Dia­lo­ga­re con l’ac­qua tra tec­ni­ca e com­ples­si­tà

Dialog mit dem Wasser – zwischen Technik und Komplexität

Progettare e definire uno spazio, un territorio o un paesaggio, riqualificarlo, cambiarne la destinazione o la percezione, significa quasi sempre dialogare con l’acqua e con i suoi comportamenti.

Data di pubblicazione
11-04-2013
Revision
12-10-2015
Roberto Revelli
Ingegnere, docente di Meccanica dei fluidi, idraulica fluviale, idrologia e sistemi idraulici per il paesaggio

Difficile immaginare un «progetto» che non coinvolga l’acqua e la sua gestione in senso lato: acqua che si muove, trasporta e interagisce; acqua da accumulare e sfruttare; acqua da usare, contaminare, scaricare, ripulire, riusare; acqua che scorre in sistemi naturali, dalle precipitazioni alle acque sotterranee, dai fiumi e torrenti ai laghi, dalle paludi ai mari e agli oceani; acqua che scorre in tubi, in canali e manufatti; acqua immagazzinata in serbatoi e dighe, acqua che alimenta esseri viventi vegetali ed animali; acqua che entra in contatto con i bisogni e le specificità dell’uomo.1

Il discorso che si vuole affrontare in questa nota prende spunto dall’esperienza di insegnamento del modulo di Ingegneria Idraulica dei Giardini Storici, per il Corso di Laurea Magistrale in Progettazione delle Aree Verdi e del Paesaggio del Politecnico di Torino, che ha permesso di elaborare alcune idee circa l’importanza di una corretta trattazione dei sistemi idraulici e delle conseguenti scelte tecniche. Sebbene i concetti esposti saranno di carattere generale, essi saranno contestualizzati attraverso l’esposizione di un caso concreto, riferito all’esperienza maturata2  durante i lavori di restauro del Parco Reale di Racconigi (Cn) voluti dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Piemonte:3 attraverso alcune immagini e didascalie descrittive sarà possibile una trasposizione tecnico-pratica delle nozioni generali.

Da un punto di vista idraulico il «giardino» o «parco» (spazio fisico oggetto dell’intervento) è rappresentato da un volume tridimensionale e da una superficie di contorno bidimensionale attraverso la quale il fluire dell’acqua mette in contatto un mondo interno con un universo esterno. Il sistema giardino è, di conseguenza, il nodo di una rete di sistemi le cui interconnessioni dinamiche sono rappresentate da flussi d’acqua. A sua volta il nodo stesso può essere pensato come una rete di sottoinsiemi interconnessi da flussi d’acqua. Essendo uno spazio fisico sarà caratterizzato da scale spaziali e da un’evoluzione temporale che gli fa acquisire le caratteristiche di un sistema dinamico. Il Parco Reale del Castello di Racconigi è territorialmente inserito nel bacino idrografico del Torrente Maira, si estende per circa 190 ettari e presenta un sistema di navigli (circa 2500 metri) e un grande lago (esteso per circa 6 ha); il progetto di restauro ha preso in considerazione sia gli aspetti territoriali e di rapporto con il mondo esterno per la gestione della risorsa idrica, sia gli elementi naturali e artificiali che vedono la presenza di acqua (navigli, grande lago, giochi d’acqua, impianti tecnici...).

Stabilito l’oggetto di riferimento, i concetti tecnici possono essere racchiusi in due archetipi: l’acqua non è un’entità senziente o metafisica e l’idraulica non basta a se stessa.

Alla prima idea si giunge se si riflette sul fatto che l’acqua non ha possibilità di scelta e non può essere considerato un interlocutore politico. L’acqua, per la sua fisicità intrinseca, deve seguire le immutabili leggi proprie della meccanica dei fluidi, di continuità e del moto. Trascurando per semplicità tutti gli aspetti legati alle trasformazioni termodinamiche (necessarie quando si vogliano capire la chimica, la biologia o l’ecologia delle acque), da esse deriva, ad esempio, l’importantissimo concetto di conservazione della massa (la massa d’acqua uscente dal sistema nell’unità di tempo è pari alla massa entrante diminuita della massa accumulata internamente al sistema) o le leggi della quantità di moto o del momento della quantità di moto dalle quali, in ultima analisi, dipende se, come e perché l’acqua si muove, con che tempi e quantità o come interagisce con le strutture e gli impianti con cui viene a contatto.

La seconda idea è il vero punto di forza di qualsiasi progetto che coinvolge l’acqua. L’idraulico non può lavorare da solo perché se le leggi che governano il comportamento dell’acqua sono di carattere prettamente idraulico, i vincoli che il sistema pone sono in molti casi extra-idraulici e affondano le radici nelle molteplici scienze e discipline che ruotano intorno alla sostanza acqua: politica, economia, storia, filosofia, urbanistica, per citare le più ovvie. Ne consegue che le parole chiave per una buona progettazione idraulica sono multidisciplinarietà e dialogo. 

Avendo posto i modelli che regolano il comportamento fisico dell’acqua alla base della presente discussione, per capirne l’importanza e quanto incidano sugli aspetti tecnici della progettazione è bene ricordare, brevemente, come tali modelli sono nati, si sono evoluti e come influenzano l’esecuzione di un buon progetto di restauro. 

L’epoca d’oro dell’idraulica come scienza va dal XVII al XIX secolo. Sono gli anni, infatti, in cui vengono formalizzate le regole fisiche e matematiche di comportamento dell’acqua attraverso il ragionamento  speculativo e la sistematizzazione degli esperimenti. In questi secoli gli scienziati studiano i problemi da sempre affrontati dagli idraulici dei millenni precedenti: capire l’interazione tra il fluido e la struttura che lo contiene e valutare in che modo è possibile spostare (e a quale prezzo) acqua da un punto all’altro. Le esigenze che portano ad affrontare tali problemi sono, di solito, il dimensionamento dei sistemi d’irrigazione e distribuzione di acqua potabile, la produzione di forza motrice mediante i mulini e, in misura minore, le opere di difesa dalle esondazioni.4

L’avvento del metodo scientifico consente di razionalizzare e descrivere, mediante modelli matematici, la realtà fisica del comportamento dell’acqua. Con un percorso che abbraccia alcuni secoli, si giunge, nella seconda metà del XIX secolo, a codificare i modelli di evoluzione dinamica dell’acqua. Con le limitazioni proprie di qualsiasi elencazione si possono citare convenzionalmente un inizio con i lavori di Benedetto Castelli (1577-1643) e Evangelista Torricelli (1608-1647), un punto nodale rappresentato dal teorema di Daniel Bernoulli (1700-1782) e un momento «definitivo» simboleggiato dalle equazioni attribuite a Henri Navier (1785-1836) e George Gabriel Stokes (1819-1903), che rappresentano le leggi più generali e universali che regolano il comportamento di un fluido come l’acqua.

Nello stesso periodo si diffondono opere tecniche fondamentali quali Les raisons des forces mouvantes (Salomon de Caus, 1576-1626), La théorie et la pratique du jardinage (Antoine-Joseph Dezallier d’Argenville, 1680-1765) o Architecture hydraulique (Bernard Forest de Bélidor, 1698-1761) che contengono al loro interno la quasi totalità della summa del sapere tecnico idraulico dell’epoca.5 Leggendole appare evidente, tra l’altro, come parchi e giardini siano spesso la palestra dove provare e sperimentare nuovi modelli e idee, vere e proprie fucine d’innovazione in campo idraulico: il Parco del Castello di Racconigi ad esempio vede all’opera le figure, sia pure non direttamente sul campo, di André Le Nôtre (1613-1700), del paesaggista prussiano Xavier Kurten (?-1840) o dei fratelli Marcellino (1814-1892) e Giuseppe (1854-1892) Roda.

L’inizio del XX secolo segna un passaggio cruciale che cambia il rapporto tra uomo e idraulica e fra questa e il territorio ed è parimenti l’epoca in cui, mediamente, parchi e giardini cessano di essere luoghi chiusi e privati e si aprono al pubblico o diventano di gestione pubblica.6  In questo periodo studiosi quali Osborne Reynolds (1842-1912), Edgar Buckingham (1867-1940), Ludwig Prandtl (1875-1953), Theodor von Karman (1881-1963), Geoffrey Ingram Taylor (1886-1975), Andrey Nikolaevich Kolmogorov (1903-1987), indagando le soluzioni dei modelli trovati nel secolo precedente, fissano le parole chiave legate alla progettazione idraulica attuale: complessità, turbolenza, caos, stocasticità, incertezza e gestione del rischio diventano i concetti con cui confrontarsi. La non linearità matematica dei modelli impedisce l’applicazione del principio di sovrapposizione degli effetti; dal determinismo si passa a una concezione statistica e stocastica dei fenomeni: la soluzione dei problemi non risiede più nella determinazione di una grandezza, ma nel calcolo della distribuzione di probabilità che un evento accada o del rischio che si verifichi un evento avverso.

Come conseguenza la progettazione idraulica si modificae passa, nell’arco di un secolo, da una visione «costruttiva» a una visione per così dire «ambientale» e «gestionale». I problemi tecnici di base, infatti, sono stati risolti brillantemente nel secolo precedente: la dimensione ottimale di un tubo o quale forma e pendenza dare a un canale per irrigare un campo non costituiscono una novità o un campo sul quale merita ancora spendere energie.

Si è detto all’inizio che il parco è nodo di una rete dinamica e i flussi d’acqua sono i collegamenti, anch’essi dinamici, tra i nodi. Progettare un giardino o un parco oggi significa gestire tali collegamenti soprattutto nell’ottica della complessità: i cambiamenti climatici e la mancanza di risorse economiche sono i nuovi problemi che un idraulico deve affrontare. La vera sfida non è progettare i sistemi nell’ipotesi che l’acqua sia disponibile (così com’era, di solito, per i progettisti dei grandi parchi e giardini storici) ma sapendo che gli input del sistema sono stocastici, si sono modificati e si modificheranno ancora e che quasi sicuramente le risorse diminuiranno nel futuro. Trattare progetti idraulici avulsi da concetti quali il patto generazionale o la gestione sostenibile della risorsa acqua non ha più alcun senso soprattutto da un punto di vista tecnico.

A titolo di esempio, all’interno del vasto progetto di restauro del Parco Reale del Castello di Racconigi, si considerino il sistema dei navigli e del Grande Lago e si supponga per semplicità di voler rifunzionalizzare un tratto di naviglio riportandolo alla situazione presente nel 1839 e desumibile dalle testimonianze storiche riconducibili al progetto del Kurten. 

Il primo livello di progettazione idraulica prevede di capire quali siano le grandezze in gioco: portata, geometria, pendenza del sistema e materiale che costituisce il canale. La pendenza del fondo è vincolata dalla topografia.7 Il materiale di cui è composto il naviglio incide sull’attrito e sulle dissipazioni di energia e può essere indicato da un coefficiente di scabrezza. La geometria dipende dalla forma della sezione e le grandezze d’interesse sono l’altezza d’acqua rispetto al fondo e la larghezza trasversale in superficie. Occorre a questo punto formulare alcune ipotesi: tutte le grandezze devono essere costanti nel tempo (moto permanente) e nello spazio (moto uniforme), ovvero la portata, la pendenza, il materiale e la geometria devono mantenersi costanti (a rigore sarebbe necessario un canale infinitamente lungo ma si supponga che esso sia «abbastanza» lungo).

Stabilite queste ipotesi i modelli si riducono alla nota formula algebrica di Chezy (1718-1798). Tutte le grandezze eccetto una devono essere note a priori o calcolabili per altre vie e solitamente non è possibile dedurle per via idraulica: ad esempio la pendenza deriva dalla topografia, il materiale dalla geologia e dalla geotecnica, la portata dall’idrologia o dalle regole politiche di gestione dei flussi entranti nel giardino, di prelievo e uso, la larghezza ha vincoli di natura storica o urbanistica e così via. Una volta fissate tutte le rimanenti grandezze, l’incognita è vincolata in modo inderogabile al rispetto della legge di Chezy. E chiaro comunque che la validità dei risultati dipende in primo luogo dall’accuratezza con cui si conoscono i dati di partenza ma soprattutto dalla coerenza con le ipotesi assunte. Nella realtà, innanzitutto, il naviglio non ha una lunghezza infinita, non ha una forma costante, né tantomeno una scabrezza assimilabile a una sola tipologia.

Assumendo sempre che il contorno sia rigido, cioè non vari nel tempo, è certo che la portata non sarà costante ma dipenderà da variazioni di carattere stagionale o semplicemente dal fatto che altri utenti prelevano, a monte, l’acqua per il loro scopi.8 A stretto rigore il modello usato, la legge di Chezy, non è più valido e progettare significa chiedersi quale sia l’errore che si commette adottandolo fuori dalle ipotesi di validità: il problema si trasforma in una gestione dell’incertezza, presente nei dati d’ingresso e nelle misure effettuate, che si propaga nei risultati i quali devono però rimanere entro i limiti accettabili dettati dall’ordine di grandezza del problema.

Un secondo livello è, allora, necessario perché in realtà il naviglio è inserito in un sistema (compreso il Grande Lago, difficilmente assimilabile a un sistema monodimensionale) ovvero il suo comportamento e  le sue condizioni al contorno dipendono dalla presenza degli altri tratti. In pratica, ciò significa il ricorso a modelli matematici più raffinati i quali, per loro natura, richiedono più dati in ingresso, sono più delicati nella loro risoluzione e necessariamente contengono termini alle derivate parziali poiché le grandezze dipendono dallo spazio e dal tempo (moto vario). 

Il salto è enorme e purtroppo non può essere compiuto mediante steps parziali: occorre mettere in campo modelli quali le equazioni di Navier-Stokes o almeno una loro forma semplificata quali le equazioni di Adhémar Jean Claude Barré de Saint-Venant (1797-1886) o le shallow water equations,  che comunque contengono termini non lineari.9

Improvvisamente il problema diventa sicuramente più complicato al punto che può sorgere il dubbio se non sia meglio ritornare alle «certezze» insite nei modelli più semplici, grossolani ma facilmente gestibili. La risposta a quest’ultimo quesito dipende dal tipo di problema che si sta affrontando, dall’ordine di grandezza e dalla precisione con cui si vogliono ottenere i risultati.10

Si provi ora a estendere ulteriormente il ragionamento. Si è, infatti, supposta una forma geometrica del naviglio fissa nel tempo, ovvero con fondo e sponde costituiti da materiale non erodibile: cemento, assi di legno, laterizio ecc. o, in alternativa, sabbia, ciottoli e ghiaia ma con una corrente d’acqua con scarsa capacità erosiva. Nella stragrande maggioranza dei casi pratici, come quello in questione, bisogna considerare che, nel suo movimento, l’acqua sposta le particelle che costituiscono il contorno del sistema nel quale sta scorrendo modificandone così la geometria. Occorre, quindi, introdurre i concetti propri della teoria del trasporto solido e delle leggi (piuttosto complicate per la verità) con cui una corrente turbolenta interagisce con una superficie composta da particelle eterogenee per forma, peso e mutua interferenza.11

I modelli di riferimento diventano la teoria di Albert Frank Shields (1908-1974) che stabilisce se una corrente è in grado di spostare una particella solida posta sul fondo o sulle sponde, la teoria di Hans Albert Einstein (1904-1973) che permette di quantificare, mediante l’analisi statistica della turbolenza, il numero di particelle spostate (ovvero la portata solida) e infine la morfodinamica, che convenzionalmente si fa iniziare con la proposizione della legge di Felix Maria von Exner-Ewarten (1876-1930), che permette di studiare come si deforma il sistema e come evolve nel tempo. Ancora sarà necessario confrontarsi con un modello matematico non lineare alle derivate parziali e con parametri sempre più difficili (e costosi) da determinare sperimentalmente. 

Perché occorre arrivare a questo livello? Sempre limitandosi ad alcuni concetti generali, la motivazione più eclatante, e comunque sotto gli occhi di tutti, è che nel tempo il corso d’acqua si muove e migra in senso planoaltimetrico, (lungo le tre direzioni verticale, trasversale e longitudinale) e con un fondo che presenta ondulazioni (le cosiddette forme di fondo, ripples, dune, antidune…).12 In altre parole i modelli descrivono e permettono di studiare cioè che è assolutamente evidente osservando una corrente liquida che scorre su un materiale non compatto: il moto rettilineo non è un moto stabile, la natura non riesce a procedere lungo linee rette ma devia, curva e costringe i sistemi a evolvere attraverso curve.

Rettificare e spianare sono le azioni più innaturali e matematicamente insensate che si possano immaginare per un corso d’acqua. A questo livello il compito dell’idraulico è capire l’evoluzione del sistema, le sue scale spaziali e temporali, in modo da poter dimensionare correttamente opere e interventi, che necessariamente interagiranno e modificheranno tale dinamica, ben sapendo che, per quanto si tenti, non è possibile riportare il sistema naturale a uno stato originario stabile o impedire la sua trasformazione.

Infine, un successivo livello. Si è iniziato, infatti, supponendo che il naviglio trasportasse acqua e il passo precedente ha messo in luce che l’evoluzione morfodinamica del canale dipende dall’interazione e dal trasporto del materiale solido. In realtà l’acqua trasporta molto di più: ossigeno, sostanze, microorganismi, pesci, invertebrati, nitrati, fosfati, metalli, vegetali, rami e alberi, rifiuti ecc. In altre parole il flusso (fisico e idraulico) dell’acqua è motore fondamentale per altre discipline in quanto vettore di trasporto di elementi vitali o potenzialmente pericolosi: biologia, chimica, ecologia, biogeochimica, agraria, zoologia ecc. Parlando di ecologia e biogeochimica è evidente che il grado di complessità del problema aumenta ma è parimenti indiscutibile  l’importanza della corretta determinazione della velocità dell’acqua, la sua turbolenza o la quantificazione dei flussi. Il modello idraulico di riferimento sarà l’equazione di dispersione-advezione (e le successive evoluzioni) in grado di valutare il comportamento di uno scalare trasportato da una corrente turbolenta.13

Richiamando quanto detto al livello precedente, ad esempio, le caratteristiche chimico-fisiche delle acque influenzano direttamente la qualità e quantità delle radici delle specie vegetali presenti sulle sponde o sul fondo. Dalle radici dipendono il grado di erodibilità del terreno e la conseguente possibilità per l’acqua di spostare le particelle e così via. La complessità ora si declina in interazioni acqua-solido-sostanzevegetazione che testimoniano l’alta interdipendenza dei sistemi.14 

Ancora con riferimento al Parco Reale del Castello di Racconigi è necessario misurarsi con il sedimento solido limoso (abbondante e di granulometria molto fine) movimentato dall’acqua e con le grandi concentrazioni di nitrati e fosfati dovuti in primo luogo all’estensivo sfruttamento delle acque a monte per operazioni di tipo agricolo e per la pesante, ma economicamente importante, presenza zootecnica (in particolare suinicoltura). Fermare il progetto di restauro a una semplice rifunzionalizzazione dei navigli senza prevedere vasche di sedimentazione o una costante opera di manutenzione delle  sponde o del fondo, senza impedire l’eutrofizzazione del sistema (mediante sistemi di depurazione, fitodepurazione, constructed wetlands  ecc.) o senza un costante dialogo con gli utenti esterni (allo scopo di disporre di più acqua soprattutto nella stagione estiva) condurrà inevitabilmente (e non per colpa dell’acqua) ad un nuovo e ineluttabile declino del sistema.

In conclusione, le scelte tecniche che guidano la progettazione idraulica del sistema scelto sono direttamente correlate al livello e al grado di complessità che s’intende affrontare. Tale complessità ha vincoli e leggi fisiche ben precise dalle quali non è possibile prescindere o delle quali non è possibile trascurare gli effetti: ogni livello di complessità deve essere affrontato con gli strumenti opportuni e conoscendone pregi e difetti. 

Considerare il giardino come un pezzetto molto particolare, perché unico, del grande ciclo dell’acqua è forse una delle vie più affascinanti per capire il giusto equilibrio tra complessità e bellezza che esso rappresenta. 

Note

  1. P. Ball, H2O Una biografia dell’acqua, Milano 2000.
  2. Cavagnero P. Revelli R, 2009, Numerical model application for the restoration of the Racconigi Royal Park (CN, Italy).«Journal of Cultural Heritage», 10: 514-519.
  3. M. Macera (a cura di), Real Parco di Racconigi. Il sistema delle acque, Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio del Piemonte,* Racconigi 2006.
  4. Si inseriscono in questo contesto le grandi canalizzazioni delle civiltà mesopotamiche, egiziane, indo-cinesi e mesoamericane, gli acquedotti romani (cfr. Giulio Sesto Frontino, 40-103 d.C.), le grandi opere di bonifica in epoca medioevale e rinascimentale. Con alcune notevoli e importantissime eccezioni, quali la scuola greca-ellenista (cfr. Archimede, 287-212 a.C.), si affrontavano e risolvevano i problemi da un punto di vista esclusivamente esperienziale Cfr. H. Rouse, S. Ince, History of Hydraulics, Institute of Hydraulic Research, Iowa City 1957.
  5. P. Cavagnero, M.A. Giusti, R. Revelli, Scienza idraulica e restauro dei giardini, Celid, Torino 2009.
  6. Il passaggio dalla gestione privata alla gestione pubblica comporta solitamente un mutamento dei modi, tempi e usi dell’acqua che condizionano pesantemente la gestione dei beni (cfr. F. Canestrini, M.R. Iacono, Il governo dei giardini e dei parchi storici: restauro, manutenzione, gestione, Napoli 2001).
  7. La pendenza del fondo è in realtà legata all’energia potenziale disponibile al sistema per far transitare una determinata portata.
  8. Nel caso presente tipicamente il prelievo degli utenti avviene per ragioni irrigue mentre nei casi generali si incontrano necessità anche di uso potabile, industriale o idroelettrico.
  9. B.R. Munson, D.F. Young, T.H. Okiishi, Fundamentals of Fluids Mechanics, Hoboken 2002.
  10. Oggigiorno si è enormemente aiutati dai calcolatori e da software dedicati e commerciali il cui uso richiede però un’attenta conoscenza dei modelli che essi stanno implementando. Per l’esempio in questione è stato utilizzato il software commerciale SMS (Surface-Water Modeling System Description) 8.0.
  11. M. Garcia (a cura di), Sedimentation Engineering (Manual 110): processes, measurements, modeling and practice, ASCE American Society of Civil Engineers, Reston 2007 
  12. A. Armanini, Principi di idraulica fluviale, Cosenza 2005$
  13. H.B. Fischer, J.E. List, R. Koh, J. Imberger, N.H. Brooks, Mixing in Inland and Coastal Waters, New York 1979
  14. Per non appesantire troppo il discorso si accenna brevemente ai recenti studi sulla cosiddetta zona iporeica, la «pelle» del corso d’acqua: è questa, infatti, la zona, larga da alcuni centimetri a diverse decine o centinaia di metri, che regola gli scambi e i contatti tra le acque superficiali e le acque sotterranee, gli acquiferi, che si muovono nel terreno adiacente. Il concorso delle diverse discipline, tra le quali l’idraulica ha il compito di quantificare i flussi che transitano da un ambiente all’altro, ha riconosciuto che la zona iporeica è l’ecotono che regola lo stato di salute ecologica di entrambi gli ambienti e di conseguenza progettare le opere e gli impianti, a questo livello, significa conformarle alle leggi che regolano gli scambi nella zona iporeica o almeno alla consapevolezza della sua esistenza (cfr. J. Jones, P.J. Mulholland, Streams and Ground waters, Academic Press, San Diego 2000 

Roberto Revelli è ingegnere. Docente di Meccanica dei Fluidi, Idraulica Fluviale, Idrologia e Sistemi Idraulici per il Paesaggio. Vice direttore del diati, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture, del Politecnico di Torino. 

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