Brut­to o bel­lo?

Speculazione edilizia o Cultura della costruzione?

Data di pubblicazione
08-04-2022

L'articolo di Andrea Stern La grande bruttezza apparso recentemente su «La Domenica»,1 ha colto di sorpresa tutti coloro che si occupano di progettazione, di storia dell'architettura e dell'urbanistica, e che sono attenti alla cultura locale, perché da anni si parla (tra gli addetti ai lavori) di Cultura della costruzione, e da non molto questo soggetto, che riguarda tutta la società civile, è stato riportato alla ribalta anche dalla necessità impellente di gestire la transizione ecologica.

Trattare un argomento così delicato con un taglio provocatorio è utile probabilmente ad aumentare la tiratura, ma in realtà serve poco ai lettori interessati nel capire le ragioni che governano i cambiamenti dell'ambiente costruito in cui vivono. Non senza malizia si chiamano in causa esponenti del settore e si compone il collage delle diverse opinioni (alcune delle quali irrispettose o fuori luogo); ed è proprio nel montaggio, che si percepisce l'approccio strumentale.

I problemi che affliggono il nostro territorio sono ben più gravi e hanno radici molto più profonde di quanto si pretende di riportare nell'articolo, e mischiare architettura, edilizia, pianificazione e patrimonio non può essere di aiuto ai cittadini, neppure per iniziare a comprendere un argomento che è, per forza di cose, ampio e complesso. Tanti sono i punti di vista e i pareri, e il rischio di fare confusione o di semplificare all'eccesso è reale, così reale che il servizio de «La Domenica» ne è un esempio lampante.

Che sia «bello o che sia brutto» un edificio poco importa nei termini sollevati dall'articolo, perché non sono questi i parametri per determinarne le qualità; altri e numerosi e più sottili sono gli strumenti che bisogna utilizzare. Limitare la questione a un approccio spontaneo e soggettivo (mi piace o non mi piace) corrisponde a svilire il dibattito facendo un pessimo servizio a una corretta informazione. È anche molto diffuso l'atteggiamento semplicistico che oppone il concetto di patrimonio e di preservazione a quello di qualità del nuovo, del progetto contemporaneo. L'articolo di Stern ignora con grande perizia le ragioni di fondo che hanno penalizzato il nostro territorio e le nostre città, utilizzando con superficialità luoghi comuni e giudizi estetici che spesso non sanno differenziare speculazione edilizia da architettura e, soprattutto, senza minimamente affrontare la questione sostanziale dei danni che la speculazione selvaggia del mercato immobiliare infligge all'ambiente costruito.2

SIA e FAS dal 2010, prime tra tutte, hanno promosso la discussione sulla Baukultur a livello interdisciplinare.3 La fondazione Culture du Bâti (CUB) prima,4 e la Fondazione Cultura della costruzione Svizzera poi,5 hanno raccolto la sfida di promuovere pubblicamente questo concetto in Svizzera. La Dichiarazione di Davos6 ha portato il dibattito sul piano politico e internazionale, anche se con delle lacune evidenti (nella Dichiarazione il termine architettura non è neppure citato), ma è con le regole enumerate dall'Ufficio federale della cultura7 che la Cultura della costruzione è diventata un argomento per tutti. E così deve essere.

All'inizio dello scorso febbraio espazium - Edizioni per la cultura della costruzione (il nostro editore) ha distribuito gratuitamente oltre 20'000 esemplari della pubblicazione Cultura della costruzione: qualità e critica,8 un volume in tre lingue di un centinaio di pagine. Un'operazione molto onerosa voluta dalle quattro redazioni della casa editrice, per promuovere una visione ampia, articolata, multidisciplinare e multiculturale della Cultura della costruzione svizzera. 

In questo, che auspichiamo essere il primo appuntamento di una collana, le redazioni assumono una posizione critica rispetto agli enunciati politici della Baukultur ufficiale e propongono una lettura ragionata di tredici opere che spaziano dall'architettura all'ingegneria, dal paesaggio alla realtà aumentata, per spiegare quali sono le qualità che rendono un'opera esemplare. Un esercizio intellettuale che va al di là del mero concetto di gusto. Lungi dal voler fornire soluzioni facili o preconfezionate gli autori argomentano il loro punto di vista, proponendo così una varietà di possibili letture dei casi presi in esame. Le uniche verità che possiamo dedurre da questo esercizio di critica è che il bello non fa parte delle argomentazioni quale valore assoluto di giudizio e che la qualità di un'opera è da esaminare in funzione dell'ambiente che l'ha generata e del momento storico che l'ha prodotta: perciò i parametri per valutare un'opera contemporanea di valore (di qualità) a Giornico sono differenti da quelli considerati per un'opera contemporanea di qualità realizzata nel centro di Zurigo. Il libro è stato realizzato adottando un linguaggio volutamente privo di tecnicismi per offrire al più ampio pubblico degli spunti di riflessione sulla qualità del patrimonio materiale che costituisce il nostro spazio di vita.

Se abbiamo ritenuto opportuno replicare all'Ufficio federale della cultura che con otto criteri non è possibile determinare se un'opera sia di qualità o meno figuriamoci se siamo pronti ad accettare un banalissimo giudizio estetico brutto o bello? La domanda pertinente da cui partire sarebbe invece: speculazione edilizia o Cultura della costruzione?

Note

 

1 Cfr. A. Stern, La grande bruttezza, «La Domenica», settimanale del «Corriere del Ticino», 23.01.2022.

 

2«Voci autorevoli si sono alzate negli ultimi decenni per denunciare la devastazione speculativa del territorio, esprimendo la necessità di tutela del patrimonio architettonico e paesaggistico e quindi l'esigenza di densificazione dei tessuti urbani abbandonati al laissez faire del mercato. Questi contributi hanno via via individuato le ragioni storiche che hanno condizionato l'impetuoso sviluppo edilizio: estrema parcellazione del suolo, predominio degli interessi privati su quello pubblico, latitanza della politica [...]». Significativo davvero che questi aspetti sostanziali siano stati oscurati nel servizio in questione da triviali considerazioni «estetiche». Cfr. M. Daguerre, L'abitare contemporaneo in Ticino: https://www.espazium.ch/it/attualita/labitare-contemporaneo-ticino. Sui tanti temi basilari non affrontati dall'articolo a cui si fa riferimento si veda inoltre: idem, Costruire luoghi nella città diffusa, Archi 4/2021: Luoghi collettivi nella città contemporanea, https://www. espazium.ch/it/attualita/costruire-luoghi-nel-la-citta-diffusa.

 

3Nel marzo 2010 su iniziativa della SIA e con il sostegno della FAS si è tenuta la prima tavola rotonda sulla Cultura della costruzione svizzera. Cfr. La cultura della costruzione. Una sfida della politica culturale (manifesto). https://www.sia.ch/fileadmin/content/download/SIA_allgemein/reden/1105_Positionspapier_Baukultur_it_web.pdf.In questo ambito è utile ricordare che le riviste Archi, TEC21 e Tracés in quanto organi ufficiali SIA, nonché la piattaforma espazium.ch, hanno da subito ripreso gli argomenti sui rispettivi media.

 

4 Tra i membri fondatori della Fondation Culture du Bâti (CUB), costituitasi a Losanna nel 2016, compare la rivista Tracés della rete editoriale Espazium, https://fondationcub.ch/.

 

5 Istituita nel 2020 https://www.stiftung-baukultur-schweiz.ch/netzwerk.

 

6 Dichiarazione di Davos (2018), Ufficio federale della cultura. Sezione cultura della costruzione, Berna, https://www.bak.admin.ch/bak/it/home/baukultur/konzept-baukultur/erklaerung-von-davos-und-davos-prozess.html

 

7 Cfr. https://www.bak.admin.ch/bak/it/home/baukultur/konzept-baukultur/strategie-baukultur.html.

 

8 Cfr. Cultura della costruzione: qualità e critica / Culture du bâti: qualité et critique / Baukultur qualität un kritik, espazium - Edizioni per la cultura della costruzione, Zürich 2022. Archi, Tec21 e Tracés sono le tre testate cartacee in italiano tedesco e francese, espazium.ch la piattaforma digitale multilingue.

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