Au­to­fo­cus – Lu­ca Fer­ra­rio

Fotografia d'architettura nella Svizzera italiana

Nel 1960 Fernand Pouillon scriveva: «L'illustrazione del libro d'architettura appartiene oggi ai fotografi. Le riviste contemporanee, che pure hanno a disposizione i disegni originali […], preferiscono la fotografia». Sessant'anni dopo è ancor più evidente come quest'arte abbia plasmato lo sguardo sull'architettura: se la realizzazione di un progetto è suggellata proprio dal momento in cui se ne scattano le fotografie, i rendering non sono altro che “previsioni” di fotografie, fotografie dal futuro. In un territorio ristretto come la Svizzera italiana è allora interessante capire chi sono i fotografi che guidano il nostro sguardo sul panorama costruito. Abbiamo posto loro cinque domande, sempre le stesse, per dare conto delle prospettive di ciascuno sul proprio mestiere.

Data di pubblicazione
27-05-2020

Come ha iniziato ad occuparsi di fotografia d’architettura? 
La fotografia è più che una passione, è magia che mi accompagna fin da bambino. È nata grazie all’incontro con persone che mi hanno mostrato come si poteva creare la bellezza attraverso una macchina fotografica.
È parte di me: continuo a studiare, a migliorare le tecniche, a sperimentare l’uso delle luci e delle ombre combinandole all’inverosimile.
L’architettura è passione ed ossessione: come la fotografia, è una forma d’arte. La prima alimenta la seconda e viceversa.

Con quali architetti collabora più spesso? Ci racconterebbe un aneddoto legato a uno di loro?
Collaboro con studi prestigiosi in Svizzera e all’estero che, grazie all’evoluzione degli ultimi anni nel fare architettura, attribuiscono sempre più attenzione all’importanza dell’immagine. Non ci sono aneddoti particolari ma rapporti di stima e fiducia reciproca.

Secondo lei la fotografia d'architettura ha un modo diverso di approcciarsi ai suoi soggetti rispetto alla fotografia tout court? Se sì, quali sono le differenze?
Sì, la mia fotografia non è fatta di “immagini rubate”: il mio è un contributo di sguardo.
La foto rivela una verità nascosta che in realtà sta davanti a noi. Con la fantasia sostituisco la semplice realtà oggettiva a quella interpretata. Attraverso le mie fotografie costruisco la mia visione dell’architettura.

La chiamano per fotografare un edificio. In che modo si approccia al soggetto? Cosa cerca, cosa le interessa mostrare?
I miei stati d’animo e le mie sensazioni nel momento dello scatto definiscono l’immagine finale. Mi piace controllare tutto nei minimi dettagli, ma alla fine lasciarmi sorprendere. Il risultato sono delle fotografie di forte impatto emotivo che nella loro immobilità raccontano.

Tra le fotografie che ci propone, le chiederei di sceglierne una che le sembra particolarmente riuscita e commentarla. Cosa mostra e perché le sembra che questa fotografia funzioni?
Un artista non è un critico, ecco perché non teorizzo sul mio lavoro. Amo indistintamente tutte le mie fotografie perché scattate con il cuore con l’intento di comunicare il valore del silenzio.
Una buona fotografia è sempre contemplativa, richiede competenza e conoscenze specifiche. Non si limita alla ripresa di un oggetto statico: quello che conta è il punto di vista, e a volte basta alzare lo sguardo.

Luca Ferrario è un fotografo di architettura con una formazione da architetto. Dopo aver lavorato per cinque anni nello studio di Mario Botta, dal 2018 si dedica completamente alla fotografia di architettura. Utilizza una macchina fotografica Hasselblad di altissimo livello. Vive e lavora in Svizzera.

 

www.lucaferrario.ch | Instagram

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