Ma­te­ria, for­ma e fun­zio­ne

Intorno al convegno «Form Finding, Form Shaping, Designing Architecture»

Fin dalla tesi di laurea Frei Otto (Chemnitz, D, 1925) ha studiato le strutture portanti leggere, le tensostrutture, le coperture pneumatiche. La sua ricerca, basata su una costante sperimentazione in laboratorio e su un continuo confrontarsi con le strutture del mondo naturale, tende all’espressione formale attraverso l’economia di materiale e il minimo impatto ecologico, nella convinzione che «l’uomo e la sua tecnica possano essere parti inseparabili della natura».

Data di pubblicazione
25-02-2014
Revision
08-10-2015
Laura Ceriolo
Architetto, dottore di ricerca in storia delle Scienze e Tecniche Costruttive

Il 10 e 11 ottobre 2013, a Mendrisio si è tenuto il convegno internazionale – dal titolo Form Finding, Form Shaping, Designing Architecture organizzato presso dell’Istituto di storia dell’arte e dell’architettura, (in collaborazione con la cattedra di Strutture / Tragwerksentwurf, ETH Zurigo, Joseph Schwartz, Toni Kotnik) da Sonja Hildebrand e da Elisabeth Bergmann – che ha il pregio di essere stato sede di incontro e di conversazione interdisciplinare tra arte, architettura, storia dell’ingegneria e scienza dell’ingegneria civile, della biologia e dell’informatica.

Che lo studio della forma di minima energia non fosse nuovo alla soluzione di problemi di meccanica, lo dimostrò già l’ingegnere padovano Poleni, nel 1748, il quale, in seguito a dissesti manifestatisi nella cupola di San Pietro in Vaticano dopo il progetto di  Giacomo della Porta e, prima, di Michelangelo Buonarroti, trovò una funicolare dei carichi da peso proprio costruita con riferimento alla forma progettata dal della Porta, con la conclusione che il profilo più conveniente trovato per l’arco era quello per cui la linea baricentrica risultasse funicolare dei carichi su di esso agenti.

Successivamente Frei Otto sperimenta il metodo progettuale che esplora la tendenza del materiale ad auto-organizzarsi in relazione all’azione di particolari influenze esterne e alle caratteristiche intrinseche della materia stessa. Nella progettazione architettonica viene usato per sviluppare forme strutturali efficienti derivate dall’applicazione di forze gravitazionali e viene impiegato principalmente per due motivi: generare la forma che deve essere costruita e studiarne, attraverso modelli fisici, il comportamento strutturale; realizzare l’edificio nella forma desiderata.

«Otto ha contribuito a diffondere il concetto di form finding nella progettazione con l’obiettivo di rivoluzionare il processo di creazione e ottimizzazione delle forme strutturali», ponendosi con il suo metodo tra le figure controverse del dibattito sulla ricostruzione della Germania post-bellica e sul monumentalismo.

Otto si serviva di modelli fisici in scala ridotta. L’analisi, ad esempio, delle «superfici minime» attraverso gli esperimenti condotti sulle bolle di sapone avevano lo scopo di capire come il materiale fosse in grado di auto-organizzarsi descrivendo la minima superficie strutturalmente efficiente. 

Il modello a scala ridotta per molti progettisti ha rappresentato un mezzo necessario per cercare la definizione della forma strutturale, adatta alla funzione che la struttura era chiamata a soddisfare. Tra questi, oltre a Frei Otto, ci sono stati, tra i più attivi, Pier Luigi Nervi, Sergio Musmeci, Giulio Pizzetti, Eduardo Torroja, Felix Candela, Heinz Hossdorf, Heinz Isler. Ora, con l’avvento dei programmi di calcolo agli elementi finiti, il problema della ricerca di una forma ideale e ottimizzata è superato, in senso tecnico, ma non etico, dalle quasi infinite possibilità che essi offrono, non sempre coerenti tra principio statico e forma strutturale. In effetti, secondo Bergmann «il termine diventa vuota espressione per ogni arbitraria assonanza alla forma e, al tempo stesso, il concetto di form finding viene spesso ridotto alla sola genesi sperimentale della forma, tralasciando così ogni riflessione teorica».

Infatti il form finding viene generalmente adottato con il risultato di prodotti definiti a priori, per i quali la forma adatta è «trovata» (per esempio le performances strutturali ottimizzate sulla base di forze gravitazionali), mentre studiare la complessa relazione tra material form, uomo e ambiente attraverso la messa a punto di un apparato che includa altre variabili all’interno del sistema (materiale, struttura spazio), permette di testare contemporaneamente quelle potenzialità che venivano lasciate latenti nell’applicazione tradizionale della tecnica di form finding. Patrick Schumacher, partner di Zaha Hadid e professore all'Architectural Association School of Architecture, London (AADRL) si muove alla conoscenza di nuovi campi di ricerca, dove una nuova architettura potrà presto prender forma.

Questi nuovi domini dell’architettura si propongono come una difficile sfida per il mondo dell’architettura del domani. Per Rem Koolhaas il nuovo campo complesso di interazioni tra le forme dell’architettura comporta altrettante implicazioni etiche nel tessuto socio-culturale della città. Dice inoltre Riccardo Blumer: «Tra i vari parametri che toccano direttamente la pratica architettonica, mi interessa in particolare il senso di verità. L’architettura è una forma di espressione che modifica lo stato naturale delle cose, ovvero la realtà fisica. In tal senso essa è «vera» al pari dei fenomeni della natura, come lo possono essere un monte o un tramonto. Nell’accostarsi al progetto come modificazione degli stati di Natura, diventa inevitabile incontrare la bellezza.

Per restare nell’esempio prima citato del tramonto, mentre si manifesta, l’osservatore collega in modo inconscio e inscindibile la verità fenomenica all’estetica. Il senso della meraviglia permette allora di percepire la corrispondenza tra vero e bello ed è per questo motivo che è necessario». Così è il suo approccio propedeutico all’architettura con gli studenti di Mendrisio: atto a dimostrare che l’uomo è misura topologica della città, a partire dagli studi dei movimenti e delle leggi fisiche.

Penso allora alla «bellezza» quale frutto di una nuova complessità, fatta più di relazioni che di oggetti con proprietà stabili. Non è un universo di tipo newtoniano stabile, ma un universo di tipo darwiniano, in evoluzione, in mutazione e sviluppo. È una sfida, perseguita da Otto, da portare avanti anche pensando all’introduzione di nuovi materiali da costruzione, che sono alla ricerca di forme proprie, appropriate alle loro caratteristiche, alla funzione, parametri ecologici, topologici più che tipologici.

In occasione del convegno è stato proiettato il film-intervista a Frei Otto Form finding today. The ethics of light construction di E. Bergmann, prodotto dagli studenti dell’AAM/USI Max Collomb, Pimipat Hongdulaya e Leonardo Vinti.

Relatori del convegno:
Gabriele Neri, Martin Kunz, Daniela Fabricius, Toni Kotnik, Kurt Möser, Elisabeth Bergmann, Sean Keller, Lara Schrijver, Sonja Hildebrand, Fulvio Irace, Joseph Schwartz, Mario Monotti, Hennineg Dürr, Stefan Neuhäuser, Dirk van den Heuvel, Roberta Grignolo, Alexandra Stara. 

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