Cos­tan­za e coe­ren­za

Lettera di Nott Caviezel ad Armando nelli

Caro Armando, visto che si tratta di te e che il tuo lavoro non cessa di affascinarmi e catturarmi, dopo qualche esitazione ho accettato di riflettere sulla tua opera mettendo su carta i miei pensieri per Archi.

Publikationsdatum
20-03-2017
Revision
20-03-2017

Ritenevo infatti di aver detto tutto quello che avevo da dire nel mio esteso contributo nella monografia a te dedicata edita dalla Quart. Ora cercherò di ripercorrere nella mente le tue opere e di considerare nuovamente il tutto. Le mie impressioni di quel tempo sono ancora vivide. Chissà se la Musa mi bacerà regalandomi nuove consapevolezze? Mi sono forse sfuggiti aspetti che varrebbe la pena di indagare?

Riflettere sull’architettura è più semplice che non scrivere della stessa. I pensieri volano e si esauriscono, le riflessioni incompiute rimangono un elemento sfuggevole, nient’altro che una miniera di idee... Quanto misero è limitarsi a meditare sulle tue riuscite opere. Generate dalla mente, hanno infine preso forma su una solida base: stabili, utili e belle. Lo sai di chi parlo. Il suo codice, spesso citato, non riesce oggi più a illuminarci in un’epoca in cui in molti luoghi vengono erette costruzioni prive di bellezza, veri e propri insulti alla durabilità nella loro limitazione a una breve vita utile. Naturalmente sei consapevole che una buona architettura fornisce risposte convincenti a tutte le domande, che a loro volta, lo si voglia o no, seguono determinati criteri che riguardano il tutto così come il particolare. Un edificio soddisfa la funzione che gli viene assegnata? Possiede qualità esterne ed entra in una relazione convincente con ciò che lo circonda, con l’ambiente e con il paesaggio? È coerente come un tutto e genera una proficua interazione fra la sua parte interna ed esterna? Le sue dimensioni sono adeguate? Sono adatti i materiali scelti e il modo in cui è realizzato? Se la risposta è «sì», significa che è già stato fatto molto. Si tratta a ogni modo di aspetti risolvibili in maniera del tutto razionale, se si ha confidenza col mestiere che gli architetti dovrebbero padroneggiare. Chi esplora la tua architettura percepisce l’esistenza di ulteriori dimensioni che, pur realmente presenti, non possono essere apprezzate dalla sola ragione.

Chi si dedica all’osservazione delle tue opere e ne rileva la logica attraverso la ragione, comprende una componente importante del loro aspetto materiale. È sempre evidente perché non si perde nelle chiacchiere di forme e materiali, altrove tanto diffuse. Sono forse un romantico se individuo nella riduzione e nella limitazione l’aspetto più veritiero delle tue opere? Era Ruskin che nel XIX secolo parlava di verità e sincerità dell’architettura aborrendo illusioni e menzogne. Percepisco anche in te la sua predilezione per l’esistente, che porta in sé storia e storie che animano il presente. Senza alcun eccesso di pathos. Ne sono certo: anche tu ti addentri in quanto ti circonda, nel luogo e nel paesaggio. In loro giace il ricordo, un’esigenza primaria dell’uomo che per questo motivo può togliere tanto all’eredità culturale. Al principio non c’è forse il sentimento in grado di percepire sensazioni ed esperire la sensualità? Voglio dire, su questa base anche il tuo fiuto e la tua pronunciata intuizione per le dimensioni, ilcorpo, la forma e i materiali «creano», generando in fondo una forza poetica con grande ambizione.

Tutti parlano di costruzione continua, conferendo tuttavia al concetto significati molto diversi fra loro. Mentre alcuni creano consapevolmente fratture mettendo in scena le proprie opere e se stessi, tu hai scelto il percorso opposto. L’opzione più difficile, a parer mio, visto che non ti accontenti di un’imitazione mimetica, non intendi la costruzione continua come banale affermazione, bensì come perfezionamento sotto il profilo qualitativo. Progettare partendo dal patrimonio storico è alta scuola, dimostrargli il dovuto rispetto è per te una necessità. In questo modo, ciò che fai è in un certo senso conservazione dei monumenti storici. Oltre un secolo fa Georg Dehio, Alois Riegl e Max Dvorák, tre antesignani della moderna conservazione del patrimonio storico, invocavano che tale attività non fosse mossa da una ricerca del piacere, ma divenisse un esercizio di pietà. Pietà verso opere passate dimostratesi in grado di resistere sino al presente: singoli edifici, il paese, il paesaggio. Un tale rispetto non comportava una cristallizzazione, quanto piuttosto sviluppo e innovazione. Max Dvorák, che non si occupò solo di conservazione dei monumenti storici ma anche sapientemente dell’avanguardia dell’epoca, si espresse a favore di un «armonico contrasto» fra vecchio e nuovo. Che ciò non rappresenti una contraddizione lo dimostrano le tue nuove costruzioni, i tuoi cambiamenti di destinazione d’uso e le tue ristrutturazioni di edifici preesistenti. Anche questa è alta scuola, visto che la ricerca di un contrasto adeguato richiede innanzitutto di avvicinarsi all’essenza delle cose. La tua architettura genera senso e influenza anche perché in un certo modo si rende comprensibile quale dialetto contemporaneo nel lento fluire del linguaggio tradizionale.

I nonconformisti godono di una certa attenzione, laddove il conformismo è gravato da un’insipida noia. Nel quadro della storia dell’architettura, uno dei valori fondamentali è fin da Vitruvio la conformità architettonica. Come ebbe modo di formulare Georg Germann, anche Alberti, che quindici secoli dopo riprende sotto molti aspetti Vitruvio, tratta la convenienza, se non addirittura la conformità, quale armonico principio guida dell’architettura. Il motivo non è qui la pietà quanto piuttosto la convinzione che a livello architettonico il nuovo debba essere custodito nel vecchio, e sua volta il vecchio nel nuovo. Di conseguenza, solo la raggiunta consapevolezza della diversità del patrimonio consente l’adeguamento del nuovo. Così come il ricordo, anche il desiderio di continuità è un’esigenza primaria dell’uomo. Vista così, caro Armando, la tua architettura è vocata alla conformità nel senso più nobile, una conformità elogiata già molto tempo prima di noi da autorevoli architetti e teorici. Preservando lo stesso orientamento del patrimonio esistente pur sottolineando la propria diversità, la tua architettura arricchisce il presente in quanto proseguimento della tradizione. Hai un lungo respiro e dimostri costanza e coerenza. Le tue opere più recenti – la casa unifamiliare di Castasegna e l’atelier/magazzino dell’artista Miriam Cahn a Stampa – dimostrano la tua crescita attraverso l’attenzione per i compiti costruttivi sempre nuovi. Adeguati alla loro funzione e alla loro ubicazione, convincono ancora una volta per la riduzione dei mezzi a livello di progetto, per i materiali scelti nonché per l’esecuzione. Con questa vicinanza alla genuinità del mestiere, il «Weiterbauen» diviene con tutta evidenza un approccio progettuale credibile.

I miei più cari saluti, Nott

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