Ab­it­are sot­to lo stes­so tet­to

Da tre anni vivo nel complesso Heizenholz nella periferia di Zurigo. È la seconda realizzazione della cooperativa edilizia abitativa Kraftwerk 1 e la prima che preveda espressamente la convivenza di più generazioni.

Publikationsdatum
13-10-2015
Revision
12-11-2015

Gli abitanti più giovani, due gemelli, hanno un mese; il più anziano ha festeggiato da poco l’83° compleanno. Alfred, così lo chiamerò, fece domanda per ottenere un appartamento all’interno del complesso abitativo proprio per la sua peculiarità. La storia di Alfred è segnata dal cambiamento: tedesco dei Sudeti, visse prima in Germania per poi spostarsi in Svizzera; il lavoro lo portò poi in Indonesia e in altri paesi orientali, finché a un certo punto si stabilì in un piccolo paese del Ticino, dove acquistò una casa che ristrutturò da sé. In Ticino trascorse anni felici con la moglie e i figli che diventavano grandi; questa felicità si infranse con la morte del figlio, seguita poco dopo da quella della moglie. Che fare?

Alfred sapeva di non voler restare nella casa dove aveva vissuto con la famiglia, per lui diventata ormai troppo grande, quindi si mise a cercare un luogo dove potersi trasferire e così, navigando in internet, scoprì nuove forme di convivenza. Il complesso abitativo Heizenholz lo colpì fin da subito e, malgrado il lungo viaggio necessario per arrivarci, non mancò a nessuna delle riunioni del gruppo di accompagnamento. All’interno del gruppo non passò inosservato per la sua tranquillità e ponderatezza e, naturalmente, anche per l’età. Gli altri anziani erano poco oltre i 65 anni: decisamente meno dei quasi 75 di Alfred.

Grazie alle diverse attività collettive, nei primi tre anni di convivenza si è sviluppata una ricca rete di rapporti sociali. Molti collaborano a un gruppo di lavoro e le giornate dedicate alle attività comuni, che si svolgono due volte all’anno, sono ben frequentate. Ogni volta danno molto da fare: sistemare i mobili da giardino, estirpare le erbacce dall’orto delle erbe aromatiche, pulire i pozzetti di scarico e rassettare la cucina nell’area comune, la Salle commune.

Alfred dà sempre una mano: nella preparazione del pranzo, organizzato due volte alla settimana da alcune ragazze, pela le carote, lava l’insalata, serve in tavola, sparecchia e pulisce i tavoli; qualche volta cura il cane di una coinquilina e bada regolarmente alla figlia dei vicini. Si dice che la prima parola della bambina sia stata «Alfred», prima ancora di «mamma» e «papà». I gruppi di lavoro si sono formati in base ai vari interessi, l’età non era il fattore preponderante. Al luogo di incontro principale, il Circolo, si cucina due volte al mese per circa quaranta persone. Se ne occupano a turno gruppi di quattro persone. Naturalmente le varie generazioni cucinano insieme imparando le une dalle altre, gli anziani dai giovani e viceversa. Grazie a queste attività comuni, si sono creati dei rapporti stretti anche tra persone della stessa generazione. Alcune famiglie sono particolarmente legate, un gruppo di anziani va insieme in palestra e all’università della terza età e un altro impara lo spagnolo da una giovane coinquilina.

Un punto di incontro importante è la Salle commune. Richiama Terrasse commune, il nome dato dagli architetti al progetto edilizio. Oggi la nostra Salle commune è ben arredata. All’inizio il denaro che avevamo a disposizione non bastava per comprare nulla. Così abbiamo cominciato ad arredare la stanza con alcuni mobili ricevuti in dono; poi con il tempo siamo riusciti a comprare altri tavolini e un set di sedie in un negozio di seconda mano. Il cuore del locale, però, sono ancora i mobili che ci sono stati regalati: tre tavoli uno diverso dall’altro e tre divani, anch’essi uno diverso dall’altro. L’illuminazione regolabile può essere utilizzata a propria discrezione; in più sono disponibili un proiettore, uno schermo di proiezione e uno stereo. La biblioteca è così frequentata che abbiamo dovuto acquistare un altro scaffale.

La dispensa funziona altrettanto bene anche se, a differenza del primo complesso residenziale nella Hardturmstrasse, non abbiamo un negozio aperto tutti i giorni, essendo il nostro complesso troppo piccolo. La dispensa è allestita in un vero e proprio magazzino: teniamo farina e lenticchie, riso e pasta, vino e sciroppo – tutto ciò che si conserva a lungo. Una volta al mese si fa il conteggio e si manda il conto via e-mail. È un lavoro impegnativo, di cui si è fatta carico una signora in pensione, ma il piacere di occuparsene è grande, e in più, grazie al gettito del consumo da parte dei residenti, è stato possibile ripagare i prestiti iniziali e procurarsi un congelatore per il Sorbetto, il gelato migliore della città.

Alfred non abita in coabitazione né in una delle condivisioni cluster, bensì nell’appartamento più piccolo del complesso. Tuttavia, visti i legami che si sono creati, ci siamo subito resi conto che qualcosa non andava. Un ictus gli aveva colpito il centro della parola: per lui, grande lettore, la lingua era diventata incomprensibile e, allo stesso modo, quello che diceva lui era incomprensibile a noi.

Dopo la permanenza in ospedale e la riabilitazione, oggi Alfred riesce a esprimersi meglio e capisce di più. Trascorre metà della settimana dalla figlia e l’altra metà nel suo appartamento. L’assistenza Spitex lo visita regolarmente e una volta al giorno una famiglia, una comunità abitativa o una persona sola lo invitano a mangiare. Il calendario nella Salle commune indica dove andrà a mangiare Alfred. Ora che ha imparato a leggere il calendario e l’ora, Alfred arriva puntuale nell’appartamento giusto. Naturalmente, continua a preparare la verdura per il pranzo, a partecipare al Circolo e ad altre attività collettive. Una delle signore in pensione coordina la sua assistenza.

Durante il processo di realizzazione del complesso abitativo, alcune persone hanno tenuto un diario aperto, una sorta di cronistoria. Inizialmente raccontavano delle speranze e dei desideri riguardo al nostro complesso, poi, una volta iniziato ad abitarci, il tema era la vita in comune di tutti i giorni. Anche Alfred era uno degli autori. Nel giugno 2012 scriveva che secondo lui la comunità era sulla buona strada e che a tutti veniva offerta la possibilità di impegnarsi e di dare un contributo. Concludeva il testo con la frase: «E così l’anziano signore ha trovato ciò che sperava». Una frase commovente che dice la verità: Alfred ha trovato il posto dove poter vivere.

Traduzione di Melissa Maggioni

Verwandte Beiträge