«Uni­ver­so Pa­ri­si. I Ve­tri e le Ce­ra­mi­che di Ico e Lui­sa»

Mostra alla Pinacoteca Civica di Como

Data di pubblicazione
06-03-2023

Ico Parisi - architetto, designer, fotografo, regista, artista, allievo di Giuseppe Terragni – è una delle personalità più eclettiche e creativamente più prolifiche nel panorama della ricerca progettuale dal dopoguerra in poi.

Nel 1948 inaugurò a Como, insieme alla moglie Luisa Aiani, lo studio - negozio «La Ruota», punto di riferimento, cenacolo progettuale e culturale della vita della città: da «La ruota« passarono, fra gli altri, Melotti, Munari, Fontana e Radice.

Per «La Ruota» Luisa integrò gli arredi di Ico e nel negozio – studio della coppia furono poste le opere di amici artisti, con piccoli pezzi di antiquariato, argenti antichi e vetri del XX secolo che in qualche maniera addomesticavano le idee più radicali.

A questi oggetti Ico e Luisa ben presto aggiunsero le loro creazioni, frutto della collaborazione con abilissimi maestri del vetro e della ceramica, piccoli pezzi d’arte che costituiscono il tema centrale della mostra - ospitata fino al 28 maggio presso la Pinacoteca Civica di Como - dal titolo «Universo Parisi. I Vetri e le Ceramiche di Ico e Luisa», curata da Roberta Lietti, responsabile dell’Archivio Parisi e con l’allestimento progettato dagli architetti Cristiana Lopes e Giacomo Brenna.

Luce e movimento sono i due temi principali a partire dai quali si è strutturato l’allestimento.

Secondo gli autori, un allestimento non può essere più di quello che si mette in mostra ma al tempo stesso deve creare un momento di empatia, un momento «altro» che porta in differenti dimensioni.

In questo caso, al centro delle tre sale si trovano dei grandi tavoli con la parte centrale girevole sulla quale sono appoggiati i vetri e le ceramiche che ruotano, scandendo i tre momenti creativi di Ico, da un inizio più «pop» ad una fase finale molto più intimista che mette in mostra la grande attenzione dell’artista per la figura umana, sempre presente nella sua opera; il movimento circolare dei tavoli, e il flusso dei visitatori sono poi accompagnati dal percorso sonoro, realizzato da Lorenzo Fassi, in cui si ricompongono, in una sorta di eredità atmosferica, suoni e note iconiche come «La bambola» di Patty Pravo, «Se telefonando» di Mina ma anche estratti audio da «Amarcord» di Fellini e da «Il mistero di Bellavista» di De Crescenzo.

Alle pareti sono appesi gli schizzi preparatori delle opere su uno sfondo neutro ed in penombra; sul pavimento una moquette scura uniforma l’insieme e lascia cadere la vista sui riflessi creati dalla luce puntata sulle opere esposte.

Proprio una suggestione di partenza è stata la definizione di oggetto data da Iosif Brodskij nel libro «Fondamenta degli incurabili» in cui, parlando della luce di Venezia, afferma che «l'oggetto, dopotutto, è ciò che rende privato l'infinito», poiché l'oggetto altro non è che una cosa finita che, però, quando è illuminato dalla luce del sole, ci parla di qualcosa di lontano.

Nella mostra, quindi, la volontà di illuminare gli oggetti si realizza con una luce non fissa, muovendo il piano d'appoggio sino a creare una sorta di costellazione di piccoli universi: così luci ed ombra permettono di cogliere la bellezza e la tridimensionalità degli oggetti esposti.

La mostra apre quindi alla dimensione del tempo, alludendo ai moti dell’universo; un universo, quello di Parisi, non statico, ma che, girando, crea una ripetizione dinamica circolare, come avviene nel sistema solare e che rimanda, per certi versi, agli schemi dell'artista visuale islandese Ragnar Kjartansson, secondo cui «quando si ripete ed estende qualcosa nel tempo, diventa un mondo al di fuori del mondo. Si tratta di calmare sé stessi dal mondo esterno»: è, in altri termini, un modo naturale di stare bene creando un momento a sé rispetto al concetto esterno.

Ad accogliere il visitatore c’è poi un ulteriore spazio con i dipinti raffiguranti i due coniugi: il primo, di Ico, ritrae la moglie Luisa ed il secondo, di Giuseppe Terragni, Ico; vi è infine un espositore utilizzato nello studio - negozio «La Ruota» per i vasi e le ceramiche, i cui vani – con luce dal basso e specchi nella parte retrostante – riescono ad esaltare la qualità dei vetri e dei riflessi, al pari del meraviglioso allestimento dei tavoli «universi».

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