Ca­so stu­dio Ger­ma­nio­ni­co

Valorizzazione di un nucleo storico alpino della Valle Malvaglia

Data di pubblicazione
08-01-2024
Giuseppe Rossi
architetto, prof. aggiunto in sistemi costruttivi al Corso di laurea di architettura della SUPSI

Germanionico è una delle «ville» della Valle Malvaglia, veri e propri villaggi abitati durante tutto l’anno. Situato a 1470 m s.l.m. è considerato un borgo d’importanza nazionale dall’inventario degli insediamenti svizzeri da proteggere (ISOS). È l’unico nucleo della Valle Malvaglia che non ha subito negli anni alcuna deturpazione con costruzioni accessorie o modifiche agli stabili esistenti. Dopo il decesso dei suoi ultimi abitanti stabili, i fratelli «Fadaric», la Fondazione per la difesa e la valorizzazione del nucleo di Germanionico ha deciso di conservare e promuovere questo insieme di edifici quale testimonianza della cultura rurale. Un intervento di restauro conservativo, non ancora terminato, è stato affidato all’architetto Ivo Trümpy in collaborazione con l’Ufficio dei Beni Culturali del Cantone Ticino. Solo un fabbricato si trovava in condizioni di conservazione che ne rendono impossibile il restauro e per questo è stata prevista una ricostruzione. In questo ambito si è inserita l’attività didattica svolta durante due semestri da studentesse e studenti del corso di laurea in architettura del terzo semestre (secondo anno) Bachelor della SUPSI.

Preceduto da un seminario di rilievo sul posto, che ha coinvolto anche il settore Geomatica dell’Istituto Scienze della Terra, il semestre del Laboratorio di costruzione ha voluto sviluppare diverse possibilità di ricostruzione di questo manufatto attraverso lo studio e l’applicazione di sistemi costruttivi contemporanei in legno. Durante le sedici settimane gli iscritti al corso hanno potuto beneficiare delle competenze del Dipartimento, attraverso lezioni ed esercitazioni dalla geomorfologia all’antropologia passando per le strutture e la fisica della costruzione. Oltre a confrontarsi con la tradizione edilizia vernacolare del nostro territorio.

I risultati sono stati presentati sia alla Fondazione sia agli esperti cantonali, partecipando così alla discussione attorno alle modalità possibili e attuabili di intervento all’interno di un nucleo alpino protetto. L’esercizio didattico ha permesso una ricca «variazione sul tema», ossia la riproposizione di un’idea che può subire modifiche più o meno profonde rispetto alla sua forma originaria. Tali modifiche hanno toccato l’espressione architettonica in coerenza con il sistema costruttivo scelto, l’organizzazione formale e funzionale di quella che sarà la sola dimora temporanea ammessa all’interno del comparto conservato e restituito come museo rurale sempre aperto.

Gli studenti sono stati guidati in un processo graduale di acquisizione e di applicazione di strumenti metodologici e operativi, dall’interpretazione di un metaprogetto sino all’individuazione delle scelte di dettaglio necessarie per consentire l’attuazione costruttiva del progetto di architettura. In questa prospettiva sono stati proposti approcci compositivi distinti dai tre sistemi costruttivi indagati. Il primo è stato quello della tradizione in legno massiccio incastrato, il sistema «a blinde», Blockbau o Strickbau nella sua declinazione grigionese come sistema «a maglia».

Gli altri sistemi costruttivi in legno proposti sono il sistema «a telaio» (Platform Frame) e il sistema massiccio «X-Lam» (Cross Laminated Timber). Nel primo caso i lavori degli studenti, e le riflessioni che la didattica ha innescato intorno a Germanionico, si sono concentrati con la diretta attualizzazione di un sistema costruttivo tipico del contesto ma non più in uso nelle nostre valli. Oggi questa tecnica non viene praticata neppure in quei cantoni dove le norme di piano regolatore prescrivono che gli edifici abbiano la forma esteriore del Blockbau: così nella maggioranza dei casi anche gli edifici che esteriormente appaiono realizzati con quella tecnica, in realtà sono costituiti da strutture più convenzionali, e dotati di rivestimenti che imitano il Blockbau.

Esistono chiaramente eccezioni virtuose, tra le quali basti citare l’architetto Gion A. Caminada che ha studiato con attenzione le tecniche dello Strickbau e le ha riproposte e attualizzate in svariate sue opere. Nel riavvicinarsi a questo tipo di tecnica costruttiva, l’architetto grigionese ha sofisticato gli incastri proponendo addirittura la duplicazione del sistema e inaugurando il DoppelStrickbau nel progetto del 2002 della Stiva da morts a Vrin. Simili esperienze sono state di stimolo per i lavori degli studenti chiamati a interrogarsi sull’interpretazione contemporanea delle forme della tradizione. Tutto ciò mentre a Germanionico sono in corso i lavori di restauro conservativo delle stalle, fienili e abitazioni rurali a opera di maestranze locali con i materiali esistenti: pietra e legno.

Alla volontà di recuperare e reinterpretare l’antica tecnica dello Strickbau, che emerge anche nei più autorevoli progetti del già citato Caminada e di Peter Zumthor, si affianca il desiderio di riscoprire la fisicità dei materiali tradizionali e le tecniche di rivestimento in legno, che accomuna gli altri sistemi costruttivi proposti: il sistema «a telaio» e il sistema «X-Lam».

Modificato il sistema costruttivo ci si allontana inevitabilmente dalla tradizione «Walser» del Blockbau, e di conseguenza l’espressione architettonica si adegua alle nuove tecnologie. Non più esoscheletro ma struttura calda, celata dal rivestimento esterno. Si torna alle origini tessili dell’architettura, per citare la teoria di semperiana memoria. Il rivestimento diventa un confine espressivo in cui tradizione e immaginazione si incontrano e a volte si scontrano. L’esperienza didattica, inquadrata in rigidi limiti figurativi che dovevano ricalcare la forma preesistente, ha di fatto messo in luce la complessità della lingua parlata da un’architettura al contesto culturale a cui si rivolge.

L’esercizio su Germanionico ha nutrito la didattica e i temi specifici della conservazione del patrimonio costruito. Le ricerche più interessanti sono state quelle rivolte alla conoscenza e approfondimento delle tecniche di costruzione tradizionali, grazie anche all’aiuto del contraddittorio che spesso i sistemi costruttivi riescono a sostenere se interpellati in un rapporto paritetico, all’inizio di un progetto, in un contesto comune e condiviso. A maggior ragione se l’esperienza è condita dalla curiosità che le nuove generazioni dimostrano nei confronti dell’architettura costruita.

I risultati del lavoro svolto nel corso di due semestri sono stati esposti all’interno degli spazi del Campus SUPSI di Mendrisio, e sono stati consegnati alla Fondazione e all’Ufficio dei Beni Culturali. Si è trattato di un esercizio che grazie alle innumerevoli variazioni sul tema ha stimolato la discussione tra ente pubblico, ente privato e architetto progettista anche intorno al linguaggio da adottare per la futura ricostruzione del rustico K pianificata nel corso del 2024-2025.

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