Dia­rio del­l'ar­chi­tet­to, set­tem­bre 2013

Il concetto di Città Ticino nel Piano Direttore Cantonale è un progetto concreto, non una visione.

Data di pubblicazione
19-12-2013
Revision
15-10-2015

C’è chi ha delle visioni

Personalmente, la parola «visione» mi ha sempre dato fastidio. Le visioni le hanno avute poche persone, e sono oggi tutti dei santi, o delle sante. Del resto, la Treccani ne dà due definizioni, una diciamo positiva, l’altra negativa. Quella positiva: «Visione: Apparizione, immagine o scena del tutto straordinaria, che si vede, o si crede di aver visto, in stato di estasi o di allucinazione, o in situazioni e per cause miracolose e soprannaturali, oppure anche in sogno: una ragazza che dice di avere avuto la v. della Madonna; le v. degli asceti, dei profeti; soffrire di visioni, avere delle v.». La definizione negativa: «Visione: Fantasticheria priva di reale fondamento, utopia, progetto irrealizzabile: ma queste sono v.! il suo non è un progetto di riforma sociale, è una visione». Eppure oggi è sempre più frequente usare la parola «visione» per indicare un progetto, un’idea. In un recente workshop cui ho partecipato, avente per tema un vasto progetto territoriale, subito all’inizio è stato chiesto a ogni partecipante di scrivere su un foglio la propria visione in merito a quel tema. Ohibò, una visione!

C’è chi parla di Città Ticino

Il Piano Direttore Cantonale non è una visione, ma un progetto concreto. Almeno così lo confermano tutte le varie istanze politiche che lo hanno approvato, dal Consiglio di Stato al Gran Consiglio al Consiglio Federale. Ora in vigore, questo grande progetto urbanistico su tutto il territorio cantonale è oggi vincolante. Ed è di grande valore, basato su un concetto (si badi bene: un concetto, non una «visione») chiaro e preciso: la Città-Ticino. 

Già nelle prime righe dell’Introduzione, tra Gli obiettivi pianificatori cantonali si afferma che «... per essere attori del proprio futuro occorre un progetto che guidi il Ticino attraverso il flusso dei cambiamenti. Questo progetto necessita dell’impegno di tutti - forze pubbliche e private; deve essere realistico, cioè tenere conto delle tendenze in atto e inserirsi in esse per cogliere le opportunità e minimizzare i rischi; e infine deve attuarsi a tutti i livelli in modo coordinato: da quello locale, a quello regionale e poi cantonale e federale. Questo progetto esiste: si chiama Città-Ticino. È esplicitamente definito nel nuovo Piano direttore cantonale. È un progetto territoriale e perciò coinvolge direttamente o indirettamente tutte le politiche pubbliche che esplicano effetti sul territorio ...» (Piano Direttore Cantonale, Gli obiettivi pianificatori cantonali, novembre 2007). Più oltre si aggiunge che «... la tendenza di sviluppo è già in atto, ma con questo progetto territoriale si vuole incentivare un’evoluzione equilibrata, legando tutte le parti tramite una rete di strutture efficienti affinché ogni regione possa valorizzare le proprie peculiarità. In questo modo Città-Ticino assumerebbe peso sufficiente per dialogare con le altre regioni d’Europa». 

C’è chi parla di TILO

Però oggi mi viene qualche dubbio – ahimè – che le «visioni» esistano davvero. Il 22 agosto scorso il Consiglio di Stato ha deciso di sopprimere la tratta ferroviaria Chiasso-Como-Albate, il prolungamento della linea Tilo in Italia pagata in misura del 75% dal Cantone e il 25% dai Comuni. Motivo: la scarsa accoglienza che questa offerta ha avuto presso gli utenti, solo una media 300 passeggeri il giorno. Davvero pochi, non c’è dubbio. Non solo una questione di numeri però, almeno a leggere quanto scrive un lettore del quotidiano online «La Provincia» «... per capire questa decisione svizzera basta guardare dove termina la corsa di questi treni, Albate-Camerlata, dove tutto è degrado. All’inaugurazione di questa linea transfrontaliera da parte italiana erano stati promessi nuovi grandi parcheggi e molta accoglienza. Come al solito promesse italiane da presa in giro. La stazione di Albate è fatiscente, abbandonata, imbrattata ... con rifiuti in ogni angolo e asfalto inesistente. 

Il grande parcheggio promesso è rimasto sulla carta». Questa decisione del Consiglio di Stato è un brutto colpo alla politica del trasporto pubblico in Ticino, dove TILO è fiore all’occhiello di una strategia cantonale volta a favorire e promuovere la mobilità collettiva. E che ha avuto un successo di utenza ben superiore alle aspettative: guai a toccarlo, quindi. E infatti le reazioni non si sono fatte attendere. Per l’Associazione ticinese degli utenti del trasporto pubblico (Astuti) è «... un fulmine a ciel sereno, difficile da comprendere malgrado la situazione finanziaria del Cantone ... delude che si considerino i mezzi pubblici come i rami più facili da tagliare» quasi fossero «... un lusso per tempi di vacche grasse». Per il presidente della Commissione regionale dei trasporti del Mendrisiotto Mauro Carobbio occorre capire «... se dietro questa decisione c’è un tema strategico oppure si tratta di un lavoro di taglio economico con magari poco esame a livello di conseguenze». 

Eppure, in merito al trasporto pubblico la strategia precisata dal Piano Direttore – e oggi vincolante – esiste, ed è complementare e indispensabile al progetto di Città-Ticino. La scheda M7 del Piano Direttore «Sistema ferroviario regionale Ticino-Lombardia - Tilo» prevede il potenziamento del trasporto pubblico quale risposta strategica all’aumento del traffico (stimato del 34% nel 2020 rispetto al 2000) e afferma che «... l’evoluzione del progetto consentirà alla Città-Ticino di disporre di un mezzo di trasporto di carattere metropolitano con tempi di percorrenza sensibilmente ridotti rispetto a quelli odierni e quindi molto attrattivi per l’utenza» e che non solo coprirà il territorio cantonale, ma si estenderà anche oltre frontiera, perchè la realizzazione di questo progetto definito prioritario «... va perseguito e sostenuto nell’ottica di integrare tra loro gli agglomerati del Cantone e quelli di Como e Varese, di creare un collegamento ferroviario diretto con l’aeroporto internazionale di Milano-Malpensa, di migliorare l’allacciamento della Città-Ticino alla rete delle città svizzere, lombarde ed europee, di rafforzare la coesione tra regioni periferiche e poli urbani».

A leggere queste affermazioni, giuridicamente vincolanti, non si capisce questa decisione del Consiglio di Stato. Parlare di costi per un’utenza insufficiente non ha senso, si pensi allora ai deficit di altri trasporti pubblici, come le autopostali che salgono fin dentro le valli o certe linee bus dirette nelle periferie delle città ticinesi. Se si guardasse solo «al soldo» ben poche si salverebbero. E quindi, perchè sopprimere questo primo e unico collegamento in «metropolitana» tra Ticino e Italia? O detto ben altrimenti: la Città-Ticino è un concetto cui il Cantone crede e il Piano Direttore è un progetto concreto e vincolante? Oppure è una serie di affermazioni chimeriche? Spero proprio che non sia una «visione», né «... un’immagine o scena del tutto straordinaria, che si vede, o si crede di aver visto, in stato di estasi o di allucinazione» e neppure una «... fantasticheria priva di reale fondamento, utopia, progetto irrealizzabile».

C’è chi dice: Lugano può diventare la Beverly Hills

Parliamo di altre visioni, che in paradiso sono di casa. Ma qui per Paradiso intendo il Comune. Che adagio adagio, passo dopo passo, si direbbe sia diventato il centro città di questa Città-Ticino. Almeno così parrebbe nel percorrere le sue strette strade interne tra palazzi alti sette o otto piani o anche più, forse l’area urbana più densa di tutto il Cantone, anche se questa mia osservazione è statisticamente sbugiardata dai boschi e da tutto quanto non è edificabile. Una politica di densificazione per certi versi interessante da seguire, ma che occorrerebbe a un certo punto anche valutare. Quello però che lascia perplessi (per usare un eufemismo) è quanto avviene lassù in alto, sulle pendici del San Salvatore, dove è in costruzione un quartiere abitativo con volumi complessivamente della stessa altezza – tra piani abitabili e muri di sostegno e quant’altro – di quelli posti nella zona densa dell’area pianeggiante in centro. Come se fosse indifferente costruire lassù o laggiù.

Sono quindi perlomeno curiose le affermazioni di un collega architetto «project manager» di questo complesso abitativo (non ne è il progettista) apparse su un quotidiano locale, tempo fa. Dopo aver ricordato che è stato come costruire 200 case unifamiliari da 500 metri cubi l’una, per nulla impressionato di doverle inserire e incastonare e incastrare nella montagna, afferma che per garantire, come previsto a pr, la «... vista dal percorso vita soprastante, abbiamo dovuto fare il piano tetto a livello del pian terreno». Quindi: «È stato un cantiere impegnativo, con uno scavo impressionante». Liquidata la pendenza con il paesaggio, l’intervista prosegue sulle vendite degli appartamenti, nei quali «... ci verranno ad abitare italiani, belgi, russi, statunitensi e qualche ticinese». E prosegue: «Paradiso per questo è all’avanguardia, perchè da prima della famosa votazione prevede che il 70% delle abitazioni siano destinate a residenza primaria. Si tratta di persone che o sono già qui, o per la gran parte si spostano qui. Ci sono dei globalisti ma anche imprenditori che hanno la loro attività in Italia ma che per vivere scelgono il Ticino.».

Liquidata la pendenza con inquilini e «letti freddi», per l’architetto project manager la tendenza che si può tracciare è che «... Lugano in futuro potrebbe diventare la Beverly Hills di Milano». Con queste parole si chiude il cerchio sulle «visioni». Oppure mi sbaglio, di cerchio se ne apre un altro: il programma Word con cui sto scrivendo, tra i contrari della parola «visione» suggerisce «... cecità, realtà, concretezza, materia».

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