Work­shop in­ter­na­zio­na­le Can Lis

Jørn Utzon’s House, Porto Petro, Maiorca

Architettura respirata dal vivo e interpretata tramite l’osservazione precisa o emotiva degli spazi e della loro costruzione: Paolo Canevascini racconta l'esperienza degli studenti dell'Accademia nella casa di Jørn Utzon a Maiorca.

Data di pubblicazione
04-12-2019
Paolo Canevascini
Architetto e docente AAM, membro della commissione concorsi SIA Ticino

La conoscenza è una facoltà che ha bisogno di tempo per diventare tale e il tempo è ciò di cui sempre meno disponiamo. Questo vale per tutti gli ambiti e quindi anche per l’architettura. Frequentare per conoscere le opere che hanno contribuito a fare la storia della nostra disciplina è da sempre parte del percorso d’apprendimento dell’architetto, in tutte le fasi della formazione. Oggi farlo in una maniera che non sia solo una fugace visita è diventato sempre più raro, perché così tendiamo a vivere qualsiasi nostra esperienza.

L’occasione di trascorrere cinque giorni all’interno di una delle case più significative dell’architettura del ventesimo secolo, respirarne a pieni polmoni l’atmosfera, carpirne i segreti, goderne l’intimità, si situa all’esatto opposto rispetto a questa tendenza. Questo è quanto è stato possibile in due workshop, nel 2017 e 2018, per una ventina di studenti provenienti da tre università del Belgio, della Germania e della Svizzera – rappresentata dall’Accademia di Mendrisio – accompagnati da cinque docenti dei tre atenei.

Architettura respirata dal vivo e interpretata tramite il disegno a mano libera, l’osservazione precisa o emotiva degli spazi e della loro costruzione, la discussione e la messa in relazione delle impressioni. Un metodo per capire la disciplina, viverla, trasmetterla. Giornate intere trascorse all’interno della casa, godendo anche dei momenti in cui non era necessario fare nulla, semplicemente viverla oppure contemplare l’immensità del paesaggio.

Jørn Utzon scelse Maiorca, e in particolare questa parte dell’isola, proprio con l’intento di rigenerarsi, fisicamente ed emotivamente. Era un architetto nel pieno del proprio successo professionale: nel 1957 vinse il concorso per l’opera di Sydney in Australia, dove nel 1962 si trasferì per seguire direttamente il cantiere. Cambi politici e amministrativi portarono alla crisi del rapporto tra progettista e committenza e Utzon si trovò costretto ad abbandonare il progetto e nel 1966 a lasciare l’Australia, che non rivide più con l’Opera che verrà poi portata a termine da altri. La casa di Can Lis nacque quale conseguenza di questa drammatica fuga: dopo avere lasciato in fretta e furia il paese, in visita all’amico architetto danese Erik Christian Søren­sen che proprio a Porto Petro costruì una propria dimora estiva, decise di stabilirsi sull’isola. La prima intenzione di Utzon fu di edificare nell’entroterra, dove effettivamente ora sorge Can Feliz, ­altra casa pensata per sé e la propria famiglia, ma ciò si rese possibile solo molti anni dopo, perché le autorità locali non rilasciarono subito i necessari permessi. La decisione di costruire sul bordo del mare avvenne quindi quale conseguenza di non poterlo fare in collina. Can Lis fu terminata nel 1972.

Negli ultimi anni, dalla morte di Utzon, la casa è di proprietà della fondazione Utzon, che gestisce l’intera eredità culturale dell’architetto danese. La casa sul mare è così mantenuta ed è offerta alla conoscenza della collettività attraverso occasioni spesso legate all’architettura, come il workshop descritto in questo testo.

Can Lis è un’opera che coniuga la capacità di relazionarsi con un paesaggio maestoso senza perdere la dimensione della scala umana. Ogni angolo della casa è pensato profondamente e risolto con cura per permettere di viverci comodamente e con serenità. I dettagli sono basici, tratti dalla cultura costruttiva locale, ma trasformati attraverso una poetica personale tesa a magnificare le relazioni interne degli spazi oppure verso l’esterno: ogni sguardo verso il mare o il cielo ha una soluzione peculiare ed è calibrato per goderne in maniera ogni volta diversa secondo l’attività che ogni ­locale accoglie. La casa stessa è un insieme di singoli volumi autonomi, concatenati con una geometria non ortogonale e collegati attraverso i patii esterni de­dicati. Gli ambiti collettivi e individuali possono esprimersi ognuno come spazio ­peculiare e importante, indipendentemente dalla sua dimensione o collocazione nella catena tipologica. La re­lazione con il mondo interiore o quella con l’universo esterno trovano qui la massima traduzione architettonica immaginabile in un’architettura domestica.

Alberto Campo Baeza, che a questa casa nel 1997 dedicò un appassionato testo,1 scrisse: «Però l’architetto, ancora seduto, pensò che c’era tuttavia troppo cielo. Che il mare di Maiorca era di una bellezza senza pari. E che lui aveva abbandonato le nebbie del nord di Copen­hagen per quel che era lì presente, con tanta infinita calma. E se era rimasto in quel luogo è perché voleva quel mare. Più mare. Il saggio creatore inventò un semplice aggeggio architettonico per far prevalere il mare. Per farlo in maniera permanente, imprigionando il luminoso mare nostrum in quel tratto d’ombra. Con l’ancestrale saggezza di un vecchio druido, mise in piedi le pietre. In maniera sghemba, come direbbero gli intenditori. Inclinò l’architrave fino alla linea d’orizzonte. Incassò i pilastri, come per socchiudere una porta, fino a raggiungere la posizione voluta. E mantenne l’orizzontalità della soglia favorendo il mare. Fuori un semplice vetro, che non si nota e sparisce».

Parole più precise di queste, per descrivere la poetica e la costruzione dell’opera di Utzon, non si possono trovare.

Nota

  1. Alberto Campo Baeza, Più mare, in L’idea costruita, lettera Ventidue edizioni, Siracusa 2012.

Partecipanti ai Workshop – 3-8 settembre 2017

 

docenti Paolo Canevascini, Mariette Dorthu, Ulrich Hahn, Didier Liégeois – fotografo, Gabriela Mirazon Hahn

studenti Marine Debroux, Mathilde Dion, Pauline Dogot, Coralie Legros-Collard, Maxime Lenglois, Jetmira Belegu, Pietro Blini, Veronica Giurcaneanu, Matthias Welk, Martin Tholen, Eruz Melis

 

Partecipanti ai Workshop – 2-7 settembre 2018

 

docenti Paolo Canevascini, Mariette Dorthu, Xavier Folville, Didier Liégeois – fotografo

studenti Anna Bruni, Maria Cacciapuoti, Damian Cortés, Romain Defrang, Robin Engels, Lorenzo Giordano, Edoardo Lagrasta, Isaline Lecomte, Carl Petersen, Zoé Saint-Remy, Daria Suharschi

 

Accademia di architettura Mendrisio – Università della Svizzera italiana, Faculté Architecture – Université de Liège (B), FH Aachen University of applied sciences (D), con il sostegno della Fondazione Utzon, Copenhagen (DK)

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