Ar­chi­tet­to e ga­lan­tuo­mo

Un ricordo di Paolo Fumagalli

Data di pubblicazione
01-08-2019
Nicola Navone
Vicedirettore dell’Archivio del Moderno e docente all’Accademia di architettura di Mendrisio, Università della Svizzera italiana

Paolo Fumagalli è mancato il 7 luglio 2019, dopo aver combattuto a lungo, con pacata tenacia e un coraggio venato di signorile understatement, un male che non gli ha impedito, fino all’ultimo, di esercitare il proprio ruolo di architetto e intellettuale, di coscienza critica dell’architettura ticinese. Come ha ricordato Alberto Caruso nella sua partecipe orazione funebre, Paolo Fumagalli era, per l’appunto, un combattente: ma un combattente che sapeva affermare le proprie posizioni attraverso l’esercizio del dialogo, il ragionamento lucido e razionale, anche l’ironia se necessario, ma sempre ponendo al centro della contesa le idee e l’impegno civile, una qualità sempre più rara e preziosa di questi tempi.

Era, soprattutto, un galantuomo: un termine desueto che brilla di una sua antica e nobile grandezza e che si attaglia perfettamente al carattere di Paolo. Nato a Lugano il 1 maggio 1941, Paolo Fumagalli si era formato al Politecnico federale di Zurigo, laureandosi nel 1967 con Alfred Roth. Quello stesso anno aprì il proprio ufficio, a Lugano, con Mauro L. Buletti, compagno e amico al tempo degli studi e poi suo associato per l’intero arco di una lunga attività professionale. Nel luglio del 1965, quand’erano ancora studenti, Fumagalli e Buletti, insieme a Claudio Pellegrini e Guido Tallone, avevano conseguito il secondo premio al concorso per la Scuola dell’infanzia a Viganello, vinto da Aurelio Galfetti, Flora Ruchat-Roncati e Ivo Trümpy. Quel precoce successo fu il preludio di una carriera professionale ricca di incarichi importanti e opere significative, fra le quali vorrei ricordare la sede del Liceo a Savosa e, più tardi, gli interventi compiuti per la città di Lugano.

Ma l’attività di architetto svolta da Paolo Fumagalli è strettamente intrecciata a quella di intellettuale e di docente: un ruolo, quest’ultimo, forse non ricordato a sufficienza, ma che egli svolse con passione e competenza alla Scuola Tecnica Superiore di Trevano, dal 1969 al 1982, dimostrando quelle doti di comunicatore che ne hanno fatto, oltre che un apprezzato insegnante, un eccellente divulgatore, come attestano alcune sue trasmissioni televisive riproposte dal sito lanostrastoria.ch.

Quanto alla sua opera di critico, essa ebbe inizio nella «Rivista Tecnica della Svizzera Italiana», di cui fu direttore e redattore dal 1972 al 1982, e continuò a «Werk, Bauen + Wohnen», di cui fu redattore dal 1983 al 1989 e, dal 1996 al 1998, presidente del Comitato di redazione. Un’attività che ai tempi di «Rivista Tecnica» gli era valsa anche contrasti per la sua ferma difesa di un’architettura di qualità, ma che proprio per questo gli aveva assicurato la stima duratura dei suoi colleghi.

Questa lunga esperienza si cristallizzerà, infine, sulle pagine di «Archi», dove tenne, dal 2004 al 2017, la rubrica «Diario dell’architetto», diventata per molti un appuntamento immancabile. Il suo impegno civile, riverberato anche da puntuali interventi su quotidiani e settimanali ticinesi, ne orientò l’azione anche come presidente della Commissione cantonale del paesaggio (in carica dal 2007 al 2013) e della FAS – Gruppo Ticino, ed è alla radice dell’attività svolta come primo presidente della Fondazione Archivi Architetti Ticinesi, di cui fu fondatore nel 1996 e vero e proprio spiritus rector animato da un’inestinguibile energia e generosità, di cui avvertiamo dolorosamente la perdita.

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