Con­ser­va­re, tra­sfor­ma­re: il Pia­no-pro­get­to per Ri­va San Vi­ta­le

Data di pubblicazione
10-08-2022
Serena Maffioletti
Prof. di Composizione architettonica e urbana e coordinatrice scientifica dell'Archivio Progetti presso l'Università Iuav di Venezi

La casa di Flora Ruchat-Roncati a Riva San Vitale era un approdo disciplinare, oltre che affettivo. Da quel falansterio che aveva inventato, dal suo studio un po' recondito dietro al loggiato, lei irraggiava verso la vita un felice sapore di futuro, che abbracciava con familiarità e naturalezza le persone, le cose, le architetture, e questo suo paese, che tanto rappresentava per lei. Lasciando la casa, la cui parete aveva trasformato in una grande finestra ticinese dove incombeva la roccia del monte, passeggiando con piacere allegro, lei svelava in una limpidezza quasi rinascimentale la forma di Riva, ordinata tra i monti e l'acqua, tanto nella fissità atemporale del centro antico quanto nella trasparenza delle nuove scuole sui prati… Snodava così una promenade architecturale, dove gli edifici esistenti e quelli immaginati si componevano in un pensiero in divenire, in un'immagine di città, non ideale ma positivamente composta tra passato e futuro, architettura e paesaggio.

Con Flora Ruchat-Roncati ho dialogato e visitato suoi cantieri e costruzioni. Avvertivo, sempre, che assumere un incarico fosse per lei una scelta dipendente dal riconoscervi un'ipotesi umana: a qualsiasi scala, una casa, un'università, un'autostrada… Il mestiere di architetto era la risposta a quella meta, che cercava e viveva come la ragione unica e profonda, così che nessun progetto era possibile senza che questo faro lo illuminasse. Come in un percorso a ritroso, da quell'obiettivo traeva, attivava la sua poliedrica, colta professionalità, alla quale il dirompente carattere offriva, insieme alla curiosità, al coraggio e all'inventiva, saggezza, equilibrio, misura.

Il pensiero progettante per Riva l'accompagna nella vita: per lungo tempo, tra il 1986 e 1995,1 si dedica al Piano di Protezione del Nucleo, che segue alle impegnative costruzioni delle Scuole elementari e dell'infanzia e al restauro della vasta corte dove risiederà, il cantiere dai tratti autobiografici cui inizia a lavorare nel 1968. Dai documenti del Piano e dei progetti a esso connessi traspare la quotidiana frequentazione del luogo, il costante riflettere sulla piccola città, il desiderio di trovare il filo del domani e di intrecciarlo alle complesse esperienze in lei già stratificate: attiva in Ticino dalla fine degli anni Cinquanta (quando ancora studia a Zurigo), dal 1975 è professionalmente impegnata anche in Italia e diviene nel 1985 professore ordinario al Politecnico federale di Zurigo. Prensile e acuta, questi tre mondi si compongono nel suo pensiero, che ne trae una singolare e personale sintesi. Ma il Canton Ticino è la radice, Riva San Vitale il focolare. E nessun incarico è sentito tanto intensamente quanto il poter ripensare il proprio teatro di vita per svelarne l'incanto.

Così, transfrontaliera tra Roma e Zurigo, l'Italia e la Svizzera, indaga e interseca le linee di ricerca maturate in questi luoghi di elaborazione accademica e professionale sul rapporto tra storia, tradizioni e innovazioni, tra città antica e futura, tra piano e progetto, sull'intervento contemporaneo nei centri storici e in quelli minori. Per lei Riva San Vitale si propone come il «villaggio»,2 dove riflettere sulla città contemporanea, dove ricercarne soluzioni.

Nel giugno del 1986 il Municipio affida il Piano di Protezione del Nucleo (PPN) al gruppo di lavoro da lei diretto,3 delegando anche il controllo delle domande di costruzione. È l'amministrazione comunale a indicare che solo dall'equilibrio tra protezione e trasformazione potrà nascere la nuova forma di Riva: «Riteniamo che, partendo dal presupposto che il nucleo debba rappresentare una struttura soggetta a possibili cambiamenti di carattere propositivo e non una struttura da porre quindi sotto una ferrea tutela imbalsamativa, sia possibile trovare strumenti equilibrati per concretizzate una nuova forma del nucleo. Sarà così possibile disporre di un piano particolareggiato che rappresenterà uno strumento operativo in grado di garantire sia una rigorosa conservazione dei valori meritevoli di simile attenzione, sia un progressivo miglioramento di quelle parti del tessuto del nucleo che non possono, sulla base del lavoro d'indagine, di analisi e valutazione critica, rappresentare valori tali da ritenerli immutabili nel tempo».4 Oltre al chiaro indirizzo così espresso, segnale della consapevolezza politico-amministrativa è l'affidamento alla Scuola Tecnica Superiore di Trevano del rilievo tipologico del nucleo storico. Esso viene incluso tra i documenti della fase conoscitiva del piano, che sviluppa un'approfondita analisi tipo-morfologica del tessuto urbano e dei manufatti fondativi dell'insediamento storico e di quello contemporaneo. Già da questa prima fase il PPN esprime una cultura aggiornata dai recenti studi di analisi urbana, da cui consegue l'estensione degli ambiti di protezione dai singoli manufatti alla struttura insediativa còlta attraverso le sue relazioni spaziali e funzionali – permanenti come i fatti geografici e monumentali, o variabili come le infrastrutture d'acqua e di terra –, che configurano il nucleo come unità, estesa dalla chiesa di Santa Croce al torrente Bolletta, e a sud all'Oratorio di San Rocco, e come parte del più vasto sistema territoriale.

Fondamento del piano è l'assunzione delle dinamiche trasformative che modificano in generale le strutture insediative e inevitabilmente il nucleo antico di Riva: come molti centri storici esso è oggetto di trasformazioni recenti, scarsamente capaci di assicurare le precedenti qualità spaziali collettive, e, depositario di bellezza, storia e identità condivise, è gravato dalla pressione esercitata dal territorio. Non sono quindi solo valutazioni storico-artistiche, ma la comprensione del molteplice valore di queste attese sociali a modulare la dialettica tra conservazione e trasformazione del nucleo, come indica la relazione del PPN: «Il variare delle funzioni nel tempo e d'altra parte del modo di soddisfare i bisogni è un fatto permanente nella storia. Ciò fa sì che il nucleo non si presenta come una sostanza edilizia rigida e immutabile, ma è esso stesso frutto di un processo evolutivo continuo e tutt'ora in atto, pertanto inarrestabile. Questa “vocazione alla trasformazione” riconoscibile nella sua storia e confermata dalla presenza di un tessuto non omogeneo, carente di tipologie ricorrenti e riconoscibili, ci autorizza ad affrontare il problema della sua protezione con un atteggiamento aperto alle nuove esigenze, alle trasformazioni necessarie all'obbiettivo primario della sua RIVITALIZZAZIONE [in maiuscolo nel testo], evitando la sua cristallizzazione e la conservazione a oltranza».5

Il PPN aspira così a modellare l'equilibrio tra conservazione del passato e interpretazione dell'innovazione come condizioni necessarie per la sopravvivenza stessa del nucleo. Anche attraverso il riconoscimento del valore delle permanenze dotate di una «funzione socialmente e spazialmente promotrice rispetto al passato»6 per le quali ipotizzare conservazione e restauro, il PPN è declinato come strategia di rivitalizzazione, agendo su elementi urbani in grado di porsi come poli generatori «per innescare nel patrimonio solido e consolidato quel recupero d'uso e riuso che permette di allacciare la nostra storia al passato in termini di continuità e non di sclerotizzazione. Un'immagine quindi non sempre necessariamente conservativa e reintegrata in una presunta forma del passato, ma viva e flessibile, capace di svelare nuovi potenziali della struttura esistente».7

A tracciare le ipotesi di conservazione del nucleo è la definizione stessa di degrado, considerato non solo frutto della perdita di consistenza della materia edilizia, ma anche esito dell'incapacità del nuovo di disporsi in continuità con la qualità urbana delle parti antiche, di rinnovarne l'equilibrio tra forme e usi mediante l'inserimento di contenuti non collettivi tanto nell'edilizia quanto negli spazi aperti.

Gli otto comparti in cui il nucleo viene articolato sono riconosciuti attraverso l'esistenza di poli aggreganti, attorno ai quali si è stratificato un tessuto che, essendo più flessibile, è in grado di «rigenerarsi nel rispetto delle funzioni compatibili con la sostanza edilizia della continuità del tessuto, dei suoi caratteri strutturali e costitutivi, nei rapporti di relazione tra spazi pubblici e collettivi (strada - cortile), tra spazi collettivi e privati (cortile - proprietà individuale)».8

L'eterogeneità edilizia del nucleo, manifestata dall'analisi, è valutata come difficilmente gestibile attraverso soluzioni tipizzate. Assumendo il principio della necessità e della possibilità delle trasformazioni entro un margine di operatività abbastanza ampio e richiamando i nessi necessari tra teoria e prassi, tra previsioni del piano e sua gestione, il PPN presenta due indirizzi operativi: sia strumenti di controllo (e non di vincolo) sugli interventi, sia proposte di completamento e diradamento, per assicurarne maggiori connessioni e possibilità di risanamento. «Esclusi gli edifici qualificati come tessuto forte – la relazione precisa la tematica fondamentale del PPN –, la sostanza edilizia esistente è considerata come fatto organico, cioè suscettibile a modificarsi e trasformarsi nello spazio e nei contenuti purché questi rimangano coerenti all'immagine globale, all'identità che si vuole proteggere, immagine che si rivela nella compattezza del tessuto, nella sua struttura portante, nella sua pelle. La normativa è intesa quindi come metodologia di controllo sugli interventi, differenziata secondo le competenze e la casistica individuata nel censimento della sostanza edilizia. Metodologia che ha come obiettivo – conclude la relazione – la coerenza nella compatibilità tra le trasformazioni necessarie a dare vita e abitabilità del nucleo, e la preesistenza edilizia che le supporta».9

Per dar corso a questi indirizzi del piano si attivano alcuni strumenti, tra cui la predisposizione di concorsi per le aree pubbliche e l'assegnazione degli incarichi privati ad architetti, i cui progetti saranno sottoposti al vaglio di una commissione permanente preposta al PPN.

Il Piano si completa definendosi anche come strumento d'integrazione tra le scale del territorio, del comprensorio, del nucleo e dei suoi comparti, attraverso la riflessione sulle reti di comunicazione e la definizione del margine del nucleo. Finalità di questa fascia che abbraccia il nucleo è di accogliere gli interventi necessari ad assicurargli una vitalità contemporanea così come di isolarlo, salvaguardandone l'identità rispetto all'intorno.

Per Flora Ruchat-Roncati il PPN è il mosaico dove disporre idee, studi e procedure in attesa di progetti; è la sinossi che ricondurrà alla coerenza di un disegno urbano unitario ciò che esso suscita. Insieme al piano elabora quindi una serie di progetti in circostanze diverse, rappresentativi ed esemplificativi delle intenzioni del PPN. Partecipa così a una delle problematiche più incisive nel dibattito di quegli anni, la ricerca di coerenza, d'integrazione tra le previsioni e normative dell'urbanistica e le forme dell'architettura, tra i linguaggi e gli obiettivi delle due discipline. Con il PPN e i suoi progetti offre la coerenza di un ponte: dal PPN verso l'architettura, dall'architettura verso il PPN.

Per completare questa vasta riflessione sono state qui scelte alcune proposte collocate nei luoghi essenziali del PPN: l'affaccio a lago, i punti di contatto tra nucleo e margine, il rapporto con via dell'Indipendenza.

Fondativa nel disegno della nuova Riva è la proposta elaborata in occasione del coevo concorso per la sistemazione di Piazza Lago,10 in cui Flora Ruchat-Roncati fissa nel nuovo accordo tra città e lago il ruolo urbano del luogo, già oggetto della colmatura dell'alveo e ora, per i progettisti, degradato al punto da non poterne ipotizzare il recupero. È un'architettura forte e netta, in grado per questo di dialogare con la struttura urbana assunta come monumento e con i suoi edifici storici, per evocare «antichi valori, valori di sempre. Metamorfosi operata dalla memoria che non recupera il passato ma lo rigenera. Da Apulejo a Savinio, da Savinio al progetto. Metamorfosi come luogo poetico… ragione che precede i fatti e ne determina l'esistenza».11

Sulla riva un vasto edificio, al contempo centralità urbana e suo limite, raccoglie complessità e interrelazioni antiche e contemporanee in una piazza bifronte, di terra e d'acqua, che ospita il parcheggio interrato, il mercato, i servizi per lo svago e il ristoro... Come in un crocevia, i bordi rialzati riuniscono i tracciati urbani e territoriali, dando origine alle passeggiate della riconquista della ragione stessa di Riva: lo specchiarsi nell'acqua. A est, dove s'affacciano un lido con piscina e un parco pubblico, il percorso è verde e naturale; a ovest è minerale, diretto al porticciolo, all'imbarcadero, al centro per anziani, alla casa del pescatore, al club nautico per dare alla riva una funzione ludica e civile: «contemporaneità e passato non si negano e neanche si omologano».12

Flora Ruchat-Roncati conserva un vasto gruppo di schizzi preparatori, in cui sonda i temi urbani del nuovo edificio: le sue misure in rapporto al centro antico e alle rive, il suo plasmare la foce del torrente e da qui trarre il volto della città sul lago. Scartate le prove piegate alle morfologie esistenti, le geometrie elementari del vasto impianto compositivo, i contrasti accentuati tra l'opacità lapidea dei perimetri murari e la trasparenza verso il lago, richiamano l'architettura del foro romano, forse il Danteum di Giuseppe Terragni, dando universalità alle forme dell'oggi nel loro rileggere il mondo classico attraverso il razionalismo, negli alti colonnati, nei volumi primari, cubi, piramidi, sfere… annotati assieme alla Piramide Cestia. Complessa è la disposizione funzionale, che giunge dopo un lungo interrogarsi sul dualismo integrazione/opposizione del nuovo al nucleo storico, sondando antichi modi del consistere urbano nel comporre e scomporre gli elementi fondativi del luogo: le rive, il tessuto storico, la nuova centralità interposta. L'edificio potrà così essere un'isola circondata dal torrente sdoppiato, un limite opposto da est all'antica città a ovest, un ponte, una piazza-ponte…

Il legame tra la proposta di concorso e le riflessioni avanzate nel PPN è testimoniato dallo sguardo esteso a ovest, dove una piazza conclude con una torre l'asse proveniente dalla chiesa di Santa Croce, e a est, dove un bordo di case a schiera chiude l'edificato urbano. È in questo luogo del margine che Flora Ruchat-Roncati ribadisce il limite orientale di Riva ampliandolo, nel coevo progetto per un complesso residenziale, a sud di via dell'Indipendenza13 attraverso un nucleo di tredici abitazioni raccolte attorno a una lunga piazza triangolare. Le case a schiera declinano in sapienti versioni il tipo edilizio, disposte su tre livelli, arricchite da doppie altezze, illuminate da patii, affacciate sulla piazza e sui giardini.

Ed è sempre una piazza il principio insediativo, lo spazio pubblico che riscatta dall'espansione senza civiltà, senza cittadinanza. Nella successiva versione14 per la stessa area, ora ampliata, la nuova unità rafforza con la compattezza dell'immagine il disegno di una corte urbana, che raccorda nelle piante e negli alzati edifici diversi, commerciali e residenziali. Le abitazioni, di nuovo case a schiera su più livelli con vaste terrazze giardino, offrono un abitare contemporaneo. Il nucleo si estende verso la piazza, unita al verde alberato, ma chiusa sulla strada territoriale per consolidare la cortina edilizia.

A nord, sulla soglia tra il nucleo e il margine, per segnare il limite tra città antica e aree di espansione Flora Ruchat-Roncati elabora progetti che esaltano l'asse proteso dalla chiesa di Santa Croce verso il lago, appoggiato al tracciato del torrente. Dove nel concorso per la sistemazione di Piazza Lago aveva ipotizzato un piccolo porto ed edifici per la collettività, avanza due ipotesi, finalizzate a dar forma, misura e dignità civile a piazza del Ponte, un irregolare allargamento stradale. Nella prima ipotesi, demolendo due edifici affacciati sulla riva, dà luogo a una piazza che chiude a nord la passeggiata a lago.15 Un rettangolo, una forma nuova e antica, composta dagli inserti e dagli edifici esistenti che regolano le geometrie d'impianto. Se una corte aperta al lago avrebbe privatizzato la riva che è luogo collettivo, la piazza, rivolta al tessuto abitato, rafforza il valore fondativo dell'antica strada, ne compie il significato urbano, definisce il limite del nucleo, oltre al quale si estendono le propaggini del margine. Una compatta piazza urbana, attraversata da collegamenti e trasparenze verso l'acqua, con gli alloggi tesi verso lo specchio lacustre.

Ritorna poi su questo crocevia tra vie di terra e d'acqua, proponendo come ampliamento dell'edificio esistente16 un parallelepipedo stretto lungo il torrente e a ponte sulla strada. Al piano terra negozi separati dalla strada per innervare di nuova funzionalità gli spazi pubblici. Tra i due volumi ruotati, l'esistente e di progetto, inserisce la scala che conduce all'alloggio, disposto su tre livelli. Piante e sezioni evocano la Maison Citrohan lecorbusiana, tappa del suo lungo itinerario nella lezione del Maestro.

Proteso verso il lago l'edificio definisce la soglia della città nella sospensione di spazio data dal torrente, assunto come lungo campo visivo che origina dall'alta, sovrastante chiesa di Santa Croce e che conduce alla riva, narrando in una sezione urbana la storia di questo antico villaggio.

Il piccolo progetto simboleggia il senso del PPN, l'unione del preesistente e del nuovo, la loro reciproca legittimazione, riconducendo le ipotesi di protezione previste dal piano dentro il valore civile e collettivo di un progetto urbano volto a disegnare il futuro.

Note

 

1 Il testo costituisce una prima ricognizione dei documenti relativi al PPN e ai progetti connessi conservati in AdM Archivio del Moderno, Fondo Ruchat-Roncati, di cui si presenta qui una selezione.

 

2 Cfr. AdM, Fondo Flora Ruchat-Roncati, Piano Particolareggiato del Nucleo, Relazione, Comune di Riva San Vitale, Gruppo di lavoro: F. Ruchat-Roncati, E. Mina, E. Redaelli, marzo 1988. p. 4.

 

3 La lettera d'incarico, formulata in data 7 febbraio 1986, indirizzata a Flora Ruchat, cita come collaboratori Enea Mina ed Edy Redaelli (cfr. AdM, Fondo Flora Ruchat-Roncati, Comune di Riva San Vitale, Lettera a Flora Ruchat, 7 febbraio 1986), mentre la pubblicazione del piano come Gestaltungs­plan für den Dorfkern Riva San Vitale, (in P. Carrard, D. Geissbühler, S. Giraudi (a cura di), Flora Ruchat Roncati, gta, Zürich 1998, p. 38) menziona anche Giovanni Galfetti. L'inizio del mandato è previsto per settembre 1986; il piano è presentato nella sede municipale il 3 ottobre 1986 e il 12 ottobre 1987. La lettera d'incarico allega l'allocuzione presentata al Consiglio Comunale il 13 novembre 1985, che indica i criteri di indirizzo del Piano e le sue fasi. Le citazioni riportate sono tratte dall'allegato.

 

4 AdM, Fondo Flora Ruchat-Roncati, Comune di Riva San Vitale, Lettera a Flora Ruchat, 7 febbraio 1986, allegato del 13 novembre 1985.

 

5 AdM, Fondo Flora Ruchat-Roncati, Piano Particolareggiato del Nucleo, Relazione, cit. p. 5.

 

6 Ibidem.

 

7 Ibidem, p. 6.

 

8 Ibidem, p. 21.

 

9 Ibidem, p. 37.

 

10 Il concorso fu elaborato nel 1986-1987 con Sandra Giraudi e riconosciuto con il terzo premio. La documentazione di progetto è composta dalle tavole di concorso, da disegni a mano e strumentali a matita e matite colorate.

 

11 Da una delle tavole di concorso conservate in AdM, Fondo Flora Ruchat-Roncati, FRR C20.

 

12 Ibidem.

 

13 Il progetto è denominato Riva San Vitale. Fondo Ferrario-Tarchini. La documentazione è composta da disegni a mano e strumentali a matita, penna e matite colorate. Le tavole sono siglate PRSV/ZH 10.86 PRSV/ZH 10.87.

 

14 Il progetto, sviluppato come progetto di massima, è denominato Centro commerciale-residenziale Strada Nuova, la relazione è datata febbraio 1990. Nel cartiglio figura il nome di Giovanni Galfetti accanto a quello di Flora Ruchat-Roncati.

 

15 Il progetto è denominato PPN Riva San Vitale. Progetto di massima Piazza del Ponte, s.d. La documentazione di progetto è composta da disegni a mano e strumentali a matita e matite colorate, foto di un modello.

 

16 La documentazione di progetto è composta da disegni a mano, databili in modo approssimativo dalle date assumibili dalla trasmissione fax da parte di Flora Ruchat-Roncati: maggio-giugno 1989.

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