La se­zio­ne sot­to lo sky­li­ne

L'urbanistica stratificata della Défense

Il livello del suolo cittadino diventa quasi una barriera posta dal caso in una stratificazione funzionale in cui la sezione verticale solleva la questione di cosa si voglia rendere visibile e cosa invece debba rimanere nascosto. La sezione urbana regola questo rapporto nella stessa misura in cui cela la sovrapposizione di attività dell’ambito civico.

Data di pubblicazione
12-04-2017
Revision
12-04-2017
André Bideau
Storico e teorico dell’architettura, professore all’Accademia di architettura di Mendrisio e alla Harvard Graduate School of Design

L’urbanistica viene concepita innanzitutto in termini di piani e volumi, programmazione, zonizzazione e circolazione. Meno evidente appare il ruolo di motore della forma urbana rivestito dalla sezione architettonica, la quale ha un carattere discreto e quasi nascosto, lontano se non addirittura opposto alla concezione del progetto architettonico convenzionale. Quando si considera il rapporto tra sezione e città, si è costretti a pensare a spazi nascosti, a infrastrutture di servizio o a sistemi obsoleti – ruderi, reti di strutture abbandonate o ormai superflue – che nonostante tutto possono avere una loro rilevanza e rappresentare persino un’eroica impresa ingegneristica, ma che per un caso del destino o un mutamento della pubblica opinione non vengono mai ultimati o risultano compromessi. Ne è un esempio il mondo sotterraneo della Zürich Hauptbahnhof, dove la stazione di una linea della metropolitana e la galleria di una futura arteria stradale hanno assunto entrambe una funzione diversa da quella progettata.

Il livello del suolo cittadino diventa quasi una barriera posta dal caso in una stratificazione funzionale in cui la sezione verticale solleva la questione di cosa si voglia rendere visibile e cosa invece debba rimanere nascosto. La sezione urbana regola questo rapporto nella stessa misura in cui cela la sovrapposizione di attività dell’ambito civico. Tale organizzazione evidenzia il tema della contrapposizione tra ciò che è nascosto e ciò che è presentabile: delle modalità con cui le eredità architettoniche sono soggette a severi protocolli di conservazione. E questi ultimi rimandano spesso a un atto drastico di sventramento che fa dell’architettura un’espressione di arte civica al di sopra delle infrastrutture sotterranee.

L’infrastruttura dalla tradizione Beaux-Arts al superblock

La città nuova di Antonio Sant’Elia (1914) celebrava l’integrazione verticale in un nodo infrastrutturale di tipo monumentale che riuniva ferrovia, aeroporto e traffico veicolare; le sue prospettive disegnavano un’architettura fortemente stimolata da un apparato circolatorio e davano risalto formale al collegamento tra le varie componenti funzionali. Non si può disgiungere la visione di Sant’Elia da quell’evento sensazionale che fu la realizzazione del Grand Central Terminal, ultimato l’anno prima a New York e divenuto famoso grazie alle prospettive del progetto pubblicate in tutto il mondo. Con l’avvento della trazione elettrica la New York Central Railroad cominciò a trasformare il loro punto di arrivo. La grandiosa tettoia venne sostituita da una struttura sotterranea che portò un considerevole incremento del traffico passeggeri. Si costruì poi un super-isolato orizzontale di 44 banchine disposte su due livelli, al di sopra dei quali la compagnia ferroviaria ebbe l’opportunità di attuare una vasta operazione immobiliare: il complesso sorto in Park Avenue sopra ad una megastruttura d’acciaio nascosta, primo esempio di sfruttamento dello spazio aereo nella storia dell’urbanistica, abbracciava la futura sede dell’Hotel Waldorf-Astoria, palazzi di uffici, un grande ufficio postale e, al centro, una serie di spazi pubblici in stile Beaux-Arts dedicati ai passeggeri. Il cosiddetto «corpo» della stazione, caratterizzato da un atrio grandioso, mediava abilmente fra il sottosuolo elettrificato e la movimentata città in superficie, nell’area che all’indomani della prima guerra mondiale sarebbe diventata «Midtown Manhattan». Il Grand Central Terminal progettato da Warren & Wetmore simboleggiò l’arrivo della rete ferroviaria continentale nella sconfinata scacchiera urbana. L’ingresso trionfale di 42nd Street era – ed è tuttora, miracolosamente – un point-de-vue unico, affine alle moderne porte cittadine che Napoleone III aveva voluto creare nella Parigi del Secondo Impero ristrutturando le stazioni ferroviarie.

La massiccia riorganizzazione del paesaggio urbano operata a Manhattan tramite l’impresa immobiliare privata era di fatto piuttosto simile all’opera di rinnovo intrapresa un secolo prima dal barone Haussmann. La capitale francese occupa in effetti una posizione di spicco nella tradizione del rifacimento cittadino incentrato sulla sezione architettonica. La mappatura catastale di Parigi, avviata nel 1853 dopo la nomina di Haussmann a prefetto della città, fu la premessa che preparò la via a un ripensamento dell’organizzazione urbana in termini di sistemi infrastrutturali sovrapposti. Ciò consentì di estendere al sottosuolo i cosiddetti grands travaux attraverso vasti interventi per la fornitura di acqua potabile, gas e fognature. Le gallerie a volta della rete fognaria anticipavano quelle di un altro sistema di vitale importanza per la capitale francese, il sistema della ferrovia metropolitana, inaugurato alla vigilia della Éxposition Universelle del 1900: non a caso, le gallerie delle prime linee del métro parigino hanno la stessa sezione della volta costruita sopra Canal St. Martin negli anni Sessanta dell’Ottocento.

I sistemi infrastrutturali sotterranei lasciarono campo libero a un processo di estetizzazione della superficie fondato su un caratteristico coordinamento delle altezze degli edifici. Così come le geometrie altamente formalizzate della pianta urbana, anche la sezione verticale fu essenziale per ripensare Parigi come una moderna entità reticolare. Con Haussmann, l’intervento urbanistico si basò sulla logica della zonizzazione e dell’igienizzazione e i costruttori poterono contare sulla presenza stratificata di infrastrutture per i loro imponenti progetti edilizi. I grands travaux favorirono la nascita di un rapporto fra la tecnocrazia del settore pubblico e il settore privato. A un secolo di distanza, il coordinamento fra intervento statale ed edilizia privata è tornato a concretizzarsi nel progetto della Défense, incontro di modernità e tecnocrazia, esportate dal centro di Parigi alla sua periferia occidentale con la fondazione di un quartiere di uffici e di attività commerciali: un quartiere nato per decreto, che nel proprio skyline dà una dimostrazione del potere del mondo imprenditoriale francese, da sempre in intima relazione con lo Stato.

Meno nota dei suoi grattacieli è la condizione del suolo da cui La Défense dipende.1 Le torri di uffici, che configurano un superblock (superisolato) con un’immensa piazza pedonale, sono sostenute da una complessa sezione infrastrutturale. L’organizzazione assiale prende le mosse da un piano di sviluppo del 1964 ed è un incrocio fra lo scenario urbano stile Beaux-Arts e le astrazioni della Carta d’Atene. In sostanza, il superblock postbellico rappresenta la crosta che ricopre vari sistemi circolatori strategicamente raggruppati tra Parigi e la sua vasta periferia; ma pur essendo in pratica un edificio multipiano, in quanto manufatto esso resta invisibile. Questo basamento del centro direzionale, vetrina della Francia, è stato alimentato con investimenti pubblici ogni volta che una crisi economica minacciava di bloccarne i lavori. Si può dire che il plinto lineare che lo organizza sia un «monumento continuo». Intorno alla sua sezione estrusa, le torri si innalzano come elementi di uno scenario architettonico che possono essere fiorenti ma anche in decadenza, com’è accaduto per alcune torri di uffici della prima generazione, che sono state sostituite o sventrate fino a risultare irriconoscibili.

Un’immagine nuova per la cultura degli affari

L’allungamento dello storico asse est-ovest della capitale francese era già stato l’obiettivo di un concorso indetto nel 1931 per collegare Nanterre a Porte Maillot con un boulevard che arrivasse fino a St. Germain.2 L’idea di una porta trionfale nella zona ovest di Parigi fu rivisitata all’inizio degli anni Cinquanta con considerazioni analoghe a quelle che a Roma avevano ispirato la creazione dell’EUR per coniugare un’esposizione universale con un centro direzionale e culturale. L’instabilità politica della Quarta Repubblica e la guerra d’Algeria indussero però ad abbandonare entrambi i progetti.3 Alla fine del decennio, tuttavia, lo sviluppo edilizio compì un salto qualitativo che ha portato all’ideazione di un puro quartiere d’uffici il cui massimo potenziale fosse assicurato da una pianificazione tecnocratica del sito. L’esteso superblock lineare così concepito si focalizzava sull’accesso e sulla distribuzione dei pendolari all’interno di una struttura orizzontale integrata. Sopra l’articolato piano orizzontale, il progetto prevedeva la realizzazione di una serie ripetitiva di torri d’uffici su entrambi i lati della piazza pedonale. Dal punto di vista estetico, le torri si allontanavano drasticamente dal tessuto architettonico della capitale francese, rimasta inviolata dalla seconda guerra mondiale e dunque ancora caratterizzata per lo più da palazzi commerciali ottocenteschi. L’immeuble haussmanniano era denso e verticalmente integrato, e si differenziava nel rapporto con la strada parigina. Tuttavia, la sua mancanza di flessibilità fu vista come antitetica rispetto al carattere fordista di un quartiere monofunzionale occupato da uffici. L’eleganza commerciale della strada uniformata di Haussmann si trasferiva adesso a un’architettura di spazi aperti fedele ai principi dell’International Style.

La Défense, con le sue sedi societarie torreggianti sopra una spina infrastrutturale, aspirava appunto all’apertura. Considerato il tessuto suburbano esistente, ciò significava un tipo di urbanistica «copia-incolla» affine agli innesti che avevano contraddistinto molti interventi di Haussmann: facciate di boulevard applicate come un sottile strato di modernità sopra quartieri sgradevoli alla vista. Una conseguenza tipica dei tagli chirurgici operati a Parigi su immobili degradati o semi-urbani è stata una prima forma di gentrificazione, che ha spinto altrove ampi segmenti della popolazione. Ma cos’è stato eliminato via via che il superblock della Défense prendeva forma? Agli inizi degli anni Sessanta era ancora ben visibile il Rond Point con la statua di Louis Barrias del 1883 che commemorava l’assedio di Parigi del 1870, e la difesa della città da cui il centro direzionale ha preso il nome. Come si nota da immagini aeree, tuttavia, adiacenti alla rotonda si trovavano realtà dimensionali assolutamente disparate: un tessuto suburbano eterogeneo caratterizzato da padiglioni, botteghe, piccole fabbriche, cimiteri, caseggiati e bidonville che durante la guerra d’indipendenza dell’Algeria divennero i più grandi insediamenti informali del paese. A seguito del conflitto civile, tanti profughi giunti nella madrepatria avevano cercato rifugio nella periferia scarsamente regolamentata della capitale e un’area del genere era sorta fra Nanterre e Courbevoie, nelle immediate vicinanze del Rond Point de La Défense.

La crisi algerina non solo diede il via a una consistente migrazione che interessa tuttora la periferia urbana francese: spianò anche la strada a riforme istituzionali che riformularono il rapporto fra Parigi e i suoi sobborghi con interventi infrastrutturali varati nella Quinta Repubblica del generale De Gaulle.4 Quest’ultimo salì al potere nell’ottobre del 1958, quando un fallito colpo di stato militare ad Algeri rese inevitabile la riduzione delle ostilità. La costituzione redatta in seguito dal nuovo governo sancì la nascita della Quinta Repubblica, che diede rinnovato vigore allo Stato centrale. In questo processo di consolidamento rientrava la creazione dell’EPAD, l’Etablissment public pour l’aménagement de La Défense, un ente pubblico che aveva l’autorità di confiscare e rivendere proprietà fondiarie lungo il futuro asse della Défense. Istituito per aggirare strategicamente le amministrazioni di Nanterre, Courbevoie e Puteaux, l’EPAD ha svolto un ruolo essenziale nell’opera di persuasione che ha portato varie società francesi a trasferire alla Défense la propria sede centrale.5 L’ente, che aveva pieno controllo dell’apparato pubblico, ha unito in una imponente operazione svariate imprese del settore immobiliare privato. E grazie a questo più potente strumento di programmazione è stato possibile esportare da Parigi ai sobborghi la tradizione dell’assainissment, cioè della riqualificazione urbana su grande scala. 

Per attirare gli investimenti privati verso luoghi specifici, sotto la Quinta Repubblica sono stati adottati metodi nuovi di intervento statale in cui il progetto, per mezzo della sezione verticale, risultava essenziale. Ciò è avvenuto non solo nella periferia, ma anche in progetti di risanamento come quelli della stazione di Montparnasse o del Front de Seine, iniziative coordinate di vaste proporzioni nelle quali è stato sempre introdotto il superblock sopraelevato. Questi progetti, che prevedevano la sovrapposizione di un suolo artificiale sul territorio urbano, adeguavano all’epoca attuale l’eredità lasciata dalla Carta d’Atene. Il piano di sviluppo della Défense messo a punto nel 1964 da Camelot, De Mailly e Zehrfuss stabiliva la separazione fra traffico veicolare e traffico pedonale, declassando con ciò le vie locali esistenti. Sotto la piazza pubblica il superblock raggruppava un terminal degli autobus, un parcheggio, una stazione della RER (Réseau express régional) e – in seguito – del métro, come pure l’arteria che collega Parigi alla sua periferia ovest e, al di là di questa, alla Normandia. La piattaforma, congiungendo queste infrastrutture, mette in relazione La Défense con la dimensione regionale e con quella nazionale.

Collegamenti sottotraccia

La creazione di un centro direzionale è stata strategica ai fini della riorganizzazione dell’Île-de-France. Insieme alle villes nouvelles, all’aeroporto di Roissy e alla nuova rete ferroviaria pendolare della RER, La Défense occupava un posto di rilievo nel piano di sviluppo regionale varato dal governo francese nel 1965, che a sua volta ha portato allo sventramento dell’area di Les Halles nel centro di Parigi, per far posto al nodo sotterraneo di tutte le future linee della RER. La stazione di Châtelet-Les Halles, interrata a notevole profondità sotto gli ex mercati generali, è stata collegata al cuore della città tramite un centro commerciale multipiano sopra il quale sarebbero dovuti sorgere alti palazzi di uffici. Ma a seguito di un intervento presidenziale e della recessione che ha colpito il paese alla metà degli anni Settanta, il previsto sfruttamento edilizio dello spazio aereo sopra il centro commerciale di Les Halles ha ceduto il posto alla realizzazione di un parco pubblico.

Ultimati nel 1977, il Forum des Halles e la sottostante stazione di treni pendolari sono diventati il punto d’accesso alla capitale per molti abitanti della periferia diseredata. In quanto nodo centrale di interscambio per l’intero sistema della RER, Châtelet-Les Halles ha fatto conoscere ai parigini un sottosuolo infrastrutturale radicalmente modernizzato, del quale La Défense rappresentava il polo occidentale. Qui l’infrastruttura ferroviaria ha partorito un segno urbano visibile, via via che lungo il superblock sono sorti edifici multipiano sempre più numerosi. Ma in entrambi i siti si è delineato un rapporto problematico tra infrastruttura dei trasporti, progettazione commerciale e ambito pedonale di superficie. Parecchi tentativi sono stati fatti per vivacizzare lo spazio civico fantasma che fino al 1971 era stato occupato dal mercato coperto di Victor Baltard, ultimo dei quali il progetto Canopée concepito da Patrick Berger e Jacques Anziutti, inaugurato un anno fa.6

Analogamente, l’assenza di un sistema di attività compromette il superblock della Défense a livello identitario: gli spazi ferroviari, metropolitani e commerciali che si estendono a strati sotto l’immenso spazio aperto del quartiere non contribuiscono granché ad animare la piazza pedonale sopraelevata. Proprio a causa della sezione sopraelevata, il superblock dà le spalle agli adiacenti quartieri di Nanterre, Puteaux e Courbevoie e questa segregazione, tanto verticale quanto orizzontale, viene accentuata dall’anello stradale che gira intorno al quartiere di uffici, scaricando impiegati e consegne nella cavernosa sottostruttura individuata dalla sezione stessa.

Mentre la rinascita sotterranea del Grand Central Terminal ha favorito la formazione di una grandiosa dimensione civica nel Midtown di Manhattan, il superblock della Défense ha avuto effetti ambivalenti. Paradossale è stata l’eclissi di due delle sue primissime strutture: l’elevazione artificiale del suolo ha compromesso infatti le sorti del palazzo delle esposizioni con copertura a volta del CNIT, il Centre des nouvelles industries et technologies (Bernard Zehrfuss, Robert Camelot, 1959), e del palazzo di uffici dell’Immeuble Esso (Jacques Gréber, 1963). Questi due edifici trasparenti erano stati ultimati prima che fosse varato il piano di sviluppo del 1964 e si rapportavano dunque al livello del suolo esistente; la zona pedonale rialzata di 6 metri ha però sommerso visivamente entrambi. La sede della Esso, primo edificio francese con curtain wall e risposta alla Lever House di S.O.M., è stata circondata da un fossato profondo 7 metri con funzione di parcheggio, uno spazio per cui si è reso necessario costruire un ingombrante ponte pedonale che collegasse l’Immeuble con la piazza sopraelevata. Nel 1971 il muro cieco che cingeva il superblock, ribattezzato «muro del pianto» dai dipendenti della Esso,7 è stato trasformato in una incisione monumentale dall’artista Vincent Guiro. Ma già all’inizio degli anni Novanta la Esso aveva venduto il complesso a un costruttore che successivamente lo ha demolito.

Con l’evolversi del contesto in cui era sorto, anche il CNIT è diventato obsoleto. Ideato negli anni Cinquanta con l’ambizione di sbaragliare la cupola rivale del Grand Palais sugli Champs Elysées, questo spazio spettacolare non ospitava più fiere commerciali già negli anni Ottanta; la sua sezione e le sue attività hanno dunque subito una metamorfosi, tant’è che oggi il salone con la volta triangolare funge essenzialmente da accesso sotterraneo all’adiacente centro commerciale Quatre Temps. La parte superiore della cupola è stata invece colonizzata dall’Hilton Paris La Défense a partire dal 1988. Si sta lavorando per potenziare la sezione verticale del complesso in vista dell’inaugurazione della futura linea E della RER e della sua stazione La Défense, prevista per il 2020; la linea passerà direttamente sotto il CNIT e sfrutterà l’immagine simbolo della sua cupola. Il tratto più profondo dell’infrastruttura ferroviaria andrà a incrementare la connettività della Défense su scala internazionale, poiché la linea E della RER stabilirà un collegamento diretto con i treni Eurostar in partenza dalla Gare du Nord per Londra e Bruxelles.

Con l’aumento costante degli elementi infrastrutturali calati nelle profondità della Défense, il superblock sembra sempre più una copertura che uno spazio urbano. Pur nella sua monumentalità, appare in qualche modo un residuato, popolato di elementi scultorei e paesaggistici ma privo di una sua vera funzione. La Défense, omaggio tardivo alla Carta d’Atene, ha facilitato l’evolversi di un’ipertrofia urbana: non solo il suolo estruso ha soffocato il CNIT e lImmeuble Esso, ma le torri inserite successivamente nel superblock si sono imposte sempre più come volumi immobiliari autonomi, accentuando con la propria introversione l’indeterminatezza dello spazio esterno.

Un incubatore

L’isolamento fisico della Défense si replica in un isolamento discorsivo, perché l’architettura degli uffici non ha mai ricevuto grandi attenzioni da parte del discorso architettonico francese. Dallo stile Beaux-Arts e dall’International Style al postmodernismo e al neomodernismo, La Défense è sempre stata un terreno di prova deideologizzato per le modernità intercambiabili legate al capitale finanziario.E, incoraggiata dal governo francese e dal suo ente EPAD, è diventata un incubatore di sistemi ibridi di gestione di progetti e di investimenti immobiliari come la «partnership pubblico-privato».8

Nel 1969 Jean Millier, da poco nominato direttore dell’EPAD, ha portato alcuni architetti e promotori immobiliari francesi a fare un viaggio negli Stati Uniti, allora modello di interazione fra mondo dell’architettura e imprenditoria. Il grand tour comprendeva visite al Peachtree Center di John Portman ad Atlanta e alle sedi newyorkesi degli studi S.O.M., Pei & Cossutta, Harrison & Abramowitz e Philip Johnson, i quali tutti – eccezion fatta per Johnson e Portman – hanno ricevuto ben presto una commessa per La Défense.9 A New York il cerchio si è chiuso con i progetti di superisolati ai quali aveva contribuito Wallace K. Harrison. Il Rockefeller Center e il Lincoln Center, insieme all’Empire State Plaza di Albany, erano tutti manifestazioni di un’eredità compositiva che abbracciava Beaux-Arts, Art Déco e un modernismo contemporaneo fondato su una versione diluita dei princìpi enunciati nella Carta d’Atene. Il complesso monumentale ideato da Harrison per il governatore Nelson Rockefeller ad Albany, capitale dello stato di New York, rivela una straordinaria somiglianza con La Défense: in entrambi i casi è presente un superblock pedonale sopraelevato in cui la sezione è riservata a passeggiate e infrastrutture e sulla piazza lineare si affacciano una serie di grattacieli. La corrisponenza tardo-moderna appare già nel 1971 nelle torri gemelle progettate di Ieoh Ming Pei con l’associato Araldo Cossutta per Tète Défense. Dieci anni dopo, sullo stesso asse parigino, Pei porterà il suo accademismo al disegno del Grand Louvre.

Negli anni successivi al viaggio del ’69 negli Stati Uniti, a ovest di Parigi si è andata disegnando uno skyline metropolitano a dispetto delle proteste dell’opinione pubblica, contraria alla foresta di torri sorta sul Grand Axe.Quando poi, alla metà degli anni Settanta, ha avuto inizio la recessione, l’EPAD, sostenuto dai successivi governi della Quinta Repubblica, ha assunto un ruolo sempre più attivo di intermediazione immobiliare. All’epoca, tuttavia, la dinamica accelerata del packaging stava ormai prendendo le distanze dall’unità formale voluta da Camelot, De Mailly e Zehrfuss nel piano di sviluppo. Le società che da Parigi si trasferivano alla Défense esigevano che le loro nuove sedi avessero una propria individualità e singolarità e hanno dunque optato per un monumentalismo da mercato libero. Ma lo spazio esistente fra questi manufatti non ha mai avuto un vero significato di spazio civico. Le opere d’arte pubblica di Yacoov Agam e Joan Miró o il faraonico «Arche de La Défense» costruito durante il mandato del presidente François Mitterrand – di fatto, un palazzo di uffici governativi in incognito – non sono riusciti a contrastare il campo di forze nascoste nella sezione del superblock. La crosta pedonalizzata, pur integrando l’ambito pubblico, mina alla base la vita urbana. Guarda caso, pare che i grandi manager francesi non vogliano pranzare alla Défense e preferiscano il tradizionalismo culinario della sofisticata Neuilly.

Traduzione di Scriptum

Note

  1. Dai materiali forniti dagli archivi di Defacto, sono emersi dati preziosi sulle prime opere edilizie della Défense e lo sviluppo del centro direzionale. Un ringraziamento speciale va a Johan Huynh-Tan e Jean-Marc Lefevre di Defacto.
  2. COFER Comité Français pour l’Expansion et le Rayonnement International de Paris-La Défense (a cura di), Paris - La Défense métropole européenne des affaires,Editions du Moniteur, Paris 1987, p. 28.
  3. Virginie Lefebvre, Paris - ville moderne. Maine-Montparnasse et La Défense, 1950-1975, Editions Norma, Paris 2003, p. 162.
  4. Kristin Ross, Fast Cars, Clean Bodies. Decolonization and the Reordering of French Culture, The MIT Press, Cambridge (Mass.) 1995, pp. 150-153.
  5. Lefebvre 2003, p.166.
  6. A questo proposito vedi: Françoise Fromonot, La Campagne des Halles. Les nouveaux malheurs de Paris, La fabrique éditions, Paris 2005.
  7. Pierre Chabard, Virginie Picon-Lefebvre (a cura di), La Défense, Editions Parenthèses, Paris 2012, p. 33.
  8. COFER 1987, p.76.
  9. Chabard, Picon-Lefebvre 2012, pp. 25-27.

 

Etichette

Articoli correlati