Bam­bi­ni, de­si­gn e ap-pro­va­zio­ne del quar­tie­re

Progetti di ieri e di oggi per costruire l’università di domani

L’identità del cittadino si sviluppa grazie a un processo di appropriazione, di rendere proprio il luogo del suo abitare, che è anche legato alla mobilità. Il suolo pubblico delle città si è trasformato progressivamente seguendo l’evoluzione delle modalità dei popoli di muoversi.

Data di pubblicazione
04-10-2017
Revision
04-10-2017

I romani pavimentavano molte delle loro strade e piazze mentre in altre epoche, dal Medioevo alla rivoluzione industriale, il suolo era per lo più costituito da terra battuta con una quota stradale unica per pedoni e cavalli. Le vie erano polverose, piene di fango a causa della pioggia. Solo alcune zone privilegiate venivano pavimentate. L’evoluzione tecnica e quella dei mezzi di trasporto, dal cavallo all’automobile, ha permesso l’apparire dei marciapiedi e quindi delle due quote tipiche di una strada di oggi: quella pedonale e quella carrabile. Realizzate in asfalto esse poterono diffondersi a tutto il tessuto viario cittadino. Oggi esistono diverse tipologie di strade il cui disegno (sezione stradale e pavimentazione) è codificato e standardizzato (i boulevard, le strade d’incontro) dove è anche prevista la presenza di verde cittadino costituito da alberi e aiuole; spazi che possono essere progettati per essere accoglienti, continui, sicuri.

Jane Jacobs, giornalista e sociologa americana, negli anni Sessanta sosteneva: «Le strade e i marciapiedi costituiscono i più importanti luoghi pubblici di una città e i suoi organi più vitali. Quando si pensa a una città, la prima cosa che viene alla mente sono le sue strade: secondo che esse appaiano interessanti o insignificanti, anche la città appare tale».1

Le città si modificano continuamente, e così le culture del dimorare. Nel caso di Lugano questo processo ha subito un’accelerazione dal dopoguerra in poi, con uno sviluppo territoriale importante culminato con le recenti aggregazioni. Il traffico è sintomo di questi forti mutamenti in un territorio dalla conformazione ostile a facili soluzioni.

Se analizziamo il caso del quartiere di Viganello, un tempo Comune, che conta ora più di settemila abitanti, troviamo tutti gli elementi per l’analisi di un caso paradigmatico.

Un territorio pensato per essere autonomo, con le sue sedi politiche, scolastiche, religiose, e con le attività primarie e secondarie, servito dalla propria infrastruttura viaria, oggi è diventato un tassello del puzzle della Grande Lugano. È interessato da un traffico di frontiera, dal valico di Gandria, e anche dalla galleria Vedeggio-Cassarate.

L’allacciamento di un sistema autonomo a un sistema più grande produce un insieme di stratificazioni. Questo accumularsi è come un libro scritto in diverse epoche da tante mani. Si trovano marciapiedi che spariscono in uno spigolo di una casa che si infila sulla strada; pavimentazioni di vie e marciapiedi con materiali, colori, forme, dimensioni e quote variegate. Ostacoli sui percorsi pedonali; spazi con funzioni diverse che premono gli uni sugli altri, spintonandosi, deformandosi, soprattutto nei luoghi dove questi flussi si comprimono in colli di bottiglia; auto che si appropriano di spazi pedonali e pedoni di quello viario. La pressione dello sviluppo del nuovo sull’esistente che resiste: lo spazio è il medesimo, le esigenze sono aumentate, la sicurezza spesso ne risente, e così è coinvolta la qualità dell’abitare.

Un’evidente conseguenza negativa per i quartieri interessa i percorsi casa-scuola, problema annoso anche per molte associazioni di quartiere. Nasce così il progetto «Bambini, design e ap-propriazione del quartiere», frutto di un lavoro interdisciplinare di ricerca e didattica promosso dal Laboratorio cultura visiva, in collaborazione con l’Istituto scienze della Terra e il Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI, sotto il mandato del Municipio della Città di Lugano e dell’Istituto scolastico zona Monte Brè, portato avanti in una dimensione di collaborazione attiva tra le discipline del design, dell’architettura, della comunicazione visiva, della sociologia visuale, della pedagogia e quelle rivolte alla salvaguardia dell’ambiente.

Con l’obiettivo di identificare soluzioni di intervento applicabili a tutte le sedi scolastiche della Città di Lugano, volte al miglioramento della sicurezza dei bambini lungo il tragitto casa-scuola, l’analisi del caso di Viganello ha permesso lo sviluppo delle seguenti attività: definizione dello stato dell’arte sulla mobilità lenta e sull’appropriazione del quartiere da parte dei bambini; preparazione di un progetto di ricerca inoltrato al Fondo Nazionale Svizzero; svolgimento di un progetto di diploma in comunicazione visiva sulla segnaletica e sulle mappe per i percorsi casa scuola di Viganello; realizzazione di progetti nell’atelier del terzo anno del Corso di laurea in Architettura d’interni sull’identità urbana del quartiere preso in esame; effettuazione di un’indagine fotografica sullo stato dei marciapiedi di Viganello svolta all’interno de corso di Estetica e comunicazione (Corso di laurea in Comunicazione visiva). Questo lavoro è stato raccolto in un report finale.2

La raccolta di buone pratiche ha permesso di pensare che sia possibile progettare le strade e il suolo pubblico partendo dal punto di vista del bambino.

Questo punto di vista non è infantile, banale, ma piuttosto è percettivo ed essenziale nel determinare gli elementi di qualità e quindi di sicurezza della strada. Potrebbe rappresentare lo standard per il progetto di uno spazio urbano valido per tutti. Kevin Lynch sosteneva, in uno studio sul crescere in città, che l’educazione a vedere gli spazi urbani vada in parallelo con la loro buona progettazione.3 Il progetto delle strade prende conoscenza e coscienza dell’identità dei luoghi che connotano il quartiere, insieme ai bambini e ai cittadini. Questo è un modo per appropriarsi dei luoghi, quelli che parlano, che raccontano più degli altri; e le loro parole sono edifici, muri, intonaci, corti, giardini, piazze, spigoli, monumenti, alberi, selciati e altro ancora all’interno di un possibile percorso. Luoghi che invitano ad appropriarsi del quartiere, ad essere loro i segnali, piuttosto che applicare una segnaletica in modo avulso.

Le ermeneutiche del Novecento hanno spiegato il valore positivo delle pre-comprensioni. Nel suo abitare l’uomo è guidato da percezioni, opinioni, sensazioni che vengono prima di una comprensione razionale a cui si è giunti per riflessione accurata. Sono una eredità culturale che i bambini apprendono vivendo, per esperienza. L’abitare la polis è fatto in gran parte da stime: stimiamo le distanze, la pericolosità di una situazione, la bellezza di un luogo. Chi progetta deve essere consapevole che la stima che fa un bambino di prima elementare non è quella di un adulto. Altri aspetti percettivi vanno considerati: le caratteristiche della strada sono stabilite con altri criteri da un automobilista o da un pedone. Nel report sul progetto è presente una sequenza fotografica che bene illustra questa situazione problematica.

I progetti per lo spazio e l’arredo urbano si sono occupati di aree chiave per i percorsi casa-scuola del caso Viganello, e per la vita comune del quartiere (Figure 2-9). Alcune delle proposte confermano le riflessioni anticipate da Jane Jacobs, che spiega quelle che lei definisce le «funzioni dei marciapiedi»4 in due elementi essenziali: la «sicurezza» soprattutto data dalla presenza di piccole attività commerciali che fungono da elemento di controllo e che per questo, aggiungiamo noi, necessitano di un progetto dello spazio marciapiede adeguato al passeggio e allo stare; i «contatti umani» perché i quartieri ricchi di vita collettiva sono anche i più sicuri e perché gli spazi che ospitano questa vita collettiva devono essere pensati e attrezzati per questo scopo.

Per progettare i percorsi bisogna prendere conoscenza e coscienza dell’identità dei luoghi che connotano il quartiere, quelli che raccontano, nel bene e nel male, più degli altri; le parole di queste narrazioni sono elementi architettonici che possono divenire segni di un bel percorso. Fattori che possono essere i segnali di un cammino. Si tratta di educazione alla stima, al saper valutare la qualità dell’abitare e di ciò che identifica le nostre città.

L’auspicio è di andare verso una progettazione che sappia tramutare i problemi della viabilità in un processo virtuoso volto all’appropriazione della polis da parte del cittadino sin dalla sua infanzia.

  1. J. Jacobs, The Death and Life of Great American Cities, Random House, New York, 1961.
  2. M. Amadò, V. Moretti, L. MAssa, Bambini, design e ap-propriazione del quartiere. Il caso dei percorsi pedonali casa-scuola, Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, Lugano 2011 (http://www.supsi.ch/dacd/dipartimento/pubblicazioni/report-e-ricerca/2011/percorsi-pedonali-casa-scuola.html).
  3. K. Lynch, Growing up in cities, MIT Press, Cambridge (MA) 1977.
  4. J. Jacobs, The Death and Life, cit.
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