«So­lo il pro­get­to ci im­por­ta dav­ve­ro»

Roger Diener ricorda Luigi Snozzi

Il 3 luglio 2021 alle 15, nella corte dell'Antico Convento delle Agostiniane di Monte Carasso, una commemorazione pubblica ricorderà Luigi Snozzi, morto il 29 dicembre 2020. Gli interventi di amici e colleghi faranno anche da apertura alla XXVIII edizione del Seminario internazionale di progettazione, da lui fondato. Ad anticipare questo ritrovo, proponiamo un intervento tenuto da Roger Diener nell'ambito dell'Omaggio a Luigi Snozzi proposto il 4 marzo 2021 dall'Accademia di architettura e dall'Archivio del Moderno.

Data di pubblicazione
01-07-2021

Ho incontrato Luigi Snozzi per la prima volta nel 1973, durante il suo primo semestre da visiting professor all’ETH di Zurigo. Fino ad allora la mia esperienza di studente era stata dominata da corsi su aspetti sociologici dell’edilizia abitativa urbana. Questi predominavano: erano stati aggiunti al curriculum negli anni Settanta in risposta all’impegno politico e alle pressioni degli studenti. Il messaggio era: la progettazione non va considerata una disciplina autonoma ma dovrebbe essere guidata da aspetti sociologici.

Luigi Snozzi sarà ricordato nell'ambito del Seminario internazionale di progettazione di Monte Carasso, da lui fondato, il 3 luglio – con una commemorazione – e il 10 luglio – con un tributo. Qui il programma

Per noi studenti, nel 1973, Luigi Snozzi fu una rivelazione. Invece di promuovere il professionalismo architettonico, Snozzi proponeva un sistema educativo mirante alla formazione di esseri umani critici e responsabili, capaci di pensieri e azioni politiche. Ciononostante, il programma di studi era tutto dedicato all’architettura ed era strettamente legato alla progettazione, o, nelle parole che avrebbe poi usato a Losanna, «le projet est assumé comme instrument de connaissance de la réalité». Per Snozzi, la forma guadagna un significato particolare solo attraverso le sue specifiche relazioni, che permettono di creare uno specifico luogo. E mentre al centro della questione per lui c’è sempre il significato sociale o, in sostanza, politico, i valori attraverso cui Snozzi misura la condition humaine sono elementari – cosmici e geografici: suono, luce, aria, terra e acqua. Territorio. E la memoria del valore degli sforzi umani – «fatiche umane», come lui, suggestivamente, le chiamava.

Le risposte specifiche di Snozzi erano progetti. Questi progetti servivano agli studenti come un’introduzione che li portava a sviluppare i propri. La concezione di Snozzi dell’architettura non permetteva dicotomie tra la coscienza critica e l’azione compiuta a partire da essa, ovvero il progettare. In questo processo iterativo, il progetto compiuto è l’oggetto dello studio.

Nei suoi insegnamenti, Snozzi si riferisce ai propri progetti, assumendosi così le proprie responsabilità di fronte agli studenti. Questo atto apparentemente semplice ha portato a una fusione della persona, dell’insegnante e dell’architetto che è stata, e continua ad essere, straordinaria.

Altrettanto importanti delle opere costruite sono i progetti non realizzati di Snozzi, o meglio quelli alternativi, che costituivano una forma di resistenza e confronto con la progressiva distruzione di valori esistenti a cui Luigi ha ripetutamente assistito. In questi progetti alternativi, Snozzi ha denunciato, con successo, quelle terminologie dei pianificatori che fin troppo spesso privano problemi importanti della loro vera dimensione attraverso l’uso di formule sfuggenti. Basta menzionare il suo progetto, così rilevante, per Celerina, che manifesta in modo eloquente la minaccia portata da ciò che i pianificatori si limitano a definire “urban sprawl”.

È solo il progetto che ci importa davvero. Snozzi utilizzava «il taglio preciso del chirurgo sul malato», come Vittorio Gregotti ha acutamente osservato. Aveva bisogno di un sito specifico su cui operare, per risanarlo. Così diceva Gregotti.

Nell’autunno del 1984 lo Schweizerisches Architekturmuseum di Basilea organizzò una mostra sul lavoro di Luigi. Entrando nell’alto e stretto edificio della Domus Haus, i visitatori percorrevano una scala che portava al terzo piano. A partire dal piano terreno, le parole di Snozzi li accoglievano con quello che probabilmente è il suo aforisma più noto. Sulla prima alzata c’era scritto La varietà è il preludio alla monotonia, se vuoi evitarla, e sulla seguente: … ripeti il tuo elemento. Ripeti il tuo elemento veniva ripetuto su ciascuno degli ottanta gradini del museo. Con questa installazione Snozzi non solo costringeva i visitatori a confrontarsi con l’affermazione, ma la incorporava fisicamente in un processo percettivo. Chiunque abbia visitato la mostra non può dimenticare quest’installazione impressionante, realizzata da Snozzi con uno sforzo minimo.

L’architettura nasce da bisogni reali […] se vuoi scoprirla guarda le rovine: un altro degli aforismi di Snozzi. I suoi progetti sono composti da semplici elementi fondamentali. Pianta e sezione sono talmente essenziali che permettono di immaginare le rovine di cui parla. Un simile fenomeno si percepisce anche nella sua opera costruita: gli edifici sembrano ergersi fuori dal tempo; la vita sembra esservi conservata per l’eternità.

Snozzi era meravigliosamente seducente. Ripeteva instancabilmente le sue idee e i suoi ascoltatori instancabilmente seguivano i suoi discorsi. Non solo riempiva gli auditori delle facoltà d’architettura, ma anche centri comunitari in aree rurali. Nessuno poteva evitare di ammirarlo, e una volta sotto il suo incantesimo era difficile riuscire a distinguere la sua persona dal suo insegnamento e il suo messaggio. Ma Snozzi non ha mai convertito in incarichi la sua influenza internazionale sul discorso architettonico e urbanistico. Cerchiamo invano i suoi edifici tra quelli dei colleghi di fama internazionale, a Berlino o altrove: diversamente da altri, Snozzi non è mai salito sul carro dei vincitori. Non in Svizzera e non all’estero. Non ha partecipato allo scambio di opportunità e possibilità che influenzava la scena architettonica europea del suo tempo. Non era pronto a sfruttare il suo charme a proprio vantaggio. Luigi Snozzi – tra gli architetti, il grande seduttore – ha riservato il suo talento a una missione: la resistenza.

Grazie.

Questo testo è la trascrizione di un intervento tenuto in occasione del seminario virtuale «…al di là dell’orizzonte c’è la città». Omaggio a Luigi Snozzi, organizzato nell'Auditorio del Teatro dell’architettura e in streaming il 4 marzo 2021 dall’Accademia di architettura e dall'Archivio del Moderno dell'USI, a cura di Nicola Navone. Il video completo della serata può essere visto sul canale Vimeo dell'Accademia.

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