Abi­ta­re nel­la ter­za età. Quo va­dis?

La nostra società si fa sempre più longeva; cambiano così anche le esigenze riguardo all’abitare. La maggior parte delle persone desidera poter invecchiare a casa propria; basta tuttavia gettare uno sguardo al parco immobiliare svizzero per capire quanto i desideri non corrispondano alla realtà.

Data di pubblicazione
18-12-2018
Revision
18-12-2018

Il boom del settore edilizio ha portato sul mercato un nuovo tipo di alloggio: appartamenti ampi con finestre generose, balconi, due bagni, materiali e finiture di pregio. Malgrado il costante aumento dei prezzi, la domanda si è mantenuta elevata, offrendo insomma terreno fertile agli esperti di sviluppo immobiliare.

Eppure non si è tardato a percepire che, in alcuni segmenti, il settore immobiliare non andava realmente incontro alle esigenze del mercato. Da anni ormai vediamo crescere il numero di appartamenti vuoti. Oggi molti villaggi dell’Altipiano registrano un tasso di abitazioni sfitte pari al 4%. In breve, l’offerta non manca, ma soddisfa realmente la domanda?

 

Ignorate le tendenze demografiche

Presi dall’euforia, ci si è dimenticati di considerare un fattore determinante: quello degli sviluppi demografici e sociali. Tra questi il progressivo invecchiamento della popolazione – una constatazione che, tra l’altro, non è nuova. Quel che sorprende però è la velocità: negli ultimi 200 anni l’aspettativa di vita nei Paesi occidentali è praticamente raddoppiata.

Secondo l’Ufficio federale di statistica (UST), in Svizzera il gruppo in età tra i 64 e i 79 anni passerà da circa 960’000 a quasi 1,5 milioni di persone entro il 2030. Si calcola che entro tale data il numero di ultraottantenni praticamente raddoppierà.

Il fabbisogno in ambito abitativo vive dunque una profonda trasformazione. I nuovi modelli cooperativi che prevedono alloggi plurigenerazionali o i progetti per la costruzione di appartamenti per la terza età riscuotono sempre più interesse a livello mediatico, ma restano proposte di nicchia. Chi ha la fortuna di invecchiare in salute, raggiungendo una veneranda età, preferisce trascorrere gli ultimi anni della propria vita a casa propria. Il cosiddetto aging in place è insomma già oggi una realtà concreta. 

 

Adattare gli immobili esistenti

Mancano però alloggi adatti, sia negli insediamenti rurali sia negli agglomerati urbani. Dalle statistiche condotte dall’UST emerge una forte penuria di appartamenti di due o tre locali di medio standing, moderni e con tutte le comodità, non però esageratamente lussuosi.

Molti anziani chiedono innanzitutto di poter trovare un alloggio a buon prezzo, in poche parole un appartamento modesto, di pochi locali e non troppo grande. Oggi molte persone con più di 64 anni vivono in appartamenti del dopoguerra, costruiti tra il 1946 e il 1970, di pochi metri quadrati e di scarsa qualità, ma con un prezzo abbordabile. Si tratta tuttavia di immobili che solo in rari casi sono realmente adatti a soddisfare le esigenze della terza età.

Spesso manca l’ascensore, gli appartamenti sono difficilmente accessibili, i bagni troppo stretti e con diversi rischi potenziali in agguato. Tuttavia, visto che l’offerta di appartamenti convenienti è carente, l’idea di un possibile trasloco manca di attrattiva. Questa costellazione si ritrova soprattutto negli agglomerati urbani, proprio lì dove in futuro il numero di anziani aumenterà in modo esponenziale. La conseguenza? Tassi di rinnovamento del parco immobiliare svizzero troppo bassi ed edifici bisognosi di essere adattati alle nuove esigenze.

 

Progettare tenendo conto dei fabbisogni – un must

Il potenziale architettonico per quanto concerne risanamenti e ristrutturazioni è enorme. Uno studio condotto nel Cantone di Basilea Città da parte della Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale (FHNW) mostra come in particolare gli edifici risalenti agli anni 1960-2000 possano essere rimessi in sesto senza dover intervenire in modo massiccio. In caso di risanamenti della sostanza esistente andrebbe altresì applicata la norma SIA 500 Costruzioni senza ostacoli.

Si profilano qui nuove opportunità creative, da cogliere con lo sviluppo di idee e soluzioni in grado di soddisfare al meglio le esigenze individuali che si presentano una volta concluso il periodo della vita familiare e professionale. Nel contempo si tratta di offrire le premesse ottimali per agevolare il passaggio a quella fase di vita in cui siamo più fragili. Per il momento il «progettare e costruire per la terza età» non si è ancora affermato come una disciplina a se stante ampiamente riconosciuta.

Tenuto conto dei cambiamenti demografici, sorge spontaneo chiedersi: non sarebbe forse giunto il momento di considerare questo tema con la stessa urgenza con cui si trattano questioni come quella dell’«energia» o della «densificazione»? Tanto più che, prima o poi, la vecchiaia arriva per tutti.

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