L'ar­chi­tet­tu­ra del­la nuo­va li­nea fer­ro­via­ria Alp­Tran­sit San Got­tar­do

«Tutto ciò che ha una funzione necessaria è bello in sé».
Le Corbusier

 

Data di pubblicazione
09-06-2016
Revision
27-06-2016
Pascal Sigrist
Arch. dipl. ETH, membro del Gruppo di consulenza per la progettazione architettonica (BGG)

AlpTransit San Gottardo è un progetto di nuova linea di treni ad alta velocità per l’attraversamento della Svizzera. Questa linea fa parte della strategia di sviluppo della rete ferroviaria transalpina svizzera, nota con il nome di «Nuova ferrovia transalpina (NFTA)» e consistente in due assi: da un lato il Lötschberg e il Sempione, dall’altro il Gottardo e il Ceneri. La galleria di base del Lötschberg è in servizio dal 2007, parzialmente su un solo binario. Sull’asse Gottardo-Ceneri, la galleria di base del Gottardo sarà inaugurata rispettivamente nel giugno 2016 e per quanto riguarda la galleria di base del Ceneri, nel 2020. In un futuro più o meno prossimo sono previste le linee d’accesso nelle regioni di Svitto/Zugo, della Riviera e del Piano di Magadino.

La pianificazione e la costruzione della linea AlpTransit San Gottardo sono state accompagnate fin dall’inizio dal punto di vista architettonico da un gruppo di specialisti consulenti chiamato «Beratungsgruppe für Gestaltung (bgg)». L’idea di un accompagnamento architettonico è nata, fra l’altro, su iniziativa dell’ingegnere Peter Zuber, primo direttore di AlpTransit San Gottardo, che all’epoca era delegato della direzione generale delle Ferrovie Federali Svizzere (FFS). Con il suo team di lavoro ha incaricato Uli Huber, allora capo architetto delle FFS, di fare delle proposte. In seguito alla domanda di Huber, Zuber e il suo team hanno deciso nel 1993 di creare la bgg. Tra i membri, gli architetti e urbanisti sono Uli Huber (presidente), Pierre Feddersen, Rainer Klostermann, Flora Ruchat-Roncati e il sottoscritto. Del gruppo fa parte anche un rappresentante del committente, ora l’ingegnere Alex Regli. Christian Menn è stato ingegnere consulente dal 1994 al 2006.

Il ruolo del gruppo è di garantire un’unità architettonica del tracciato a tappe da Zurigo a Lugano, con l’impegno di integrare la nuova linea al paesaggio circostante e di accompagnare la progettazione delle opere di genio civile per tutto il percorso. Come riferimento per questo tipo di vie di comunicazione concepite in maniera omogenea, possiamo citare, a livello svizzero, la linea dell’Albula della Ferrovia retica, la strada del Susten, l’autostrada A2 in Ticino, disegnata da Rino Tami, o, più recentemente, i segmenti della Transjurane su cui hanno lavorato Flora Ruchat-Roncati e Renato Salvi.

L’attività del nostro gruppo può essere presentata in due parti. La prima parte del lavoro consiste nell’elaborazione di un linguaggio architettonico riconoscibile lungo tutto il tracciato della nuova linea, ossia di regole basilari da distribuire ai numerosi studi d’ingegneria implicati nel progetto. Mi ricordo che partecipammo a volte a malincuore all’elaborazione della raccolta di una ventina di pagine, perché ci sembrava difficile e addirittura contraddittorio fissare in anticipo e in modo così definitivo delle scelte tipologiche che riguardavano opere di genio civile ancora poco definite, appena abbozzate, soggette per forza di cose a molti cambiamenti, e di cui alcune sarebbero state costruite 10 o 15 anni più tardi!

La seconda parte del nostro lavoro, senza la quale la prima non avrebbe alcun senso, è l’applicazione concreta delle regole sul campo. È il momento in cui i principi sono confrontati con il contesto, in cui i diversi manufatti devono diventare dei veri progetti, ancorati nel territorio. Le costruzioni visibili legate al progetto, che accompagniamo dalla concezione all’esecuzione, sono numerose: portali, ponti, sottopassi, muri di sostegno, pozzi di ventilazione, accessi di gallerie per il trasporto dei materiali o di gallerie di sondaggio, edifici tecnici, serbatoi, villaggi di minatori, paesaggi, terrazzamenti, vasche di infiltrazione, passaggi ecologici, opere di protezione contro le inondazioni e molti altri. Ci soffermiamo sull’analisi di alcuni di questi manufatti. 

I luoghi dei portali della galleria di base del San Gottardo 

La galleria di base del San Gottardo, con i suoi 57 km, sarà la più lunga del mondo. La sua massima copertura rocciosa raggiunge i 2400 metri. Per costruirla in un tempo ragionevole è stato necessario scavare degli accessi intermedi ad Amsteg, Sedrun e Faido. Per dare un’idea delle dimensioni colossali del progetto, si pensi che, con il materiale estratto dalla montagna, si potrebbero costruire cinque piramidi di Cheope. I due portali della galleria di base, a Erstfeld e a Bodio, hanno una notevole importanza poiché fanno parte degli elementi maggiori che rimarranno visibili dopo la conclusione di questo faraonico progetto essenzialmente sotterraneo. 

Il concetto architettonico dei portali trae origine dai vincoli tecnici ai quali devono sottostare, i cui 5 principali possono essere riassunti come segue: 

  1. Si tratta di una galleria di base, cioè di un tunnel che attraversa la montagna a una quota di pianura. Il tracciato risale la valle e, non appena la topografia diventa troppo ripida, sparisce lateralmente nel fianco della montagna, in un luogo che sembra essere scelto a casaccio. È esattamente l’inverso della linea esistente inaugurata nel 1882, su cui si risale lungo il paesaggio ripido e drammatico del San Gottardo, carico di storia e di miti demoniaci, per arrivare in modo quasi teatrale di fronte alla montagna, prima di entrare nel tunnel; questo ha dato luogo a dei portali simmetrici, che assomigliano a dei piccoli castelli, costruiti a gloria dell’incredibile prodezza tecnica dell’epoca. 
  2. Per ragioni di sicurezza, il traffico bidirezionale del nuovo tunnel è separato in due tubi distanti circa 40 metri che si collegano ai portali e che sono connessi con collegamenti intermedi ogni 325 metri. Questa separazione deve essere mantenuta anche nei portali e sarà quindi leggibile.
  3. All’esterno, i due tubi devono essere sfalsati l’uno rispetto all’altro, ciò ai fini di evitare il ricircolo dell’aria, ossia per evitare che l’aria calda spinta da un treno che esce dal tunnel sia aspirata da un treno che entra nello stesso istante nel tubo adiacente.
  4. Poiché si tratta di una linea per treni merci e al tempo stesso per treni ad alta velocità, i raggi di curvatura sono importanti. Nel momento in cui si intende modificare il tracciato anche leggermente, per esempio, ai fini di una migliore integrazione nel paesaggio, le conseguenze si ripercuotono su lunghezze considerevoli.
  5. La linea esistente deve restare in esercizio. Per evitare intersezioni che sarebbero fatali a un corretto funzionamento del tunnel, il suo tracciato deve essere leggermente modificato per passare al disopra della nuova linea veloce.

La risposta architettonica proposta tutto sommato è abbastanza semplice: il nuovo segmento della linea esistente, scavalcando il tracciato ad alta velocità definisce in maniera netta una grande superficie inclinata a forma di mezza luna o di falce, attraverso cui escono i due tubi sfalsati del nuovo tunnel. La superficie di questa falce è sopraelevata sul retro per conferire più forza dal punto di vista visivo. È ricoperta da blocchi di pietra in analogia con le opere di sostegno che si trovano lungo la Valle Leventina, una sorta di richiamo al paesaggio costruito storico lungo la linea ferroviaria esistente, che i futuri utenti della galleria di base non vedranno più.

Per un’integrazione ottimale dell’insieme, la depressione di terreno che risulta ai piedi della montagna è riempita con del materiale di scavo. Le superfici sul fronte e sul retro della falce sono risistemate come spazi naturali. Queste superfici permettono anche l’integrazione delle funzioni necessarie all’utilizzo del tunnel, come edifici tecnici, vasche di raffreddamento o pozzi di ventilazione, architetture dalla grande impronta sotterranea.

Poiché presso le due estremità del tunnel, i dati tecnici e la topografia sono simili, la risposta architettonica è identica per il portale nord a Erstfeld e quello sud a Bodio. Non si tratta di semplici entrate o uscite dal tunnel, ma della costruzione di paesaggi nuovi, che si estendono lungo più di 800 metri, diventando così «i luoghi dei portali».

Il camino di ventilazione della Val Nalps

Uno dei tre accessi intermedi necessari per la costruzione e l’utilizzo della galleria di base si trova a Sedrun. La sua parte preponderante è un pozzo verticale, un vero cordone ombelicale del sistema che, con la sua altezza vertiginosa di 800 metri, sembra tratto da un romanzo di Jules Verne. Per la ventilazione di questo pozzo è stato approntato un camino in una valle laterale, la Val Nalps, al bordo della stretta strada che conduce alla diga del Lai da Nalps. Come una porta che conduce direttamente nelle viscere della terra, si tratta del primo manufatto definitivo che è stato costruito al servizio del progetto AlpTransit San Gottardo. Risultato di un lavoro interdisciplinare, con la sua forma risponde ai molteplici vincoli che erano stati posti: infilato nel pendio ripido come il cuneo da spacco del boscaiolo, funziona al tempo stesso da paravalanghe, accesso per la manutenzione, piazzola di manovra e camino d’aerazione, che lascia uscire l’aria calda che risale dai tubi del tunnel situati 970 metri più in basso. 

La centrale di Faido

A Faido, altro accesso intermedio al tunnel, la sfida, a fronte di diversi committenti, è stata di concepire un edificio unico che potesse alloggiare delle funzioni molto differenti: la centrale di ventilazione della stazione multifunzione del tunnel, l’edificio della tecnica ferroviaria, le istallazioni coperte della sottostazione elettrica adiacente delle FFS e l’accesso al cunicolo di sondaggio nella sinclinale di Piora. Tutti questi elementi sono stati integrati in un lungo muro di sostegno, uno zoccolo minerale dalla geometria precisa, che lascia trapelare le funzioni che vi sono alloggiate, piroscafo in calcestruzzo solidamente ancorato ai piedi della parete rocciosa. Con la nuova sottostazione elettrica a cielo aperto necessaria all’alimentazione di energia del tunnel e un piazzale d’ingresso, l’edificio fa parte di una composizione d’insieme che ricorda la presenza della galleria di base a circa 2 km all’interno della montagna.

Non riesco ancora ad abituarmi all’idea che Flora Ruchat-Roncati avesse sfortunatamente ragione quando qualche volta diceva che non avrebbe forse mai visto costruita questa centrale, per la quale avevamo investito molto e che – lo so – le stava particolarmente a cuore. Sperando che non me ne voglia troppo, mi permetto di prendere in prestito questa frase di Le Corbusier: «Questo progetto, signora, non è nato d’un solo colpo sotto la matita frettolosa di un disegnatore d’ufficio, tra due colpi di telefono. È stato maturato a lungo, accarezzato, in giornate di calma perfetta di fronte a un sito molto classico».2

I portali delle gallerie

I portali unitari delle gallerie lungo il nuovo tracciato hanno una sezione a forma poligonale. Tale forma è definita dall’altezza minima necessaria al passaggio dei treni, per evitare di dover rialzare inutilmente i segmenti ferroviari o stradali che passerebbero al disopra. I bordi superiori sono tagliati a circa 45°, profilo tipicamente ferroviario in opposizione a quello stradale che è rettangolare; le volte così ottenute permettono al tempo stesso di guadagnare spazio e di ottimizzare staticamente la struttura. I muri laterali riprendono l’inclinazione di 10:1 dei muri d’ala esterni, che diventano così parte integrante dei portali. La superficie libera all’interno del profilo non è mai inferiore a 41 m2, il minimo necessario a livello aerodinamico per il transito dei treni ad alta velocità. Il vantaggio di questa tipologia risiede nella sua applicazione a terreni di caratteristiche varie e resta valida per tunnel a uno o a più binari. 

I portali sono in calcestruzzo a vista, materiale scelto per tutte le opere di genio civile lungo il tracciato. La maggior parte delle opere sono quasi terminate nel frattempo, posizionate in maniera precisa nel territorio, come se fossero sempre state là, con la loro forma che ha preso in prestito qualcosa alla poesia dei treni che, tra qualche anno, attraverseranno il paesaggio a gran velocità tra Zurigo e Milano, avvicinando un po’ il mare del Nord al Mediterraneo.

Ponti e sottopassi

Indipendentemente dalla loro funzione (permettere il passaggio dei treni sopra una strada, un sentiero, un corso d’acqua, un corridoio ecologico, ecc.) i sottopassi e i ponti sono anch’essi concepiti secondo dei principi predefiniti. I cordoli hanno la stessa forma, che si può adattare in maniera proporzionale secondo la dimensione dei manufatti e che resta valida per la maggior parte delle situazioni e delle geometrie. Sono stati disegnati per permettere l’ingresso del massimo di luce naturale e soprattutto per rispondere ai vincoli della tecnica ferroviaria: possibilità d’integrare un cunicolo per i cavi, un passaggio per la manutenzione, una via di fuga, pali della linea di contatto o barriere antirumore.

Diversamente dai tunnel ferroviari, di cui abbiamo parlato prima, le sezioni trasversali dei sottopassi sono rettangolari, e si piegano alla geometria imposta per il traffico stradale. All’origine, la scelta è stata quella di orientare i muri d’ala nella continuità delle pareti laterali come risultato che le costruzioni sembrino tranciare il rilevato ferroviario.

In questi ultimi anni sono state realizzate numerose opere secondo i principi suddetti, comprese anche una serie di eccezioni che confermano la regola. Insieme ai tratti che le collegano, il cui impatto visivo sul tracciato ferroviario è altrettanto importante, lasciano già intravvedere, come una gigantesca collana di perle omogenee, l’unità dell’insieme. E come tutti i manufatti di questo progetto, devono rispondere ciascuno a delle scale molto diverse: quella dell’uomo, quella della tecnica e quella, onnipresente e maestosa lungo tutto il tracciato, della montagna.

Il nodo di Camorino nel Piano di Magadino

Per spiegare che il progetto è anche strettamente legato alla politica e allo sviluppo del territorio, menzioniamo l’esempio di Camorino. Piuttosto che opporsi al progetto AlpTransit San Gottardo, il Canton Ticino gli ha ben presto riconosciuto un’opportunità. Seguendo il consiglio del «Gruppo di riflessione» che ha fondato, ha previsto una futura stazione cantonale, cuore di una città futura, che si situerebbe nel Piano di Magadino. Le discussioni costruttive tra i rappresentanti del Cantone e di AlpTransit San Gottardo hanno permesso di ottimizzare il progetto: ad esempio, al posto di allestire dei grandi rilevati ferroviari come inizialmente previsto, ci si è accordati sulla costruzione di due lunghi viadotti, che assicurano un massimo di trasparenza e permettono una grande flessibilità in futuro, in particolare per la realizzazione di una stazione centrale.

Per la concretizzazione di questa città futura sognata dalle autorità, bisognerà avere ancora un po’ di pazienza... Per quanto concerne la prima tappa del progetto AlpTransit San Gottardo, è in piena costruzione, con alcuni manufatti terminati nel frattempo, come i viadotti. Questi ultimi si distinguono per le loro pile a V, sviluppate al fine di riprendere in modo ottimale la forza di frenata di un treno, sollecitazione principale a cui sono sottoposte. Con la loro struttura filigranata in calcestruzzo, questi viadotti sono già parte integrante del paesaggio, tracce concrete di un immenso progetto interdisciplinare.

Lavoro di gruppo e «ricerca paziente»

Ricordiamo che il nostro mandato d’architetti per sua natura resta, malgrado tutto, una modesta parte in un’opera essenzialmente d’ingegneria. La battaglia per la legittimità architettonica del progetto non è vinta in anticipo e implica un lavoro continuo, anche di persuasione. Se con il nostro intervento riusciamo a ricordare ai nostri colleghi ingegneri che le loro opere non sono un male necessario, come talvolta sono intese, ma che possono, a condizione di essere pianificate in maniera integrale e inserite nel loro contesto, divenire dei veri progetti, un’occasione di costruire il territorio, qualcosa di cui essere fieri, credo che siamo già abbastanza vicini al nostro scopo… 

Dietro le risposte esatte, concise, spesso rapide e sempre così definitive che ci sono richieste, si nasconde – bisogna ricordarlo? – un dubbio perenne, una lotta interiore talvolta insostenibile che non si può raccontare, inerente alla famosa «ricerca paziente» di Le Corbusier. Questo dubbio, ho avuto l’onore di condividerlo per 15 anni, praticamente ogni settimana, se non tutti i giorni, con la nostra collega e amica Flora Ruchat-Roncati, cui va il mio pensiero.

Note

1. Jean Petit, Le Corbusier lui-même, Rousseau, Genève 1970, p. 191.

2. Le Corbusier, Lettre à Mme Meyer, Paris 1925.

Committenza: AlpTransit Gotthard AG

Beratungsgruppe für Gestaltung (BGG): Uli Huber, presidente (dal 1993); Pierre Feddersen (dal 1993); Rainer Klostermann (dal 1993); Flora Ruchat-Roncati (dal 1993, †2012); Pascal Sigrist (dal 1997) 

Rappresentante committenza: Peter Zbinden (1993-1997); Walter Schneebeli (1994-2007); Alex Regli (dal 2007)

Ingegnere consulente: Christian Menn (1994-2006)

Segretario: Alessandro Gasparoli (1993-2007)

Ingegneria civile: Basler & Hofmann (B&H); Ingenieurgemeinschaft Gotthard-Basistunnel Nord (IG GBT N); Ingenieurgemeinschaft Aussenanlagen Sedrun; Ingenieurgemeinschaft Gotthard-Basistunnel Süd (IG GBT S); Consorzio AlpTransit Biasca (CAB); Consorzio Ingegneri Piano di Magadino (CIPM); Consorzio Ingegneri ITC Itecsa-Toscano (ITC)

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