Che co­sa è la so­ste­ni­bi­li­tà?

Serie: I 20 anni di Archi (1998-2018)

Per i 20 anni di Archi, l'articolo di Dietrich Schwarz dal no. 5/2014. «Poiché l’enorme consumo di energia legato al nostro attuale stile di vita ci ha portato a toccare il limite della sostenibilità, la nostra società è costretta a cercare delle alternative».

Data di pubblicazione
16-07-2018
Revision
07-03-2019

La sostenibilità è un concetto grande, grandissimo, ma non incomprensibile. Vi illustrerò il mio punto di vista, i miei metodi, le domande e le risposte che nascono nel mio lavoro, nell’insegnamento e nella ricerca in relazione a questo argomento.

Un punto di vista unico vs. rappresentazione simultanea

Osserviamo Les Demoiselles d’Avignon (fig. 1), dipinto da Pablo Picasso nel 1907. In quest’epoca si è affermata in pittura la convinzione che non sia corretto interpretare un’immagine come una semplice rappresentazione illusionistica. Sin dal Rinascimento, gli oggetti tridimensionali e la loro posizione nello spazio erano rappresentati mediante l’illusione della prospettiva, con un punto di vista oggettivo.

Il Cubismo sostiene in seguito che l’immagine stessa è realtà e non semplicemente illusione bidimensionale di una realtà tridimensionale. La prospettiva viene sostituita in pittura dalla rappresentazione simultanea degli oggetti da diversi punti di vista. Tuttavia, il pittore, così come lo spettatore, mantiene la propria posizione oggettiva. Il Modernismo non smetterà mai, per tutta la durata del movimento, di adottare questa prospettiva oggettiva e distaccata sul mondo. Al contrario, il progresso scientifico evidenzierà ulteriormente la distanza tra l’uomo e realtà naturale.

Dall’oggettivismo al soggettivismo

Martin Heidegger scrisse Sein und Zeit (Essere e tempo) nel 1927. Con grande rigore il filosofo cancella l’atteggiamento oggettivista della filosofia degli ultimi duemilacinquecento anni, ponendo l’uomo al centro dell’osservazione e descrivendo il mondo da questa prospettiva. Lo fa nella convinzione che l’agire umano sia sempre mosso dalla sensazione soggettiva dell’ansia per la propria morte. Anche se più tardi criticherà questa sua posizione secondo cui l’agire umano è mosso dal pensiero della morte e la definirà «un vicolo cieco», supererà comunque, se non altro in filosofia, l’idea dell’oggettivismo distaccato.

Costruire – Sostenere - Essere

Mi permetto di reinterpretare il testo, spesso citato, dei colloqui di Darmstadt (Darmstädter Gespräche) del 1951 Costruire abitare pensare di Martin Heidegger. Egli sviluppa dalla parola antico tedesca «buan» (costruire o coltivare) una connessione tra l’abitare e il concetto primordiale dell’essere. Da un lato il contadino (Bauer) che coltiva il campo, e dall’altro il costruttore (anche Bauer) che costruisce la casa, ma anche il verbo «essere» (ancora riconoscibile nella sua forma inglese «to be» o nella prima persona forma tedesca «ich bin»): tutti questi termini hanno origine dalla parola «buan».

La comprensione di sé dell’uomo civilizzato è radicata nel momento in cui i nostri antenati si sono evoluti da cacciatori a coloni. In questo passaggio il campo è equivalente alla casa, perché sia il nutrimento prodotto dai campi ​​che la protezione offerta da una casa erano, e sono tuttora, essenziali alla sopravvivenza. Entrambe le attività creano i presupposti del rapporto tra l’uomo e il suo ambiente naturale. Nulla è cambiato sino a oggi, a parte la perdita del rapporto diretto con le risorse naturali fondamentali per la nostra sopravvivenza, dovuta alla suddivisione del lavoro.

La parola inglese «Sustainability» (sostenibilità) deriva dal verbo «to sustain» (sostenere), in italiano significa conservare. A prima vista questo significa conservare ciò che è stato creato ma in realtà vuol dire sopravvivere, perché ciò che è stato creato e la sua conservazione sono fondamentali per la sopravvivenza umana. La sostenibilità è una preoccupazione personale del singolo essere umano e dell’umanità in generale. Sostenere è l’essenza dell’essere nel nostro tempo.

Il concetto di sostenibilità

Per tornare all’osservazione simultanea: il tema della sostenibilità è così ampio che si presenta in modo diverso a seconda dei diversi punti di vista, dei diversi metodi di osservazione e delle diverse categorie di valutazione. Questo lo rende spesso incomprensibile. Si pensi a una montagna, che si presenta in modo diverso se osservata da diverse angolazioni. L’alpinista la descriverà in modo differente dal pilota su un aeroplano. Un pellegrino in visita al monte Kailash (fig. 2) avrà una visione diversa rispetto al geologo Escher von der Linth nell’arena tettonica di Sardona, nelle alpi glaronesi (fig. 3).

La sostenibilità descrive semplicemente il rapporto dell’umanità (ma anche del semplice individuo), con la propria realtà – il mondo. Non è né ideologia né scienza. Per contro sia la scienza che l’interpretazione idealista influenzano il nostro rapporto con il mondo.

Modelli di sostenibilità - Il modello a tre pilastri; ecologico – sociale – economico

Il modello ecologico descrive il rapporto tra uomo e natura. Ricordate Heidegger che deriva l’essere dal costruire, e la natura dall’essere. L’antica origine greca di «eco» è «Oikos», che significa casa o comunità che abita all’interno della casa, compresi i terreni agricoli. «Logos» si riferisce allo studio teorico della stessa.

Il modello sociale descrive la relazione tra l’uomo e i suoi simili. Anche questo si genera dall’origine arcaica dell’essere («Sein»). Il costruttore («Bauer») che costruisce accanto a me è il «Nachgebauer» (colui che costruisce dopo), ovvero il «Nachbar», il vicino di casa. La radice latina è «Socius», che significa logicamente compagno.

Il modello economico descrive il rapporto tra l’uomo e i suoi valori. Grazie alla vita sedentaria l’uomo comincia a raccogliere, scambiare e valutare i valori. Anche qui, all’inizio c’è la parola «Oikos». È solo la parte finale «Nomos», la legge, che cambia rispetto all’ecologia, e si confronta con principi artificiali stabiliti dall’uomo stesso.

Il modello Meadows – i limiti della crescita

Nel 1972 Donella e Dennis Meadows, su incarico del Club of Rome, hanno presentato al Simposio di San Gallo dell’Università di San Gallo, un’analisi di sistema e una simulazione al computer per illustrare i limiti della crescita della popolazione umana. Secondo le conclusioni centrali della relazione, se rimarranno invariati l’incremento della popolazione mondiale, l’industrializzazione, l’inquinamento, la produzione di cibo e lo sfruttamento delle risorse naturali, i limiti assoluti di crescita sulla terra saranno raggiunti entro i prossimi cento anni.

Il modello dell’impronta ecologica

Lo stile di vita di ogni singola persona è considerato in rapporto alla superficie terrestre necessaria e alla sua biocapacità. Le moderne esigenze di mobilità e di consumo si aggiungono ai requisiti arcaici dell’esistenza umana, abitazione e cibo (ricordate l’analisi di Heidegger del concetto di «Buan»). Nel mondo industrializzato i quattro settori che contribuiscono all’impronta ecologica hanno dimensioni più o meno simili.

Il mio modello personale: materia – spazio – tempo

Stiamo guardando «il quadro» l’«Eraclito di Efeso» di Raffaello (con le sembianze ispirate da Michelangelo), particolare della Scuola di Atene (1510-1511), affresco della Stanza della Segnatura, Vaticano (fig. 4).

L’essere è il divenire del tutto. L’essere dunque non va inteso come qualcosa di statico, ma di dinamico, eterna trasformazione. Eppure dietro, e allo stesso tempo all’interno del flusso perpetuo, c’è unità: unità nella molteplicità e molteplicità nell’unità.

Materia, spazio e tempo sono i parametri fisici infiniti della realtà. L’esistenza umana («Dasein» – letteralmente, esser-ci o essere-qui) invece si limita al nostro ambiente naturale: la terra. L’attività creativa dell’uomo condiziona la trasformazione della materia all’interno del continuum spazio-temporale. Quelle che da tempo immemore sono considerate le possibilità illimitate dell’essere, avendo l’uomo superato la biocapacità globale della terra, possono finire – ci stiamo avvicinando ai limiti della nostra realtà. Se non siamo ancora quotidianamente confrontati con questo limite, è per via delle capacità di stoccaggio della crosta terrestre, alla relativamente elevata tolleranza del nostro ambiente naturale, ma anche all’ingiusta distribuzione delle risorse prevista dall’economia globale. Questa «esperienza-limite» è un evento assolutamente singolare nella storia dell’umanità. Non vi sono ricette semplici per contrastare questo fenomeno di squilibrio tra consumo e possibilità del nostro pianeta.

La trasformazione del mondo, un’azione che è assolutamente insita nella natura umana, deve essere controllabile e integrata in un equilibrio sostenibile con la biocapacità del nostro pianeta. Le scienze connesse alla costruzione degli edifici detengono una posizione chiave in questo senso: sono responsabili per il 40% in maniera diretta, ma per il 60% complessivamente, del consumo globale di energia. L’architetto è in pratica il Maestro di questa trasformazione.

Le quantità fisiche di materia, spazio e tempo offrono l’orientamento nelle scienze edili. In breve la sfida futura per la creatività architettonica è: consumare meno materia / energia, richiedere meno spazio ma durare più a lungo. Questo risultato è ottenibile attraverso l’efficienza nel settore delle costruzioni, la densità nello sviluppo urbano, la durabilità in edilizia, i nuovi / vecchi standard di costruzione sostenibile.

È necessario che l’uomo cominci a pensare in modo diverso: ci vuole un cambiamento di paradigma. L’Illuminismo nel XVIII secolo ha richiesto che l’azione dovesse essere guidata dalla ragione. Si tratta di una visione del mondo in cui la mente è divenuta il centro e si è elevata la posizione dell’uomo. Oggi dobbiamo riconoscere che la mente umana è solo uno strumento tra i tanti che ha bisogno di essere messo in discussione; allo stesso tempo, consente di vedere l’umanità come una piccola parte del grande tutto.

Questo significa che gli scienziati del XXI secolo devono usare tutte le loro energie per far abbandonare all’umanità il percorso di crescita lineare, reintegrandola all’interno dei cicli naturali e superando così la posizione di un’intelligenza creativa e superiore.

L’effettiva esistenza non è possibile senza tutte e tre le grandezze fisiche, la materia, lo spazio e il tempo: le tre variabili sono interdipendenti. Ciò porta alla conclusione che la risposta architettonica rispetto a un futuro sostenibile deve operare mediante un’interazione tra queste stesse variabili. L’efficienza non dovrebbe essere considerata separatamente dalla densità e dalla durabilità, e viceversa.

Perché sostenibilità?

Il processo evolutivo – intervento strategico interstiziale – questione teologica

Homi K. Bhabha, nel suo contributo Mumbai on My Mind: Some Thoughts on Sustainability (M. Mostafavi, G. Doherty, Ecological Urbanism. Harvard University, Graduate School of Design, 2010, p. 80) pone la seguente domanda: «La sostenibilità è un processo evolutivo, un intervento di interesse strategico, o una questione teologica?».

Risponde poi alla domanda sostenendo che tutti e tre gli aspetti sono rilevanti. Qui non si pone soltanto la questione del «come» ma anche quella del «perché» lo sono.

In ogni ambito il «perché» è anteposto al «come». Il «perché» offre l’orientamento, in particolar modo se si tratta di una discussione tecnica dove tendiamo a perderci nei dettagli. Nel caso di un processo evolutivo non c’è molto da chiedersi: sopravvive il più forte, s’impone la tecnica migliore oppure l’umanità stessa si ridurrà, c’è solo da aspettare e da sperare di appartenere a coloro che sopravviveranno essendo superiori. Questo fatalismo passivo è sorprendentemente diffuso nell’ambiente degli architetti perché la seconda strategia, quella dell’intervento di interesse strategico, è considerata di scarsa ispirazione e la questione teologica è ritenuta obsoleta. L’intervento di interesse strategico è molto affine al processo evolutivo, se si limita a occupare una posizione il più possibile forte all’interno dello scacchiere globale. Al contrario questo principio riceve una spinta completamente diversa se si ammettono i propri deficit politico-economici in relazione alla società sostenibile e se ne traggono le conseguenze.

Rilevanza strategica

Ogni società ha i propri deficit in relazione alla sostenibilità e deve destreggiarsi nelle rispettive sfide. Non esiste una soluzione globale, sono richieste invece delle soluzioni locali specifiche. Nelle società occidentali le soluzioni sono queste:

– mantenere la sicurezza degli approvvigionamenti tramite materie prime ed energia, aumentando l’efficienza nel consumo e cercando nuove fonti energetiche rinnovabili;

– fermare la riduzione del verde pubblico, risorsa del nostro essere, minacciata da insediamenti urbani sempre più estesi;

– realizzare nuovi progetti per le conseguenze socioeconomiche dell’invecchiamento della popolazione, che sono il risultato di una società che si va riducendo. Cosa che d’altra parte costituisce un dato positivo in relazione ai 7 miliardi di persone per un solo pianeta.

Tradizione culturale

Riguardo alla questione teologica, o meglio (come risulta più facilmente comprensibile nella nostra società illuminata e secolarizzata) alla posizione idealistica, si può sostenere che l’ideale è incontestabile e alla fine non ha bisogno di essere da noi salvato. Il problema è la durata dell’esistenza umana. A questo proposito le religioni di tutto il mondo hanno imposto regole di vita pragmatiche, dedotte dalla somma delle esperienze storiche. Questa saggezza tramandata offre risposte sorprendentemente in armonia rispetto alla questione iniziale dell’esperienza del limite, ovvero il raggiungimento dei confini della nostra realtà.

Opere personali

Vi presento (nelle tre schede a lato) i frutti del mio lavoro di architetto in relazione alle dimensioni fisiche precedentemente citate. Come le tre dimensioni fisiche si condizionano reciprocamente, anche l’edilizia sostenibile si comporta allo stesso modo. Nessun progetto può essere ridotto a un solo tema.

Si chiude così la catena che unisce materiale, connessioni tra elementi costruttivi, costruzione, tettonica e ornamento come elemento espressivo ricorsivo.

Edifici sostenibili

La tecnica descrive la modalità di trasformazione della materia. Essa può essere un intervento minimo, il cosiddetto low-tech, come in una casa di pietra in montagna dove le pietre circostanti vengono ammucchiate a formare una casa, o un intervento molto oneroso, il cosiddetto high-tech, come in una torre per uffici in vetro nel centro della città, in cui i materiali sono trattati più volte fino a quando non sono assemblati in un insieme complesso. Non può essere una distinzione tra buono e cattivo. Molto più importante è l’efficienza con cui si ottiene un obiettivo prefissato; non è la casa di per sé l’obiettivo, ma le prestazioni della stessa. Questo beneficio è definito da un lato dalla protezione dell’uomo e dei suoi oggetti dagli eventi naturali e dall’altro dall’attività che si svolge nell’edificio.

In una baita autosufficiente la domanda di comfort è bassa, i residenti trascorrono la giornata fuori, probabilmente sono vestiti in modo pesante e non necessitano la sera di grandi finestre per illuminare gli interni. È centrale la protezione dal vento e dal clima nelle ore notturne. Per regolare la temperatura è sufficiente una semplice stufa a legna e per illuminare una lampada a olio o, oggi più probabile, una soluzione stand-alone a energia solare con una batteria per auto e apparecchi a corrente continua.

È molto diverso per la torre di vetro per uffici. L’impiegato entra nell’edificio in estate o in inverno al mattino, dopo aver viaggiato con mezzi climatizzati. Poi desidera soggiornare in locali temperati molto luminosi, ottimizzati per il lavoro d’ufficio al computer. La creazione di valore del dipendente è centrale. Deve essere massimizzata grazie a condizioni di lavoro ottimali. Questa caratteristica comporta l’utilizzo di determinati impianti per mantenere l’equilibrio con guadagni solari e perdite di calore per trasmissione dell’edificio, in modo da stabilizzare il clima interno nella zona di comfort.

La modalità di trasformazione della materia si riferisce non solo all’efficienza energetica, ma anche a spazio e tempo. La tecnica non è solo un concetto di edilizia e impiantistica, ma anche della grande scala. La pianificazione su scala urbana, separata dalla progettazione e realizzazione delle costruzioni di oggi, è impropria. È necessario superare questa separazione pensando a tutte le scale. Una città non deve essere pensata senza il materiale da costruzione o al paesaggio, una casa non senza il quartiere ecc. La progettazione edilizia e le scienze connesse devono essere allontanate dall’azione pura del disegno, verso le discipline con funzioni chiave. Fabbricare significa costruire per eccellenza. Il materiale da costruzione diventa corpo architettonico, spazio, espressione architettonica e, infine, valore reale del mondo costruito. Inoltre, una casa in cui i materiali da costruzione sono stati accuratamente selezionati, assemblati, puliti, resiste alle ingiurie del tempo e vince nel tempo sia in bellezza sia in valore.

Involucro, impianti e energia primaria

In risposta alla questione sulla tecnica corretta, si tratta di creare l’edificio appropriato per l’utilizzo predefinito. Poiché anche gli utilizzi nel tempo cambieranno, l’edificio dovrebbe essere variabile. Ciò richiede una struttura dell’edificio versatile, semplice, riutilizzabile. Un successivo cambiamento di utilizzo deve poter essere fatto facilmente.

L’edificio offre protezione dal vento e dalle intemperie. Pertanto l’involucro dell’edificio gioca un ruolo molto importante. Esso separa l’interno, tecnicamente climatizzato, dall’esterno. Ciò determina inevitabilmente, a seconda della condizione meteorologica, la quantità di energia che fluisce attraverso l’involucro edilizio. Da un lato la dispersione termica attraverso l’intero involucro e dall’altro l’esposizione alla luce solare tramite le finestre. Come primo passo, equilibrare il rapporto tra la superficie vetrata e opaca della parete esterna in funzione del clima, successivamente scegliere i valori di isolamento e il sistema di ombreggiatura ottimale. Così è già possibile realizzare un edificio senza l’uso massiccio di materiali da costruzione, né della tecnica, riducendo il consumo necessario per la climatizzazione al minimo.

L’impiantistica garantisce un adeguato clima interno all’utente, ma necessita di meno energia per funzionare in combinazione con un involucro edilizio ottimizzato. Gli impianti non dovrebbero essere usati per progettare in modo improprio le facciate e compensare le perdite energetiche risultanti. D’altra parte, la quantità di tecnica e impianti necessari e desiderati a disposizione oggi è in continuo aumento, aumentando costantemente le esigenze di comfort degli utenti. Nell’ambito della ventilazione e del fabbisogno di acqua calda è obbligatorio un efficiente recupero energetico. In un moderna centrale tecnica, ma anche negli elettrodomestici attuali come lavastoviglie, lavatrici, asciugatrici, vengono utilizzate pompe di calore ad elevata efficienza per i fabbisogni di energia termica.

Essi richiedono preziosa energia elettrica primaria. Questa dovrebbe essere generata possibilmente anche nelle aree urbane. In nessun caso deve essere utilizzato il prezioso terreno dedicato alla produzione alimentare regionale. Anche il posizionare la produzione di energia in pochi e ridotti spazi commerciali non sembra sensato, si ricadrebbe dalla attuale dipendenza delle fonti energetiche fossili nella successiva incertezza. In sostanza è necessario che ogni economia, in futuro, sia in grado di garantire le proprie esigenze energetiche autonomamente. Solo così sarà possibile una distribuzione di energia giusta e pacifica, senza i combustibili fossili non infiniti.

In questa catena di trasformazione di materia ed energia si sono sviluppati processi sempre più complessi per aumentare l’efficienza dei mezzi di comunicazione in rapida crescita. È ingenuo credere che la graduale eliminazione dei combustibili fossili e lo sviluppo associato di infrastrutture completamente nuove per le energie rinnovabili possa essere risolto senza l’uso massiccio di alta tecnologia. Non ha senso in questo contesto perdersi in domande sui dettagli e discutere di quanti centimetri sia l’isolamento termico ottimale di un edificio o se una casa dovrebbe essere equipaggiata con o senza ventilazione controllata. I buoni standard energetici non specificano le caratteristiche dell’edificio, ma i valori obiettivo significativi per il consumo di energia e il contributo relativo delle fonti energetiche rinnovabili.

Per un nuovo edificio o per una ristrutturazione, è sicuramente fondamentale l’ottimizzazione della struttura e dell’involucro edilizio, successivamente si abbina un’impiantistica ridotta al minimo e, infine, si soddisfa il fabbisogno di energia primaria con fonti energetiche rinnovabili.

Moderno vs. conservativo

Per quanto vi sia un principio logico alla base dell’edilizia sostenibile, questo da solo non porta allo sviluppo di una forma architettonica coerente. La ricerca di una forma adeguata è però un tema centrale nella concezione architettonica. Se nel Moderno la libertà sul piano sociale, su quello delle possibilità tecniche e del lavoro culturale occupava un ruolo centrale, oggi dobbiamo riconoscere che questa illusione di libertà non è più sostenibile. Poiché l’enorme consumo di energia legato al nostro attuale stile di vita ci ha portato a toccare il limite della sostenibilità, la nostra società è costretta a cercare delle alternative.

Pur rimanendo all’interno del vecchio modello di pensiero, cerchiamo nuove fonti di energia a buon mercato, sia fossili che rinnovabili. Non ci accorgiamo però che questa nostra fede nel progresso della tecnica, nella follia di una crescita illimitata, non fa che spingerci verso nuove impasse. Si impone dunque una vera alternativa non solo nella produzione di energia, ma anche nel consumo, attraverso i limiti che ognuno di noi si deve imporre. Si tratta in fondo di reinserire il nostro stile di vita all’interno dei circuiti naturali che si sono sviluppati sul nostro pianeta attraverso un processo evolutivo che dura da sempre e che si fonda su un complesso sistema di interdipendenze. Per effettuare questo reinserimento non bisogna ridursi in miseria ma piuttosto capire. Capire che la vita all’interno di questi circuiti naturali è possibile nelle sue forme migliori.

Non si tratta di un’illusione. Lo possiamo intuire dal fatto che l’umanità in tutto il corso della sua storia ha dovuto e potuto adattarsi. Riceviamo spunti importanti dal periodo pre-fossile oppure da cento, duecento anni fa, un attimo nell’evoluzione. Siccome la trasformazione della materia e in particolare la costruzione di edifici sarebbe stata difficile senza energia a buon mercato e senza i macchinari, a quell’epoca si dava molto peso all’efficienza e alla durata dei valori reali. Sopravvivere al proprio tempo significa anche conservarne i valori. E non si parla soltanto del valore reale ma anche dei valori culturali. Questi si basano a loro volta sulle tradizioni e hanno portato alla luce identità regionali, costituiscono la base della «Heimat», il senso di appartenenza e di autenticità dell’uomo con il suo radicamento culturale. Nella parola tradizione c’è il verbo tradire. Questo significa che il sapere culturale, e la capacità di fare cultura, adattandosi e migliorando, si sono trasformati in continuazione. Il che ci consente di collegare le tradizioni contadine regionali alle produzioni high-tech. L’esempio migliore a questo proposito è l’industria del legno.

Da tempo immemore la scelta dei materiali da costruzione è molto importante. Sotto il profilo della trasformazione efficiente della materia, per costruire un edificio andrebbe utilizzata la minor quantità possibile di energia. Ne consegue che il legno è il più qualificato tra i materiali da costruzione sostenibili. Accanto a tutte le sue qualità positive il legno possiede anche la qualità fenomenale di far scendere la CO2 grazie al circuito naturale della fotosintesi degli alberi. Nonostante questo non si può parlare di materiale da costruzione buono o cattivo perché ogni materiale da costruzione va impegnato nel modo giusto, secondo le sue qualità. Questo accade quando si inseriscono i singoli pezzi per dar luogo a un insieme duraturo. Nasce così la tettonica all’interno delle costruzioni, i singoli pezzi rimangono leggibili nella figura costruita. Questi danno modo di articolare un corpo architettonico e di introdurre le proporzioni. Grazie alla voluta enfatizzazione delle caratteristiche costruttive per proteggere l’edificio nasce l’ornamento che, a sua volta, intende produrre bellezza e suscitare gioia in chi lo guarda.

Materia/Energia > Efficienza

Eulachhof, Winterthur 2007

– Il progetto «Eulachhof» è la prima urbanizzazione di un quartiere che possa esibire un bilancio energetico equilibrato su base annua per il fabbisogno di energia per riscaldamento, acqua calda e per la fornitura di elettricità. È la prima esperienza certificata Minergie-P-Eco ed è ritenuto un progetto precursore dello standard Minergie-A.

– I concetti impiantistici si basano logicamente sull’efficienza energetica. Tutti i cicli energetici, nell’ambito di riscaldamento, acqua calda, aerazione, elettricità e rifiuti, sono chiusi. All’interno di questi cicli l’energia è sottratta ma anche resa e prodotta grazie a fonti rinnovabili. Per il riscaldamento e l’acqua calda operano pompe di calore che traggono la loro energia sia dall’aria sia dalle acque di scarico. Nei mesi invernali molto freddi (sotto i -10°C) le richieste di picco vengono coperte con il teleriscaldamento, grazie a un termovalorizzatore. L’energia viene però acquistata al massimo in quantità pari alla media rifiuti/abitante in Svizzera. Il fabbisogno energetico complessivo per le pompe di calore, la ventilazione e gli altri impianti è coperto con il fotovoltaico installato sul tetto di ciascun utente.

– Un progetto energetico equilibrato si basa però anche su un buon involucro dell’edificio. In questo caso si tratta di una facciata con elementi termoisolanti in legno. Questo non solo riduce le perdite per trasmissione ma contiene anche la quantità di energia per la realizzazione (energia grigia). Sorge quindi spontanea la domanda, interessante, se in futuro anche nei centri urbani il legno riprenderà a caratterizzare l’immagine della città e introdurrà così un mutamento estetico.

Spazio > Densità

Neugrüen, Mellingen 2014

– Il quartiere di Neugrüen è sviluppato come insediamento urbanistico ad altezze moderate secondo lo standard Minergie-A-Eco. Ne consegue una tessitura di volumi architettonici e aree libere. Gli edifici sono a misura d’uomo e vanno dalle strutture di servizio a un piano fino a un massimo di quattro piani per gli edifici singoli. Tra gli uni e gli altri vi sono case a schiera di due o tre piani. Le aree non costruite sono articolate con cura e organizzate in giardini privati, semiprivati e piccoli parchi, fino alle strade pubbliche e alla piazza del quartiere. L’area urbana, con indice 1.0, è così fittamente intessuta che, a seconda di come la si osserva, la si può percepire come un alternarsi di aree verdi o come un intreccio di edifici connessi tra loro. La scelta urbanistica si oppone strenuamente all’uniformità dell’agglomerazione.

– Ogni spazio, sia interno sia esterno, ha un senso soltanto se serve a chi lo abita, o a chi viene in visita. Nella realizzazione del piano urbanistico si presta grande attenzione ai contatti sociali. Ciò è possibile grazie all’incontro, che a sua volta stimola il movimento, tra gli abitanti del quartiere. Per questa ragione anche il traffico all’interno del quartiere (20 km/h) è organizzato per favorire la socialità. Le stesse persone, che si spostino a piedi o in bicicletta o in auto o con il deambulatore, lo fanno su strade, piazze e corti conosciute. Grazie a rivestimenti stradali specifici, allo studio della visuale e al controllo dello spazio, si ottiene un livello di sicurezza molto alto. Si rinuncia invece ai labirinti sotterranei e alle autorimesse interrate, per dare a ogni abitante la possibilità di accedere alla propria casa, sia essa isolata o a schiera, tramite un garage e una porta d’entrata a piano terra. A ogni individuo viene riconosciuta la propria identità. Le corti, comprensive di 8 o 12 unità abitative, servono a favorire i rapporti di buon vicinato. La piazza e il parco giochi del quartiere servono ai contatti, i piccoli parchi alla sosta contemplativa.

– Il piano terra verso la strada cantonale comprende punti vendita ed esercizi commerciali ma anche strutture utili alla vita delle diverse generazioni, ovvero scuole materne pubbliche, un asilo nido privato con mensa, ma anche una panetteria-caffè “Local”, con prodotti esclusivamente locali e uno spazio senza obbligo di consumazioni a disposizione del quartiere, un posto che invita a fermarsi e chiacchierare. In fin dei conti l’urbanistica dovrebbe aiutare l’uso efficiente di uno spazio prezioso, che serva alle persone per condurre una vita piena ma anche capace di soste di riflessione. Non bisogna dimenticare che ogni metro quadrato di città in più significa uno in meno per il paesaggio naturale.

Tempo > Durabilità

Am Rietpark, Schlieren, 2013

– La casa torre «Am Rietpark» secondo il progetto dovrebbe conferire un’identità al quartiere, esserne l’icona. La sua posizione la pone di fatto come elemento di collegamento. Se per un verso infatti chiude il parco verso la stazione, per l’altro funge da margine alla nuova realizzazione della piazza. Grazie ai portici, che rivestono il ruolo di terzo elemento spaziale, è possibile la mediazione tra il parco e la piazza.

– L’esigenza di fungere da icona capace di dare un’identità al sito spinge ad approfondire il tema dei materiali. Visto che si tratta di una casa-torre dev’essere in primis incombustibile. La scelta cade sulla pietra come materiale di base, il che conferisce all’intero corpo architettonico un aspetto tranquillo, solido e robusto. Oltre a ciò va anche considerato l’aspetto economico. Il risultato, analizzati tutti i parametri, impone una facciata multistrato in cemento e pietra, apparecchiata a corsi orizzontali di elementi prefabbricati: prima il rivestimento esterno viene gettato in una cassaforma, il secondo strato in lana di roccia serve da isolante e per concludere, collegato da sottili ancoraggi in acciaio cromato, il supporto in cemento armato. Dopo il getto la lastra va estratta dalla cassforma e affinché nulla si perda in questo passaggio le stesse sono coniche e con gli angoli arrotondati. Gli elementi finiti vengono poi montati in sequenza sul cantiere un piano dopo l’altro. La rinuncia alle fughe in silicone è ottenuta grazie alla tecnica di montaggio a sormonto. Ogni elemento in cemento si sovrappone a quello sottostante e sormonta quello laterale. Ne risulta che ogni elemento è provvisto di un bordo in rilievo. Complessivamente appaiono delle lesene che sottolineano il percorso delle forze e articolano la facciata sotto il profilo tettonico. Costruire rispettando i materiali conduce all’ornamento come elemento costitutivo del corpo architettonico. Questo si conclude, secondo il principio della costruzione tripartita, con un basamento di portici in basso e all’altro estremo con il coronamento del tetto.

– L’architettura intesa come lavoro sapiente si basa su un concentrato di competenze. Un sapere che vuole sopravvivere a se stesso e porta, attraverso le opere architettoniche, alla cultura del costruire. Al contrario la cultura del costruire è il sapere conservato e tramandato da ingegneri e architetti unito alla competenza del costruttore. Quest’atteggiamento conservativo di fondo ha come obiettivo un risultato durevole e solido.

 

Traduzione di Andrea Roscetti e Anna Ruchat

 


I venti anni di Archi (1998-2018)

Per festeggiare il ventennale della rivista Archi, una selezione degli articoli più significativi è andata a costituire una timeline, tracciando una linea di continuità tra il 1998 e il 2018. Tutti gli articoli sono contenuti nel dossier «I venti anni di Archi (1998-2018)».


 

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