I luo­ghi per la con­ser­va­zio­ne

Esigenze tecniche e architettoniche per la conservazione di opere d’arte

La varietà del panorama museale svizzero è notevole: si contano 1101 musei nazionali, cantonali e comunali che propongono esposizioni in ambiti artistici, storici, etnografici, tecnici e naturalistici. Con un museo ogni settemila abitanti, il patrimonio museale svizzero costituisce a livello internazionale un primato.

Data di pubblicazione
18-02-2016
Revision
18-02-2016

Quelli dedicati all’arte sono 185 e rappresentano il 19% dell’offerta museale complessiva, con un flusso annuo di circa 3’909’500 visitatori (documento 1).1
Altrettanto intensa è la presenza sul territorio ticinese, che tra i cantoni svizzeri offre la più grande concentrazione di
esposizioni dedicate a storia, arte, scienza, costumi e oggetti rari. Secondo i dati forniti dal DECS2 nel 2011 in Ticino si contavano: 16 musei d’arte e d’archeologia, 29 musei storici ed etnografici, 5 musei naturalistici, 3 percorsi espositivi dicarattere culturale-ricreativo, per un totale di 53 musei. Da notare inoltre che dal 1990 al 2011 sono stati aperti 12 nuovi musei.
Negli ultimi vent’anni si è quindi assistito a un fenomeno generale di crescita delle collezioni, del numero di musei e delle loro attività, passando da una politica culturale più conservativa a una più attiva pur senza negare la propria missione culturale: una pratica che mira dunque alla diffusione della cultura nel rispetto delle nuove esigenze dei visitatori (target) e aperta alle più moderne strategie di marketing e comunicazione. 
Fortunatamente nei musei svizzeri, a differenza di altre realtà europee, persiste una grande sensibilità verso la conservazione e la valorizzazione del proprio patrimonio culturale, che spesso prosegue in sordina rispetto ai singoli eventi (come le mostre temporanee).

Alla base della gestione tecnica e materiale del patrimonio artistico vi è il concetto di «conservazione preventiva», basata su politiche volte a prevenire o rallentare o addirittura annullare i fenomeni di degrado.3 
Il conservatore-restauratore all’interno di un’istituzione pubblica è la figura che opera al fine di assicurare la conservazione delle opere d’arte preservandone l’autenticità materiale e la complessità espressiva, consentendo l’accessibilità alla generazione del presente e garantendone la trasmissione a quelle future.


Basandosi su conoscenze tecniche, scientifiche e socioculturali approfondite, contribuisce alla valorizzazione storico-artistica e materiale delle singole opere d’arte, grazie a un campo di competenze vasto e trasversale che va oltre il semplice intervento di restauro sui singoli oggetti. Si occupa in particolare della conservazione preventiva con supervisione di depositi, sale espositive dal punto di vista ambientale (clima, luce) e tecnico (tipologia di infrastrutture nei depositi, tipologia di imballaggi per la movimentazione e il trasporto, fissaggio e protezione degli oggetti in esposizione) in collaborazione con gli specialisti del settore (ingegneri, architetti, tecnici del clima, della sicurezza e della logistica), allo scopo di ridurre al minimo il deterioramento o il possibile danneggiamento delle opere d’arte. Il conservatore-restauratore è quindi responsabile per la cura delle collezioni nel loro insieme a lungo termine e sviluppa all’interno di un’istituzione una strategia CCS (Collection Care Strategy) in stretta collaborazione con la curatrice delle collezioni, il registrar e il capo tecnico. Rispetto a Svizzera tedesca, Germania, Inghilterra e ai paesi del Nord Europa in generale, tale ruolo alle nostre latitudini e nel bacino mediterraneo è poco presente. 
Raramente ci si appoggia alla consulenza di un conservatore-restauratore con formazione museale per la risoluzione di problemi annessi alla conservazione preventiva, alla progettazione o alla ristrutturazione di nuovi musei e depositi, alla gestione delle collezioni e alla realizzazione del piano di sicurezza. 

Malgrado la riconosciuta importanza della cura delle collezioni e della conservazione preventiva, tutt’oggi sono ancora troppo poche le energie e i finanziamenti dedicati a questo tipo di attività, soprattutto se paragonati agli investimenti dedicati ai grandi eventi culturali in genere. Risorse che diminuiscono costantemente in tempi di crisi e che sono assenti in talune istituzioni (sia queste di natura pubblica o privata): una rinuncia condizionata sicuramente dalla penuria di risorse finanziarie ma in alcuni casi anche dalla poca sensibilità di alcuni singoli operatori verso questo tipo di tematica ritenuta purtroppo non prioritaria. I pochi mezzi finanziari a disposizione dell’ente pubblico e l’aumento delle spese dovuto ai costi crescenti di energia e dispositivi tecnici obbligano a una continua riflessione sull’importanza della sostenibilità finanziaria dell’infrastruttura necessaria.4 La penuria di spazi dedicati alla conservazione (depositi) è un problema conosciuto da tutte le istituzioni.


Una gestione attiva delle collezioni comprendente una valutazione continua della logistica degli spazi e una pianificazione delle riserve a lungo termine è strategica e lungimirante. Il calcolo del volume necessario per un nuovo deposito andrebbe fatto in base alle politiche di acquisizione (opere in deposito provenienti da collezionisti, donazioni, ecc.) e su un periodo di almeno 20 anni. Parallelamente andrebbe discussa la possibilità di conservare o rifiutare oggetti che non soddisfano i criteri di una strategia collezionistica mirata: è oggi logisticamente e finanziariamente possibile continuare a sostenere situazioni tali per cui la parte «sommersa» (quindi non esposta) può raggiungere proporzioni del 95% e oltre? 
Il deposito non deve essere visto solo come un contenitore statico, ma come parte attiva di un museo in quanto costituisce uno dei presupposti fondamentali per adempiere alla missione storica delle nostre istituzioni: «raccogliere – conservare – ricercare – divulgare».5 


La progettazione di un museo (e dei loro depositi) dalle basi etiche e politiche culturali ben definite è quindi molto complessa e si distanzia decisamente dalla realizzazione di una galleria o di un semplice spazio espositivo.6 
L’inserimento di figure tecniche museali all’interno del team di lavoro sin dalla fase preliminare di progettazione è sicuramente essenziale per focalizzare le esigenze di chi, di fatto, utilizzerà fisicamente il museo. Una presenza necessaria anche in fase esecutiva per riuscire a difendere tali richieste anche in situazioni politiche ed economiche poco favorevoli. 


Architetti, ingegneri, committenti (direttori, curatori o collezionisti), tecnici di settore (illuminazione e clima), conservatori-restauratori con competenze in museotecnica (affiancati da staff tecnico e registrar) possono così sviluppare un progetto idoneo all’esposizione e alla conservazione delle opere d’arte, all’accoglienza del pubblico e al comfort del visitatore stesso, pur senza rinunciare all’estetica architettonica.
Si potrebbe altrimenti incappare in errori di tipo logistico (accessi inappropriati per la movimentazione delle opere d’arte o impedimenti sul percorso), tecnico (muri non idonei all’allestimento di dipinti; soffitti non utilizzabili per l’ancoraggio di opere d’arte in sospensione; parametri di clima e luce non conformi agli standard internazionali) e di sicurezza (spesso insufficiente) talvolta risolvibili unicamente a posteriori con interventi d’impatto finanziario notevole.
Costruire un edificio dedicato all’esposizione di opere d’arte implica anche l’analisi dei rischi legati alla loro conservazione. 
Per natura gran parte degli oggetti sono inevitabilmente esposti a un fenomeno di deterioramento in relazione al carattere instabile dei materiali che li costituiscono. L’invecchiamento avviene in maniera naturale e progressiva a causa dell’alterazione delle loro proprietà chimico-fisiche. Condizioni microclimatiche non idonee e procedure di gestione non corrette possono accelerarne i processi e portare alla perdita totale dei beni conservati.7 

In un edificio (sia questo museo o deposito) i pericoli sono numerosi: l’esposizione solare (radiazioni UV, VIS e IR), gli influssi climatici (umidità e temperatura), le infestazioni d’insetti, il carico d’incendio, il maneggiamento maldestro dell’opera stessa e quindi il suo danneggiamento e il furto (documento 2). Gli effetti di deterioramento riconducibili a cause ambientali (quindi a valori non ottimali di conservazione) possono arrecare cambiamenti di forma e di dimensioni, deterioramento biologico, variazioni dimensionali, effetti chimico-fisici (accelerazione delle reazioni chimiche e fisiche), effetti chimici (reazioni di ossidazione, alterazioni dei pigmenti, scolorimenti e sbiadimenti, aumento della fragilità di alcuni materiali), perdita di materiale superficiale, sviluppo dei microrganismi, e infine modifiche dell’aspetto estetico degli oggetti.8 Le direttive internazionali per la conservazione di opere d’arte e quindi per l’accoglienza di quelle in prestito in occasione di mostre temporanee sono molto esigenti, soprattutto riguardo a clima, luce e sicurezza: se non rispettate, possono anche implicare la negazione stessa di un prestito. Durante la progettazione di un museo è necessario quindi conoscere quali sono i pericoli di degrado per le opere d’arte così da poterli minimizzare se non addirittura eliminare al più tardi in fase di esecuzione. 

Luce

Le istituzioni che conservano ed espongono beni culturali significativi evidenziano il loro status con un’architettura di rappresentanza in cui architetti, lighting designer, curatori e responsabili della conservazione dei beni esposti devono ambire anche nell’illuminazione, naturale o artificiale che sia, ai massimi standard qualitativi. Standard raggiunti soddisfando la percepibilità e la preservazione ottimale degli oggetti esposti, così come l’economicità e la sostenibilità.9 
Un concetto illuminotecnico che dovrebbe fornire anche un prezioso contributo all’orientamento, partendo dall’esterno dell’edificio e addentrandosi fino alle sale espositive con lo scopo di guidare il visitatore verso le opere d’arte. 
In ogni spazio dedicato, sia questo in un palazzo storico o in un edificio completamente nuovo, l’illuminazione è chiaramente una delle sfide più complesse. 
Pur avendo un ruolo centrale, un sistema d’illuminazione equilibrato non dovrebbe avere carattere dominante ma dovrebbe potersi integrare perfettamente nello spazio architettonico prescelto. 
Una tematica che spesso è motivo di discussione tra architetto e committente, laddove il primo cerca di convergere tutte le linee in un’armonia architettonica ed estetica confacente al proprio progetto, il secondo mette invece in primo piano la qualità e la praticità dell’illuminazione sull’opera d’arte come anche il rispetto dei parametri di conservazione.


Per soddisfare qualsiasi esigenza espositiva e conservativa, il concetto di sistema d’illuminazione dovrebbe essere di ultima generazione (attualmente a led) e poter offrire la massima flessibilità, dando la possibilità di creare gli effetti di luce desiderati: di tipo diffuso, quindi morbido, o puntuale e scenografico. L’illuminazione in esposizioni di genere misto è sicuramente la più complessa in quanto ogni genere artistico (carta, fotografia, scultura, dipinti a olio, installazioni ecc.) richiede parametri di conservazione diversi (documento 3). Se da un lato le diverse intensità luminose favoriscono una gerarchizzazione della luce, dall’altro molto più difficile è l’ottenimento di un insieme armonioso.

La luce naturale sfruttata con intelligenza contraddistingue le architetture e valorizza qualsiasi oggetto, riducendo al minimo la quantità d’illuminazione artificiale necessaria.10 È sicuramente uno degli elementi più preziosi poiché risalta al meglio la cromia della materia costituente l’opera d’arte e soddisfa appieno il comfort visivo, ma è anche la più complessa da gestire dal punto di vista conservativo.11 
Tra i musei più importanti che fanno uso principalmente di luce naturale vi è la Fondazione Beyeler a Basilea (Svizzera) di Renzo Piano. Una luce che viene rielaborata, filtrata, adattata a ogni nuova mostra (a seconda delle esigenze delle opere esposte) e integrata con elementi di luce artificiale sia in caso di presenza di oggetti molto delicati (in cui la luce naturale viene schermata quasi interamente) sia per compensare giornate di buio e in caso di eventi serali. Un’operazione molto complessa e delicata che coinvolge costantemente tutti gli operatori del museo: curatori, conservatori-restauratori, tecnici museali.
Un interessante approccio all’illuminotecnica museale è sicuramente quello che si può ammirare al Museo Frieder Burda di Baden Baden (Germania), firmato dall’architetto newyorkese Richard Meier (immagine 1). I progettisti sono riusciti a convergere all’interno degli spazi una notevole quantità di luce diurna, senza oltrepassare i livelli di luce consentiti, grazie allo sviluppo un sistema innovativo di schermatura solare e di direzionamento della luce naturale. Nei saloni espositivi l’installazione di una serie di wall-washer nel pavimento del piano intermedio imitano infiltrazioni di luce naturale lungo le pareti. Gli spot sono invisibilmente montati fra i canali luminosi. 

Un esempio ticinese coinvolgente è stato quello della Fondazione Erich Lindenberg di Porza (immagine 2). Una casa patrizia nel nucleo trasformata in fondazione d’arte per volere della proprietaria: una ristrutturazione in armonia con l’idea progettuale degli architetti Wettstein e Conconi, con i contenuti della collezione (la produzione dell’artista Erich Lindenberg) e soprattutto con tutti quei parametri di conservazione e di sicurezza definiti secondo standard museali internazionali. 
La discussione riguardo alla scelta della tipologia di luce e quindi del concetto illuminotecnico è stata molto complessa e ha posto inizialmente motivo di disaccordo tra le parti. Un confronto costruttivo e una stretta collaborazione tra le diverse figure12 ha però portato a trovare il giusto compromesso tra estetica e conservazione. La luce naturale, proveniente dalle molte finestre, è stata integrata con un’illuminazione perimetrale di neon abbinati a riflettori asimmetrici (wallwasher) e con dei binari elettrificati per fari regolabili inseriti a croce nel controsoffitto per un effetto più puntuale. Il posizionamento dei wallwasher è stato studiato sia dal punto di vista illuminotecnico (incidenza angolare della luce sulle pareti) sia dal punto di vista estetico (in armonia con le linee dell’architettura e dell’utilizo dei locali). 

Clima

Il controllo microclimatico (monitoraggio) degli ambienti destinati all’esposizione e alla conservazione delle opere, inteso come controllo dei parametri di temperatura, umidità relativa, radiazioni elettromagnetiche e qualità dell’aria all’interno sia dei macro-ambienti (sale espositive, depositi ecc.) che dei micro-ambienti (vetrine, casse per il trasporto ecc.), è da decenni tra le priorità più importanti nella gestione tecnica di un museo. 
Il degrado riconducibile a cause ambientali è un processo di natura cumulativa, in cui interviene sia il numero sia l’intensità dei singoli eventi. Ogni perturbazione ambientale contribuisce ad accelerare il processo di degrado, percettibile spesso solo dopo decenni.14 


Il dibattito internazionale su quali siano i parametri standard da rispettare per le collezioni museali è tuttora in corso e non verrà risolto a medio termine. I cambiamenti climatici del pianeta, l’aumento dei costi di gestione d’impianti climatici sempre più complessi, la percorribilità di strategie di controllo climatico alternative e l’effetto di condizioni climatiche inappropriate sull’opera d’arte pongono importanti interrogativi per i conservatori-restauratori.15 
Il convegno Climate for collections – standards and uncertainties (Münich, 2012), promosso dal Dörner Institut di Monaco di Baviera, ha riaffrontato con coraggio tutta una serie di tematiche legate al controllo del clima all’interno dei musei, riportando al centro la controversia che sta attanagliando gli operatori del settore (direttori e conservatori-restauratori) da qualche decennio: è possibile o meno allentare gli intervalli tra minimi e massimi accettabili?
Tali parametri devono essere tematizzati e discussi nella fase preliminare di qualsiasi progetto di tipo museale: a quali oscillazioni può essere esposto un determinato oggetto durante un ciclo giornaliero? A quali durante un ciclo annuale? Quale tasso di ricambio d’aria è ideale? A quali caratteristiche deve adempiere l’impianto affinché non vi siano oscillazioni superiori a quelle definite e permesse? Quali sono i costi d’investimento e quali di mantenimento?16
Attualmente i musei sono classificati in base all’efficienza della propria strategia di controllo sulle condizioni ambientali all’interno dell’edificio. I più importanti musei internazionali, tra cui nel nostro territorio anche il MASI (Museo d’arte della Svizzera Italiana – Lugano al LAC) sono classificati nella categoria AA (documento 4).

Il museo Brandhorst

Situato a Monaco di Baviera è tra i musei più riusciti e all’avanguardia dal punto di vista della tecnica dedicata all’illuminazione e alla climatizzazione, un progetto realizzato dallo studio di architettura di Berlino Sauerbruch Hutton
La committenza richiedeva un museo fatto di luce diurna, ma costruito nel massimo rispetto di tutti i criteri dell’efficienza energetica e senza finestre. È stata quindi trovata una soluzione architettonica che portasse luce naturale a tutti e tre i livelli espositivi, attraverso un sistema di lamelle e una copertura tessile translucida per aumentarne il grado di diffusione.

Un’altra peculiarità affascinante dell’edificio è quella del sistema di riscaldamento e raffreddamento. Le richieste di adempimento di tutta quella serie di parametri qui precedentemente citati (temperatura e umidità relativa) implicano spesso impianti molto complessi con enormi costi di gestione. Per ridurre tale dispendio è stato quindi progettato un sistema innovativo che ha ridotto il consumo del 50% per l’energia termica e del 26% per l’energia elettrica.17 
Il museo viene quindi temperato non solo grazie all’aria proveniente dall’impianto di ventilazione ma anche grazie all’attivazione dei muri costituenti l’edificio. Acqua calda e acqua fredda scorrono ad alta pressione in tubi di rame posti a circa 10 cm al disotto dell’intonaco dei muri perimetrali e dei pavimenti: tale operazione impedisce all’aria calda in estate o all’aria fredda in inverno di penetrare attraverso i muri mantenendoli asciutti.18 Di fatto si tratta di un’evoluzione di quello che era l’antico sistema di riscaldamento romano (ipocausto) e della più recente Temperierung utilizzata a partire dal 1983 da Henning Grosseschmidt.

Dietro ogni progetto dedicato alla realizzazione di un museo, di un deposito o di un allestimento per una mostra temporanea, è opportuno che dal punto di vista tecnico e conservativo la linea progettuale sia sviluppata coinvolgendo le diverse figure museali sin dalla fase embrionale: un team di lavoro che da subito possa accogliere le richieste di ognuno e individuare il giusto compromesso, tra esigenze progettuali, estetiche, tecniche, logistiche, di sicurezza e di conservazione. 
La necessità di rispettare i parametri di conservazione e quindi la loro applicazione può portare alla ricerca di un progetto architettonico che non abbia paura di essere innovativo e di indagare nuove vie realizzative.

Note

  1. Museumsbesuche in der Schweiz, Statistischer Bericht 2013

    (www.museums.ch).

  2. Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport,

    Divisione della cultura e degli studi universitari,

    Bellinzona.

  3. Nel codice etico dell’icom si legge: «I musei sono garanti

    del patrimonio culturale e hanno come prima responsabilità

    di assicurare la conservazione e la valorizzazione di tale

    patrimonio, nonché le risorse umane, fisiche e finanziarie

    destinate a tale fine. Il museo è tenuto a stabilire e

    applicare politiche tali da garantire che le collezioni

    (permanenti e temporanee) e le informazioni associate,

    correttamente registrate, siano disponibili per l’uso

    corrente e siano trasmesse alle generazioni future nelle

    migliori condizioni possibili, tenuto conto delle conoscenze

    e delle risorse disponibili. La conservazione preventiva

    è un elemento importante delle politiche museali e

    della cura delle collezioni. I professionisti museali hanno

    la responsabilità fondamentale di creare e mantenere

    condizioni ambientali tali da proteggere le collezioni loro

    affidate, in deposito, in esposizione o in transito.

    Il museo è tenuto a monitorare le condizioni delle

    collezioni per stabilire quando un oggetto o esemplare

    richieda interventi di conservazione o restauro e

    l’intervento di un conservatore o restauratore qualificato.

    L’obiettivo principale deve essere quello di stabilizzare

    le condizioni dell’oggetto o dell’esemplare. Tutte le

    procedure di conservazione devono essere documentate

    e reversibili. Ogni modifica dell’oggetto o dell’esemplare

    originale deve essere chiaramente identificabile».

  4. Huber, Joachim, In che misura il bene culturale fa bene

    alla cultura?, www.museums.ch, 9/2014.

  5. Huber, Joachim, In che misura il bene culturale fa bene

    alla cultura?, www.museums.ch, 9/2014.

  6. Luoghi in cui purtroppo spesso la cura delle opere

    d’arte dal punto di vista conservativo e materico non

    è particolarmente trattata poiché costosa.

  7. Conservazione preventiva e controllo climatico nel contesto

    degli standard museali. Regione Toscana, giugno 2010

    (www.regionetoscana.it)

  8. Conservazione preventiva e controllo climatico nel contesto

    degli standard museali. Regione Toscana, giugno 2010

    (www.regionetoscana.it)

  9. Fonte (20.11.15): https://www.erco.com/download/

    content/30-media/7-erco_light_for_museums/en_erco_

    lightformuseums.pdf

  10. Portando anche a un notevole risparmio energetico.

  11. La luce naturale, come tutte le fonti di illuminazione

    presenti nei musei, deve essere categoricamente libera

    dalle radiazioni uv.

  12. Architetti, conservatore-restauratore, curatore.

  13. Le altezze dei controsoffitti non permettevano di erodere

    ulteriori centimetri per l’utilizzo dei modelli a scomparsa.

  14. Conservazione preventiva e controllo climatico nel contesto

    degli standard museali. Regione Toscana, giugno 2010

    (www.regionetoscana.it)

  15. Ashley-Smith, J., Burmester, A., Eibl,M., Climate for

    collections – standards and uncertainties, Dörner Institut:

    Münich (2013).

  16. Huber, J., Klimavorgaben für Kulturgüterdepots: ein vertretbarer

    Kompromiss, Prevart GmbH, 1.2015

  17. Fonte (24.11.15): http://www.museum-brandhorst.de/de/

    architektur/architektur.html

  18. Fonte (24.11.15): http://www.museum-brandhorst.de/de/

    architektur/architektur.html

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