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Tecniche di ristrutturazione per il «Vignetta» dell’Accademia

L’articolo illustra alcuni dei lavori effettuati nei piani superiori dello stabile Vignetta a Mendrisio, che è stato ristrutturato per trasformare i vecchi appartamenti in uffici.

Data di pubblicazione
09-08-2017
Revision
09-08-2017
Pietro Brenni
Ingegnere, svolge attività professionale presso Brenni Engineering, Mendrisio

Lo stabile denominato Vignetta (dal nome dello storico ristorante-bar che occupava il piano terreno) è un edificio costruito all’inizio del secolo, situato al centro del Campus dell’Accademia di Architettura di Mendrisio. È stato acquistato nel 2015 dall’USI – Università della Svizzera italiana – con l’obiettivo di destinare i locali dei piani superiori a uffici per il personale docente dell’Accademia. 

Presentiamo questo lavoro come caso studio di ristrutturazione di un edificio tradizionale (solai in legno e pareti portanti in pietra) con particolare attenzione ai lavori di adeguamento degli impianti e di ristrutturazione dei solai lignei non più idonei a resistere ai carichi di progetto attuali. I solai lignei sono una tipologia molto frequente e sono costituiti da travetti di legno sui quali poggia un assito a contenimento del materiale di riempimento sul quale veniva posato il pavimento. In funzione del degrado del solaio o delle riserve di sicurezza dei travetti in legno in funzione dei nuovi carichi, sono state adottate due diverse tipologie di intervento: 1) conservazione, recupero e rinforzo – dove possibile – della struttura originale; 2) sostituzione completa mediante la realizzazione di nuovi solai con travi in laterocemento e pignatte in laterizio successivamente ricoperte da calcestruzzo. 

Progetto generale

Dato il particolare carattere dell’edificio gli interventi sono stati orientati alla conservazione. In particolare si sono mantenuti – dove possibile – i solai e i serramenti originali. La finitura di tutti i solai risanati (10 locali) è in calcestruzzo a vista lisciato e cerato. Tracce delle successive trasformazioni dell’edificio sono state conservate e lasciate a vista, come nel caso del secondo corpo scale che è stato eliminato con un taglio poiché i gradini erano incastrati nella muratura portante. Le tracce della scala tagliata sono state lasciate a vista.

Le murature dell’edificio sono in pietra, fatto che avrebbe reso molto onerosa l’apertura di scanalature, si è pertanto optato per una soluzione con impianti a vista: canalette per l’elettricità e tubi non isolati per i nuovi termosifoni. In alcuni locali mancavano infatti i corpi riscaldanti, per la loro installazione si è proceduto innestando sul circuito preesistente nuove tubature che, come quelle originali, corrono fuori muro e alimentano i nuovi termosifoni. Una vecchia scala che conduce al sottotetto è stata recuperata e messa in sicurezza con nuovi corrimani e parapetti realizzati con tondino da armatura.

Prima dell’intervento i locali al primo e al secondo piano erano appartamenti e necessitavano di una ristrutturazione. La normativa in vigore prevede che i solai dei locali destinati a uffici debbano essere in grado di sopportare un carico utile pari a 300 kg/m2. Il rilievo delle dimensioni, lunghezza, sezione e del ritmo delle travature esistenti, così come i sovraccarichi dati dal materiale di riempimento e dai pavimenti, determinano il carico utile residuo dei solai. Esso può variare per ogni locale in dipendenza dei parametri elencati. Alcuni pavimenti erano rivestiti con parquet, alcuni con linoleum, altri con piastrelle in cotto o con massetto; molto spesso i rivestimenti erano posati su un sottofondo in sabbia o malta che in alcuni casi misurava fino a 10 centimetri di spessore. L’analisi ha messo in evidenza che il carico utile residuo era pari – nei casi più critici – a 110 kg/m2, ovvero di 2/3 inferiore rispetto al minimo richiesto dalla norma. Il risultato dell’analisi ha evidenziato che i solai di otto locali dovevano essere risanati. Per ottimizzare l’intervento si è optato per una soluzione puntuale e differenziata. Nei casi dove è stato possibile è stata conservata e consolidata la struttura lignea esistente, dove invece questo non era possibile i solai sono stati rimossi e sostituiti da una nuova struttura in latero–cemento. Quattro solai sono stati risanati, quattro demoliti e ricostruiti. Questa operazione ha permesso di comparare le due tipologie di intervento. 

Intervento di demolizione e sostituzione

Per quattro degli otto locali, quelli sul lato nord, lo stato di deformazione irreversibile dei solai ne ha reso inevitabile la sostituzione. Per la costruzione di nuove solette in ogni locale sono state fabbricate due travi in calcestruzzo armato che hanno modificato il senso della portata dei solai, andando a scaricare i carichi sulle generose pareti portanti in pietra. Per la loro realizzazione sono state realizzate delle tasche nelle pareti, in seguito sono stati posati l’armatura in ferro e i travetti trasversali prefabbricati che sorreggono le pignatte in cotto. Infine è stata gettata la soletta di completamento fino alla quota del grezzo, mentre il rivestimento finale (massetto connesso) è stato gettato e lisciato in una fase successiva. Per ogni pavimento, pertanto, sono stati eseguiti due getti. Le tappe esecutive prevedono un sistema di puntellazione dal basso, puntellazione non sempre semplice in considerazione della salvaguardia dei soffitti. Si è proceduto gettando in una prima tappa i solai del primo piano (puntellati dal piano terreno), poi quelli del secondo piano, puntellati dalla soletta del primo piano.

Intervento di recupero e rinforzo

Il principio di funzionamento del recupero di solai con travetti in legno mediante l’impiego di connettori e il getto di una soletta in calcestruzzo armata presuppone la realizzazione di una collaborazione tra il legno e il calcestruzzo, incrementando sia la capacità portante sia la rigidezza del solaio. Se in origine l’elemento portante è costituito dal travetto e i rimanenti materiali costituiscono il carico permanente, con la realizzazione della connessione alla soletta in calcestruzzo si ottiene una sezione mista collaborante. La rigidezza della struttura mista legno-calcestruzzo, a differenza delle più conosciute travi composte acciaio-calcestruzzo è influenzata dalla deformabilità della connessione. Esecutivamente la prima fase del lavoro ha comportato la rimozione dei rivestimenti esistenti e dei relativi sottofondi, fino ad arrivare al livello dell’assito per valutarne, come per i travetti, lo stato di conservazione, che si è rivelato quasi sempre ottimo. Di seguito si è proceduto alla posa di un telo traspirante idrorepellente impermeabile al passaggio dell’acqua, adagiato sull’assito. Questo ha permesso di prevenire la percolazione di boiacca. I connettori sono stati successivamente avvitati a contatto al travetto sottostante con lunghe viti. È stata poi stesa una rete metallica elettrosaldata ed effettuato un getto in calcestruzzo dallo spessore variabile tra 8 e 12 cm che ha definito la quota del finito; il calcestruzzo è stato successivamente lisciato. Nel nostro caso la superficie del pavimento finito coincideva con il getto in calcestruzzo. Questo presuppone una lavorazione caratterizzata da grande accuratezza. Per l’intervento di risanamento si è realizzato un solo getto. Anche in questo caso si è resa necessaria la puntellazione dal basso.

Conclusione

Alla fine dei lavori è stato possibile comparare le tecniche di intervento (sostituzione/recupero); rispetto alla demolizione, l’intervento di recupero con l’uso di connettori combinato al getto di una soletta in calcestruzzo armato si è rivelato conveniente da due punti di vista: più veloce nella messa in opera e considerevolmente più vantaggioso dal punto di vista economico.

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