Il co­di­ce de­on­to­lo­gi­co dell’OTIA /6

Doveri verso i committenti

Publikationsdatum
11-02-2019
Revision
26-02-2019
Spartaco Chiesa
Dottore in diritto, giudice del Tribunale d’appello, presidente della commissione di vigilanza OTIA

Trattate finora in questa serie di contributi (cfr. Archi 4/2015, 6/2015, 2/2016, 4/2016 e 6/2016) alcune tra le più rilevanti «Norme personali», appare ora altrettanto importante prendere in considerazione il Capitolo 6 del Codice deontologico, dedicato ai «Doveri verso i committenti», ossia verso le persone fisiche o giuridiche, private o pubbliche, che affidano ad architetti e ingegneri mandati professionali. A prescindere dalla definizione giuridica di tali incarichi (mandati, rispettivamente appalti), va precisato che in ogni caso essi si concretizzano in contratti, ossia in accordi basati sul reciproco consenso – del professionista e del committente – che hanno per oggetto la progettazione e per lo più anche la realizzazione di una determinata opera, specificandone gli elementi essenziali. A tal riguardo, l’art. 6.1 del Codice impone a ingegneri e architetti di determinare preventivamente con il committente in particolare l’ampiezza dell’incarico, il preventivo dei costi complessivi o una previsione calcolata dei medesimi – «il più possibile diligente e precisa» – ivi compreso il computo degli onorari professionali, o il modo di calcolare gli stessi, nonché eventuali termini di consegna. Dal rapporto così instaurato scaturiscono doveri importanti per l’architetto e l’ingegnere che costituiscono altresì le premesse indispensabili per un adempimento corretto dell’incarico e per la soddisfazione di entrambe le parti. Uno fra gli obblighi più rilevanti del professionista (spesso purtroppo disatteso nella pratica) è quello di informare attivamente, rispettivamente di essere costantemente pronto a informare il committente sullo svolgimento dell’incarico; dovere che – a buona ragione – appare ripetutamente espresso nel Codice deontologico: anzitutto, l’art. 6.3 impone al professionista di essere «in grado, in ogni momento, di informare il committente sullo stato dei lavori e su ogni altro aspetto dell’incarico»; egli deve inoltre «informare tempestivamente il committente quando i preventivi di spesa, rispettivamente di onorario, si manifestano errati o stanno per essere superati» (art. 6.6); architetti e ingegneri devono altresì «avvertire tempestivamente il committente quando constatano o sono in grado di prevedere che la realizzazione di un progetto si scosta dagli accordi contrattuali, oppure contrasta con disposizioni di legge o con norme professionali o con decisioni di enti pubblici» (art. 6.7); devono «avvertire il committente su qualsiasi circostanza rilevante che possa essere interpretata come un conflitto d’interessi tale da arrecargli pregiudizio o da minacciare la sua posizione» (art. 6.9) e infine devono renderlo attento «se una modifica progettuale da lui auspicata rischia di ledere diritti d’autore altrui» (art. 6.10). A proposito dell’obbligo generale d’informazione, la Commissione di vigilanza OTIA – in una decisione del 4 marzo 2015 – aveva considerato che esso ha la sua origine nel principio fondamentale che regge il contratto di mandato (con riferimento all’attività dell’architetto o dell’ingegnere nella fase di direzione dei lavori), ossia nella reciproca fiducia fra le parti, precisando: «Al fine di capire meglio il Codice deontologico non appare arbitrario far capo al diritto sostanziale, sia dove prevede che il mandatario deve prestare la sua opera personalmente (art. 398 cpv. 3 CO), sia dove gli impone di informare in ogni momento il mandante sull’esecuzione dei compiti affidatigli (art. 400 cpv. 1 CO)». Sempre nell’ambito dell’obbligo d’informazione, una considerazione a parte merita l’art. 6.7 – appena menzionato – che fa carico ai professionisti dell’OTIA di avvertire il loro mandante non solo sul proseguimento dei lavori, ma anche – in ogni momento – in merito alla conformità dell’incarico con la legislazione vigente, con le norme deontologiche che sono tenuti personalmente a rispettare e con decisioni di enti pubblici che concernano l’opera come tale, ma anche il fondo o la zona di pianificazione in cui essa si colloca. In particolare, riferendosi a diposizioni di legge, la norma vuole indicare che i mandati professionali devono essere pattuiti e poi svolti in conformità con tutte le norme di legge – a prescindere dalla loro natura – che possano attenere agli stessi, quindi anche – quando ne fosse il caso – con la Legge cantonale sulle commesse pubbliche (LCPubb) (RS 730.100) che vuole disciplinare le commesse edili, le commesse di fornitura e le commesse di servizi in merito all’esecuzione di opere dell’edilizia e del genio civile (art. 4); gli scopi della legge sono elencati all’art. 1 della stessa (che qui non torna conto elencare), mentre è utile ricordare che i committenti astretti all’ossequio della LCPubb sono in particolare «il Cantone, i Comuni e gli altri enti preposti a compiti cantonali o comunali retti dal diritto cantonale o intercantonale, che non hanno carattere commerciale o industriale», così come le altre persone fisiche e giuridiche menzionate all’art. 2 cpv. 1 della legge. In questo contesto, il riferimento del Codice deontologico (art. 6.7) attiene principalmente alle modalità di conferimento di commesse da parte dei committenti che, in linea generale, sono tenuti a porre scrupolosa attenzione alla distinzione tra le diverse procedure previste e quindi al calcolo e al rispetto dei valori soglia, con particolare riguardo agli eventuali presupposti per poter procedere eccezionalmente all’aggiudicazione diretta («incarico diretto») a un offerente, ossia senza bando di gara (art. 12 e 13 LCPubb). Va osservato inoltre che nello stesso settore vige il Concordato intercantonale sugli appalti pubblici (CIAP) (RS 730.500) relativo alla partecipazione alle gare di concorrenti esteri che –a seconda della validità della normativa nel caso concreto (art. 8 CIAP) – è applicabile al pari della LCPubb. A prescindere dai motivi che in concreto potrebbero indurre un committente a voler eludere le procedure previste, non può esservi dubbio alcuno sul fatto che aggiudicazioni decise in dispregio delle stesse (e dei valori soglia) sono contrarie alla legge e rientrano pertanto nell’ambito di fondo dell’art. 6.7 del Codice degli ingegneri e degli architetti. In particolare, si osservi che tali obblighi della committenza non possono venir ignorati da architetti e ingegneri, e ciò in base al principio della diligenza nello svolgimento della loro professione che – come altri – sta alla base delle norme personali del Codice deontologico (vedi anche Archi 6/2016). E il Codice da tale posizione di conoscenza e di responsabilità richiesta a ingegneri e architetti – nonché dall’indipendenza morale che da loro esige l’art. 3.2 (vedi anche Archi 6/2015) – trae spunto per imporre ai membri dell’Ordine di non condividere eventuali decisioni antigiuridiche del committente e – nei fatti – di denunciare al medesimo simili situazioni; in altre parole è richiesto al professionista di non rendersi tacitamente complice di una decisione errata e quindi di avvertire per tempo il committente sulla necessità di applicare una procedura di conferimento piuttosto di un’altra. Si osservi infine che da tale fattispecie occorre distinguere quella del conferimento di un mandato di progettazione allo stesso architetto o ingegnere, trattata separatamente nell’ultimo contributo di questa rubrica (Archi 6/2016).

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