L'ar­te di co­strui­re i pon­ti

Serie: i venti anni di Archi (1998-2018)

Per i 20 anni di Archi, l'articolo di Massimo Laffranchi dal no. 5/2004. «Il progetto di un ponte ha rappresentato storicamente una sfida per la società, che col tempo ha oltrepassato sempre più la dimensione tecnica dell'oggetto, abbracciando la totalità dell'opera a cui esso appartiene».

Data di pubblicazione
17-09-2018
Revision
07-03-2019

La funzione prima di un ponte è quella di superare un ostacolo naturale su una via di comunicazione che si appoggia sul terreno, in quel tratto, per il tramite del manufatto. Il progetto di un ponte ha rappresentato storicamente una sfida per la società, che col tempo ha oltrepassato sempre più la dimensione tecnica dell'oggetto, abbracciando la totalità dell'opera a cui esso appartiene.

L'uso del termine «manufatto» per ponti o altre strutture d'ingegneria civile richiama peraltro la funzione del ponte rispetto ad un'opera maggiore, ovvero l'intera via di transito. Fino al xix secolo fiumi e valli venivano superati grazie a ponti ad arco in muratura o con strutture ad arco o a traliccio in legno, se necessario sospese a catene o funi. Le condizioni più favorevoli dal punto di vista topografico e geotecnico erano determinanti per definirne l'ubicazione. Le sollecitazioni delle strade, dovute al transito di carovane e carrozze a traino animale per il trasporto di merci e persone, erano limitate. D'altra parte la bassa velocità del traffico non motorizzato non imponeva il rispetto di vincoli geometrici particolari.

Il tracciato planimetrico della strada poteva allora essere adattato alla direzione e all'asse rettilineo del ponte con curve strette poste immediatamente prima delle sue spalle, riducendo le difficoltà di realizzazione del ponte e senza dispendiosi interventi nelle zone d'approccio. Ne consegue che il ponte assumeva una posizione dominante sulla via e ne costituiva un elemento ordinatore che fissava il tracciato in un punto preciso. Con il progetto e la costruzione di un ponte si affrontava un'ardita sfida ingegneristica, il cui risultato simboleggiava il grado di padronanza delle tecniche di costruzione da parte della società.

Il rapporto tra via di comunicazione e ponte, e con esso quello tra ponte e territorio, si modifica a partire dal 1850 con l'avvento della ferrovia. La costruzione di linee ferroviarie alpine, ma anche di metropolitane e tranvie cittadine, impose l'adattamento die manufatti al tracciato. I ponti vennero costruiti spesso in curva o con un orientamento delle sottostrutture non perpendicolare all'asse della via per consentire il transito ad elevata velocità nel rispetto dei raggi di curvatura minimi dei binari e, specialmente in città, per poter integrare la sottostruttura nel tessuto urbano già esistente.

I notevoli carichi del traffico ferroviario, destinati ad aumentare rapidamente fino all'inizio del novecento, posero problemi statici e costruttivi assolutamente nuovi. Tra i materiali da costruzione, il legno venne soppiantato dal ferro e successivamente dall'acciaio, che consentiva di realizzare luci considerevoli per gli impalcati e, se impiegato anche per le sottostrutture, di ridurre drasticamente i tempi di costruzione rispetto ai ponti in muratura.

Il successo dei ponti metallici fu reso possibile dal parallelo sviluppo dei metodi della statica grafica e delle teorie sulla resistenza dei materiali e sulla stabilità degli elementi strutturali snelli, che consentirono col tempo l'aumento delle luci e dell'efficienza delle strutture, consolidando i vantaggi offerti dall'impiego dell'acciaio. Questo necessario sviluppo in senso scientifico dell'ingegneria civile, progressivamente intensificatosi anche nel xx secolo, continua ancor oggi. Esso ha segnato la fine dell'epoca in cui il progetto e la costruzione dei ponti erano affidati allo spirito, alla sensibilità e all'esperienza dell'ingegnere, la cui responsabilità si estendeva su concetto strutturale, configurazione ed esecuzione dell'opera. Si è affermata per contro una distinzione tra progettista e costruttore e una crescente specializzazione dell'ingegnere.

La costruzione delle ferrovie richiese per prima, in ragione della necessità di continuità geometrica assoluta della via di transito a prescindere dalla topografia, il progetto di viadotti, ovvero di manufatti estesi su una vallata o un intero paesaggio, il cui rapporto con la morfologia del terreno è forzatamente meno diretto. Le medesime esigenze si manifestarono con l'intensa modernizzazione della rete stradale a partire dall'immediato secondo dopoguerra. Essa richiese la costruzione di autostrade, grandi strade urbane e moderne strade alpine su cui il transito avviene a velocità elettricità elevata, ma anche di complessi nodi stradali richiedenti grandi superfici per cavalcavia, sottopassi e rampe d'accesso.

La costruzione di queste opere pose, in sede progettuale, non soltanto il problema strutturale legato alle geometrie variabili dei ponti, e in particolare alla loro curvatura, ma anche quello architettonico, per il crescente impatto sul territorio delle vie di comunicazione.

Il continuo progresso della tecnologia dei materiali da costruzione, la ricerca sul comportamento delle strutture, e lo sviluppo delle metodologie e dei mezzi di calcolo e dimensionamento hanno consentito nel xx secolo di fornire risposte strutturali sempre migliori alle esigenze poste dalla costruzione delle moderne reti di traffico. Il sistema costruttivo del calcestruzzo armato precompresso si è decisamente affermato per la costruzione die ponti moderni. Le strutture a travata realizzate in sito consentono di configurare elegantemente e con luci generose, senza discontinuità di curvatura o sezione ed in modo economico, sia i manufatti dei nodi stradali sia i lunghi viadotti.

Le loro sezioni a piastra massiccia o a cassone ben si adattano a luci e condizioni di appoggio variabili. Se questo predominio della trave e del calcestruzzo, soprattutto per i ponti di piccola e media luce, ha per effetto una certa monotonia, l'omogeneità di struttura, forma e materiale può per contro facilitare l'integrazione armoniosa dei manufatti. La varietà strutturale dei ponti si arricchisce peraltro continuamente dei risultati della ricerca su materiali e sistemi costruttivi che possano consentire un'esecuzione più semplice e veloce o un risparmio economico e di materiale, ad esempio attraverso travi a sezioni mista con correnti in c.a. ad elevata resistenza ed anime leggere formate da aste o lamiere in acciaio.

D'altra parte, la varietà formale può risultare anche da risposte strutturali originali alle crescenti esigenze di durabilità (sezioni robuste, strutture monolitiche), sicurezza (ad esempio per la separazione del traffico pedonale), di protezione fonica o di integrazione di altri elementi d'infrastruttura nel ponte (p.es. condotte). Il progetto strutturale del ponte continua ad essere un compito assolutamente attrattivo per l'ingegnere.

La quantità delle odierne infrastrutture del traffico ad alta densità di manufatti hanno reso il progetto di un ponte ben più complesso del progetto strutturale. L'elemento aereo del ponte continua ad essere necessario per superare le discontinuità topografiche, per ridurre la superficie utilizzata sul terreno e costituisce un elemento caratterizzante della via asfaltata o ferrata. Le scelte progettuali devono, oltre che soddisfare i criteri di sicurezza, funzionalità e economicità, essere finalizzate ad una soluzione quanto più vantaggiosa possibile dal punto di vista ambientale ed estetico in un territorio in continua evoluzione.

Il contesto non è quello dello spazio occupato dal manufatto e delle immediate vicinanze. La necessità di dover costruire in zone fortemente edificate richiede, in sede di progetto, l'apporto di competenze di analisi del contesto e di valutazione dell'impatto sul territorio proprie dell'architettura. Dalla determinazione del tracciato, che avviene a priori, alla scelta dell'estensione del ponte e del posizionamento della sua sottostruttura, fino alla definizione del tipo di struttura, del materiale e della forma delle sezioni, è richiesta all'ingegnere la capacità di misurare il progetto con il territorio e di configurare la struttura con sensibilità.

Il progetto del ponte diviene necessariamente di architettura nella misura in cui vi è la consapevolezza di partecipare alla realizzazione di un'opera intera, che non sia la sommatoria di interventi puntuali e scollati o la capricciosa esposizione di strutture che ambiscono ad essere «rappresentative» delle possibilità tecniche attuali. La definizione die rapporti tra i tratti in trincea, in rilevato, in galleria o aerei (su ponti), l'utilizzo ridondante di medesimi concetti strutturali o forme per manufatti che si ripetono, sono esempi di strumenti che possono consentire di raggiungere questo scopo in termini di continuità e integrazione nel contesto. Il contributo dell'architetto, nella grande come nella piccola scala, può essere determinante per il successo dell'operazione.

Accanto ai ponti stradali e ferroviari continuano ad essere necessari ponti in cui il tracciato ed il rapporto con la via d'accesso non sono dettati da criteri geometrici riconducibili alla velocità di percorrenza. La volontà e la necessità di offrire a pedoni e ciclisti percorsi sicuri ed attrattivi ha portato, soprattutto negli ultimi due decenni, alla frequente realizzazione di vie ciclabili e pedonali nelle città come nelle regioni montane, per le quali il ponte è il punto nevralgico di un percorso. Il superamento dell'ostacolo (strada, fiume o gola) può avvenire, in assenza dell'elemento di velocità, nel punto più favorevole e attraverso la via più diretta.

La necessità di rendere accessibili i percorsi a ciclisti e disabili richiede, quando è necessario superare un dislivello, la costruzione di rampe d'approccio che possono integrarsi nel ponte e portare quasi naturalmente ad una struttura curva. A differenza dei ponti stradali, la struttura del ponte, il materiale, gli elementi, i colori, le deformazioni e le oscillazioni possono essere apprezzate dall'utente direttamente. Il lento attraversamento del ponte si estende su un tempo più o meno lungo. Il carico utile notevolmente

minore rispetto a quello del traffico stradale consente di realizzare una notevole varietà di concetti strutturali. La spinta all'originalità è supportata dalla volontà di rendere il percorso attrattivo (e dunque utilizzato) o creare un luogo. Di particolare interesse è la sperimentazione di strutture leggere e di strutture caratterizzate dall'impiego di materiali e tecnologie locali. Esempi notevoli, che hanno influenzato l'odierno approccio strutturale e architettonico ai ponti pedonali, sono stati costruiti da Schlaich e Bergermann dalla fine degli anni settanta, dapprima a Stoccarda e poi in altre regioni tedesche.

Essi illustrano con una varietà strutturale stupefacente le possibili interpretazioni del principio di sospensione alla fune o di appoggio sull'arco, e si caratterizzano per la loro trasparenza e la loro scala commisurata all'utente, riconoscibile dagli elementi strutturali di sezioni modeste e che possono esser presi per mano. Questi esempi dimostrano che le possibilità di generazione di forme e di concetti strutturali per ponti sono ancora notevoli. L'esperienza diretta della passeggiata rivela poi quale sia il valore per l'architettura e per la qualità di vita della città di una rete di simili opere. Esse destano lo stupore e l'ammirazione anche dei profani per l'arte del costruire e perpetuano il fascino di progettare e realizzare un ponte alle nuove generazioni.

 


I venti anni di Archi (1998-2018)

Per festeggiare il ventennale della rivista Archi, una selezione degli articoli più significativi è andata a costituire una timeline, tracciando una linea di continuità tra il 1998 e il 2018. Tutti gli articoli sono contenuti nel dossier «I venti anni di Archi (1998-2018)».


 

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