Tat­ti­che di coe­si­sten­za: agi­re con l'ac­qua

«Il paesaggio è l'ambiente vivente di composizioni instabili al centro delle quali gli uomini sono immersi e delle quali partecipano». – Jean-Marc Besse, 2018

L'emergenza provocata dai cambiamenti climatici in atto e la necessità impellente di gestire le conseguenze devastanti sul pianeta – uragani, alluvioni, grandine, siccità – stanno portando le nostre discipline verso una consapevolezza crescente sull'importanza di progettare infrastrutture idriche con un approccio ecosistemico e multiscalare integrato in grado di operare insieme all'acqua per mitigare i rischi a cui sono esposte milioni di persone.

Piuttosto che impostare una relazione produttiva agendo sull'elemento naturale come risorsa da sfruttare nel tentativo di piegarla all'intenzionalità del progetto, si adotta una prospettiva dinamica e collaborativa che riconosce le potenzialità intrinseche della materia con cui si interagisce. Non ci sono regole astratte da applicare ma flussi che vanno osservati con attenzione per cogliere le loro peculiarità e ridurre l'impatto ambientale. Come nel giardinaggio – osserva J.-M. Besse – la progettazione diventa «un'arte di azione indiretta, che consiste nel mettere in atto dei sistemi di preparazione e di attesa, di captazione e anticipazione, ma anche di sorveglianza, osservazione, manutenzione e cura, che permettano al paesaggio di trasformarsi». Questo cambio di paradigma – teorizzato recentemente da diversi studiosi – ha dunque un effetto rilevante sulla nozione stessa di progetto, ora caratterizzata dall'adattabilità alle contingenze climatiche come proprietà intrinseca capace di stabilire una relazione simbiotica con la «natura», ma anche da una nuova concezione temporale del processo, aperto a più orizzonti di possibilità in un'ottica di trasformazione dei contesti imprevedibili in cui si muove.

Waterfront costieri, margini fluviali e lacustri, vuoti dei tessuti urbani vengono riqualificati e rinaturalizzati seguendo dinamiche inedite, in cui il divenire li trasforma in architetture liquide contraddistinte da continue metamorfosi. Piazze d'acqua e giardini della pioggia, canali e vasche di laminazione, argini percorribili, parchi acquatici, bacini sotterranei sono concepiti come spazi multifunzionali con attrezzature e servizi di ogni genere, la cui progettualità coinvolge team multidisciplinari di specialisti. Progetti incompiuti che abbozzano paesaggi mutevoli – urbani o agricoli – plasmati dall'acqua in continua co-evoluzione tra la componente antropica e quella naturale.

Con motivazioni e obiettivi differenti negli ultimi anni molti interventi hanno affrontano questa problematica sperimentando soluzioni nei più diversi ambiti geografici: recupero di aree costiere dismesse e degradate, messa in sicurezza dagli allagamenti delle città colpite da fenomeni meteorologici sempre più intensi nel breve periodo, depurazione delle acque il cui inquinamento minaccia gli ecosistemi, ripopolamento di specie vegetali e animali in via di estinzione, nonché la stesura di piani di adattamento di lunga durata per rendere resilienti i luoghi abitati. Come ribadisce De Francesco nel suo saggio: «le suddette crisi diventano così occasioni progettuali per dar vita a paesaggi infrastrutturali, le cui diverse componenti si ibridano dando luogo a morfologie, forme e linguaggi differenti e inaspettati che qualificano i nostri territori». Ferrata approfondisce invece l'intensa relazione che i corsi d'acqua hanno sempre stabilito con il territorio, sia tramite la modellazione del paesaggio, sia come elementi decisivi nel configurare le condizioni che l'hanno reso abitabile; esaminando, tra l'altro, i cambiamenti di prospettiva che nel corso del tempo hanno guidato ingegneri e pianificatori attivi nel controllo e correzione delle acque. Questa «geografia evanescente» è oggi diventata la matrice da cui partire per rigenerare il rapporto tra insediamento e ambiente. Le prossime pagine illustrano inoltre il concetto che sta alla base della ricerca sviluppata a partire dagli anni Ottanta dall'Atelier Dreiseitl in Svizzera e all'estero – in cui l'acqua è l'origine stessa del ragionamento da cui scaturiscono le soluzioni progettuali – e presentano alcuni esempi significativi, in corso d'opera o realizzati, nel Canton Ticino.

Oltre al fascino avveniristico che emerge da questi scenari in cui procedimenti tecnico-costruttivi d'avanguardia, nuovi materiali, biotecnologie e modellistica digitale svolgono un ruolo determinante, rimane tuttavia una perplessità di fondo. Considerando il deludente risultato della recente COP26, fallimentare nel progredire verso misure concrete che permettano il rispetto dell'Accordo sul clima di Parigi (2015), così come nell'assicurare il sostegno finanziario promesso ai tanti paesi vulnerabili che subiscono già enormi danni ambientali, forse è velleitario supporre che le risorse necessarie a simili interventi possano essere disponibili anche nel Sud del mondo, dove gli effetti drammatici del collasso climatico sono ormai una realtà che intere popolazioni affrontano quotidianamente per la propria sopravvivenza.

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