Il Co­di­ce de­on­to­lo­gi­co dell’OTIA /1

A proposito dell’art. 4.1

Si tratta della prima delle Norme personali cui è dedicato l’art. 4 del Codice deontologico. Nel testo si incontrano alcuni concetti che meritano una riflessione, come l’invito impegnativo rivolto ai soci OTIA – architetti e ingegneri – a svolgere la loro professione secondo scienza e coscienza (vedi anche l’art. 2 cpv. 1 del Codice d’onore SIA).

Publikationsdatum
19-08-2015
Revision
08-10-2015
Spartaco Chiesa
Dottore in diritto, giudice del Tribunale d’appello, presidente della commissione di vigilanza OTIA

L' espressione avverbiale dell'invito impegnativo che si riscontra nel articolo 4.1 del Codice deontologico non è una clausola di stile, ma vuol significare che l’attività professionale dei membri dell’ordine dev’essere svolta anzitutto secondo le regole della rispettiva materia, ossia della scienza (del sapere umano) in un determinato settore.

Per una miglior comprensione della norma, è senz’altro possibile far ricorso al Codice delle obbligazioni, legge fondamentale del diritto civile svizzero, che prevede come tanto l’appaltatore nel contratto d’appalto, quanto il mandatario nel rapporto di mandato, siano tenuti a svolgere le prestazioni pattuite secondo i dettami che regolano il loro specifico campo di attività; per quanto riguarda più da vicino architetti e ingegneri, in ogni fase di svolgimento del loro lavoro, essi sono responsabili verso chi ha chiesto loro prestazioni professionali (i committenti) di attenersi alla diligenza che da loro ci si può e ci si deve attendere. E base di tale diligenza – o meglio di tale accuratezza – con riferimento a professioni di alto contenuto scientifico come quelle in considerazione, sono anzitutto la conoscenza e l’applicazione delle regole apprese nel corso della propria preparazione professionale, in seguito messe in atto e verificate durante la pratica quotidiana e infine approfondite per mezzo dei necessari aggiornamenti; ciò che peraltro corrisponde al dettato dell’art. 4.3 del Codice deontologico che chiede a ingegneri e architetti non solo di mantenere nel tempo il livello della loro preparazione professionale, ma di fare il possibile per migliorare le loro conoscenze.

In concordanza con questo obbligo, dottrina e giurisprudenza precisano che la diligenza dev’essere commisurata alle norme riconosciute attualmente dalla tecnica ossia, in particolare,
(i) a quelle regole che appaiono tali secondo i criteri della scienza di un determinato settore, o
(ii) che sono considerate teoricamente esatte nel medesimo ambito, rispettivamente
(iii) che si sono dimostrate valide nella pratica a opera di una chiara maggioranza dei professionisti del settore.

Ciò vale sia per l’appaltatore (come architetti e ingegneri nella fase di progettazione), sia nell’ambito del mandato, ossia di quel tipo di contratto che si applica – ad esempio – alla fase di direzione dei lavori, dove anche qui si puntualizza che la diligenza è determinata dal proprio sapere, mentre la negligenza porta all’errore professionale.

In ogni caso, per raggiungere correttamente gli obiettivi di un incarico, il professionista deve procedere a un’analisi corretta e a una pianificazione accurata del proprio lavoro; in questo impegno non gli basteranno però le conoscenze teoriche e l’esperienza, ma dovrà operare un accertamento critico di tali sue capacità in relazione puntuale con il compito assunto: ed è qui che si colloca l’elemento «coscienza» del concetto in esame.

In questo ordine di idee, architetti e ingegneri dovranno in particolare verificare ogni volta con serietà i loro limiti operativi, così come precisa l’art. 4.2 del Codice deontologico che impone ad architetti e ingegneri di adattare il numero e l’ampiezza degli incarichi alle loro possibilità personali e ai mezzi di cui dispongono o di cui possono disporre ... [e] se le esigenze della committenza superano le loro capacità, ... di non accettare o di rinunciare tempestivamente all’incarico.1

Leggendo l’art. 4.1 è legittimo porsi una domanda: l’errore di progettazione e di esecuzione, oltre a legittimare la committenza – se del caso – a procedere nei confronti di ingegneri e architetti davanti al giudice, costituisce al contempo una lesione del Codice deontologico? Questa domanda si giustifica, dal momento che recentemente sono frequenti le segnalazioni all’organo di vigilanza dell’OTIA da parte di committenti insoddisfatti delle prestazioni tecniche del professionista cui si erano affidati. A tale quesito non può però essere data una risposta genericamente valida ed è compito della Commissione di vigilanza di considerare di caso in caso come stiano effettivamente le cose, rispettivamente se il contenuto della segnalazione permetta di affrontare questa tematica. In questa sede occorre almeno precisare che l’art. 4.1 del Codice deontologico non vuol significare che l’errore di progettazione o di esecuzione – anche qualora sia accertato – rappresenti per sé medesimo una lesione di un dovere professionale; d’altra parte, va pur detto che la stessa norma non costituisce solo un auspicio dell’Ordine, ma resta un impegno personale importante e un presupposto sostanziale indispensabile per un esercizio corretto della propria professione e per una giusta valorizzazione della stessa.

Nota
1) I riferimenti dottrinali alle norme del Codice delle obbligazioni sono dedotti da: G. Zindel, U. Pulver, Commentario di Basilea, OR I, ed. 4 (2007), relativamente agli art. 364 e 398 co.

Tags

Verwandte Beiträge