settore Tecnologia e durabilità dell’Istituto materiali e costruzioni IMC della SUPSI
Cristina Mosca
Ricercatrice del settore Tecnologia e durabilità dell’Istituto materiali e costruzioni IMC della SUPSI

Quando, nel 1931, la Conferenza internazionale di Atene approva «l’impiego giudizioso di tutte le risorse della tecnica moderna, e più specialmente del cemento armato» (Carta di Atene), il materiale diviene uno dei più diffusi e utilizzati nell’edilizia e nel genio civile e considerato un elemento espressivo caratterizzante dell’architettura moderna.

La conservazione dei manufatti in calcestruzzo armato, soprattutto di quelli faccia a vista, è un tema molto dibattuto. La consapevolezza che la durabilità di questo materiale, seppur considerevole, è condizionata da vari fattori (chimici, fisici, antropici ecc.), ha richiamato l’attenzione di diversi operatori portando all’attuale stato di avanzamento scientifico nel settore, soprattutto in termini di soluzioni tecniche. Esistono risposte apparentemente esaustive alle problematiche di individuazione delle forme di alterazione e alle loro cause in merito al consolidamento strutturale, resta però aperto il problema della conservazione dell’immagine architettonica. In questo breve articolo non si intende affrontare questa complessa problematica, che necessita di ampi dibattiti e casi studio reali con cui confrontarsi, piuttosto si ritiene utile e necessario ribadire l’approccio da seguire quando si interviene su manufatti in calcestruzzo armato.

In linea di principio ciò che caratterizza l’intervento sul patrimonio edilizio esistente, sia esso tutelato o meno, è il conseguimento preventivo di una conoscenza approfondita dell’opera: contesto, genesi del progetto, materiali costitutivi, fenomeni di alterazione e degrado, riconoscimento di eventuali precedenti interventi. Pertanto, la corretta impostazione di una campagna diagnostica rappresenta un passaggio fondamentale. Le principali fasi riguardano l’individuazione delle finalità analitiche, ovvero degli obiettivi di intervento (per es.: risanamenti completi/puntuali per il ripristino della funzionalità o dell’estetica; rinforzi strutturali per il ripristino della sicurezza ecc.); le tipologie di indagine da realizzare; la localizzazione e le modalità di eventuali campionamenti. Tali fasi devono essere accuratamente pianificate in pieno accordo fra le richieste del committente e le necessità conoscitive degli operatori qualificati e specializzati nel settore della manutenzione/conservazione delle opere in cemento armato.

L’Istituto materiali e costruzioni della SUPSI, nell’ambito della propria attività di ricerca, ha messo a punto un percorso metodologico per lo sviluppo delle attività analitiche, che applica nella prassi svolgendo attività di consulenza specialistica e contribuendo a diffondere buone pratiche operative.

Dapprima si procede con una fase di analisi visiva, una sorta di «triage» volendo usare il gergo medico, che ha lo scopo di riconoscere i sintomi e individuare le principali patologie. L’ausilio di personale formato e specializzato e l’uso di protocolli di indagine ad hoc per opere in cemento armato permette di valutare e selezionare rapidamente problemi e situazioni rispetto ai quali, in una seconda fase, sarà necessario intervenire e orientare gli approfondimenti diagnostici specifici. Si procede, dunque, per successivi livelli di approfondimento, per cui le osservazioni e le registrazioni dei fenomeni hanno lo scopo di valutare il quadro informativo e consentire di selezionare motivatamente le successive fasi di intervento (dal piano di indagine, ai tipi e alle modalità di intervento).

In termini generali, dunque, le attività analitiche si suddividono in:

  • indagini pre-diagnostiche: sopralluogo e raccolta di dati storico-geografici;
  • indagini diagnostiche: di tipo non invasivo (cioè indagini per le quali non è richiesto il campionamento di materiale dall’opera); e di tipo micro-distruttive e distruttive (cioè analisi che prevedono l’estrazione di uno o più prelievi significativi).

È opportuna una precisazione in merito al campionamento; infatti è evidente che, laddove non strettamente necessario, si dovrebbe evitare di prelevare campioni dall’edificio oggetto di indagine. Tuttavia, per l’esperienza maturata sul campo, bisogna essere consapevoli che a fronte del «sacrificio» di una parte originaria di materiale, la quantità di informazioni che si possono ottenere dalle analisi è estremamente ampia ed esaustiva per la conoscenza del calcestruzzo e dell’acciaio e dello stato di conservazione del manufatto. I punti, le modalità e la numerosità di campionamento sono parametri specifici da adottare a seconda delle esigenze diagnostiche e dello scopo ultimo dell’analisi, ma anche a seconda della strumentazione analitica che si intende utilizzare o della sequenza di indagini a cui il campione è sottoposto. A seconda delle finalità e del metodo di indagine i campioni possono essere prelevati in polvere, in carote, in frammenti. Anche questo è un aspetto molto rilevante da pianificare nell’attuazione di una campagna diagnostica che tiene in considerazione l’aspetto della conservazione dell’immagine architettonica.

Al bottone «Download» può essere scaricato un quadro sinottico delle principali tecniche di indagine disponibili per i manufatti in cemento armato.

Secondo quanto definito nel codice svizzero per la conservazione delle strutture in cemento armato: norma SIA 269/2, il livello di approfondimento della campagna diagnostica dipende dalla residua sicurezza strutturale e dai tipi e meccanismi di degrado. I risultati ottenuti dall’indagine e la loro interpretazione possono essere utilizzati per determinare i principi da applicare all’intervento (EN 1504-9, citata in SIA 269/2), scegliere i metodi di conservazione/ripristino, identificare i requisiti dei materiali da impiegare, definire e localizzare gli elementi interessati. L’applicazione della serie di norme EN 1504 (parti da 1 a 10), infatti, richiede, per l’esecuzione degli interventi di restauro del cemento armato, competenze specifiche sui fenomeni di degrado e sulle caratteristiche dei materiali per il ripristino.

Per realizzare interventi durevoli la conoscenza, attuabile con lo sviluppo delle attività analitiche oggi disponibili, è di tipo interdisciplinare perché coinvolge varie competenze. Scelte di intervento condotte in assenza di adeguate conoscenze e riflessioni possono portare a conseguenze, talvolta, irreversibili. Nella pratica, dunque, il momento conoscitivo precede sempre quello della proposizione. Questa logica è fondamentale affinché un’intenzione progettuale sia sviluppata garantendo la durabilità dell’intervento e la sua compatibilità con l’esistente.

Qui è possibile acquistare Archi 3/2020. Qui si può invece leggere l'editoriale con l'indice del numero.

Articoli correlati