Il Pa­laz­zet­to del­le scien­ze di Lu­ga­no

Un esempio di architettura brutalista

Data di pubblicazione
30-04-2024
Torsten Korte
assistente di ricerca presso l'Istituto di architettura della FHNW

Il palazzetto delle scienze del Liceo Cantonale di Lugano, inaugurato nel 1976 su progetto di Sergio Pagnamenta, costituisce un raro esempio di architettura brutalista in Ticino. Riunisce in un edificio una grande declinazione di espressioni diverse, con il suo carattere di fortezza nella facciata nord e le grandi aperture vetrate verso il lago a sud. Purtroppo la demolizione dello stabile, poco più di quarant’anni dopo la sua costruzione, è già decisa.

Negli anni Sessanta lo storico Palazzo degli Studi che ospita il Liceo Cantonale dal 1904 risulta sempre più inadeguato sia in termini di capacità, sia in termini di spazi per la didattica specializzata. Nonostante fosse già stata costruita una palestra-mensa dall’architetto Cino Chiesa nel 1951, si manifesta ormai la necessità di spazi moderni per le aule di scienze, equipaggiate quindi per esperimenti di fisica, chimica e biologia, nonché una piscina e una palestra aggiuntive, oltre a nuovi spazi per le collezioni del museo di storia naturale. Nel 1972 il Cantone bandisce quindi un concorso vinto dal progetto di Sergio Pagnamenta. I piani e i documenti presenti nel fondo Pagnamenta della Fondazione Archivi Architetti Ticinesi mostrano i vari stadi di sviluppo del nuovo edificio, e dopo alcuni adattamenti alle esigenze espresse dalla direzione e dai docenti del liceo, si realizza il fabbricato nella sua forma attuale col termine del cantiere nel 1976. 

Lo stabile, con struttura in cemento armato a vista, ha una pianta rettangolare, con undici pilastri portanti a ritmare le due facciate lunghe, che racchiudono a ogni piano un vasto spazio di circa 60 m x 18 m, libero per l’alloggiamento delle diverse funzioni. Tutte le partizioni interne sono amovibili e flessibili. Sul lato nord del volume principale sono collocate le due torri delle grandi scale a spirale che, inquadrando l’ingresso centrale, creano un avancorpo che accentua la simmetria della facciata. Il prospetto sud si apre verso il parco e il lago con grandi finestre dal ritmo regolare scandito dalla struttura portante. Le due facciate corte sui fianchi dell’edificio si presentano come muri lisci e quasi ciechi.

Al pianterreno si trovano unicamente l’ingresso e l’atrio con l’accesso ai due corpi scale. La vetrata interna dell’atrio permette allo sguardo di attraversare la piscina e la palestra, collocate al piano inferiore, e di spaziare sul parco e sul lago. In contrasto con la permeabilità visiva del pianterreno, il primo piano è completamente privo di aperture, per via della sua destinazione funzionale a museo di scienze naturali; mentre dal secondo al quarto piano, dove sono collocate aule e laboratori di biologia, chimica e fisica oltre a uffici del museo, gli spazi sono di nuovo caratterizzati da grandi aperture e trasparenza. In questi piani anche le partizioni interne sono vetrate, permettendo un’apertura totale da nord a sud.

La facciata nord, nonostante il suo linguaggio dichiaratamente brutalista, rievoca architetture storiche grazie all’uso espressivo del cemento armato che crea superfici chiuse come le due torri cilindriche quasi cieche che ricordano fortezze medievali e architetture difensive; mentre con la simmetrica formalità e l’ingresso rappresentativo rimanda a forme classiche, come quelle del vicino Palazzo degli Studi.

In modo più evidente l’architettura di Pagnamenta dialoga però con il linguaggio della biblioteca cantonale di Rino Tami. Versioni preliminari del progetto presenti nell’archivio dimostrano una somiglianza iniziale ancora più stretta tra i due edifici, per esempio nel disegno di alcune delle finestre a vetrocemento, poi abbandonato nel progetto definitivo. 

Al di là della sua espressività e della cura dei dettagli, notevole anche per l’alto livello di qualità architettonica degli edifici degli anni Sessanta/Settanta in Ticino, il palazzetto si distingue anche per la semplicità e flessibilità degli spazi interni. Tutte queste qualità rendono l’imminente demolizione dell’edificio ancora più deplorevole, considerando che un riuso e un risanamento sarebbero stati facilmente praticabili.

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