«Guida storico-critica all'architettura del XX secolo nel Cantone Ticino»
È da tempo che mi sono accorto che non mi preoccupo più di che cosa produco, ma del processo che il prodotto attiva. Ti dai da fare per ricerche necessarie per scrivere un libro e poi ti rendi conto che il libro il più delle volte risulta fine a se stesso, in qualche modo inutile a far cambiare ciò che vuoi che cambi. E quando te ne rendi conto cambi anche il modo di come studi e fai ricerca. D’altra parte siamo tutti immersi nella rivoluzione digitale e una delle caratteristiche di questa rivoluzione è appunto che sono più importanti i processi che i prodotti o che i prodotti veicolano processi. Detto in altro modo siamo oramai passati dalla società dei prodotti a quello dei servizi.
Scrivo dunque questa breve recensione non su un libro, ma su un processo messo in atto dall’Archivio del Moderno dell’USI e coordinato da Nicola Navone che, sono convinto, avrà come esito una percezione più attenta e consapevole dei valori civili e ambientali che ha il patrimonio architettonico ticinese e questo non potrà che contribuire a riqualificare i modi e le forme della progettazione architettonica dei prossimi anni. Mi sia concessa una metafora: se vuoi predisporre un buon menù per una cena di qualità sarà opportuno che la tua dispensa sia ricca di svariati prodotti riconosciuti nelle loro qualità. E così sarai più te stesso e quindi più libero in cucina. La questione fondamentale non è solo ricordare ciò che è già stato ma fare in modo che il non ancora possa essere migliore.
Vediamo il processo giustamente organizzato sfruttando al meglio il digitale e le sue potenzialità. Sintetizzo: non si tratta di un libro ma di un catalogo digitale che può assumere la forma cartacea della schedatura e forse anche di un libro, ma che si anima nel repertorio virtuale che è ovviamente estensibile da chiunque ne abbia l’uso e interesse. Pubblicazione prima di tutto elettronica, incrementata periodicamente, consultabile liberamente e gratuitamente scaricabile con un esteso apparato iconografico.
Nota non marginale: chi fa questo? Giustamente giovani ricercatori universitari e professionisti locali. Anche questo è un notevole valore aggiunto e permette che l’elaborazione culturale si radichi nel futuro.
Come è inevitabile, il cambio di registro al digitale e alle sue dinamiche tende a cambiare anche il metodo della ricerca e della elaborazione dei contenuti e quindi della stessa critica. Il metodo? Aperto il registro, catalogo o schedario, che dir si voglia, mi aspettavo una introduzione critica che tracciasse lo scenario nel quale collocare le schede. Di solito si fa così. Poi dialogando con il curatore Nicola Navone è emersa una giusta e molto significativa questione di metodo: essendo una ricerca aperta, diffusa, sempre in fieri conviene che lo scenario si apra o meglio si ri-apra ma a posteriori, cioè dopo l’analisi dettagliata delle singole opere, come da programma. Si può addirittura prevedere che l’apparato storico critico sia a sua volta decantato tempo per tempo e non risolto una volta per tutte seguendo il lavoro stesso di elaborazione delle schede critiche. Questa potrebbe essere una vera e propria rivoluzione della prassi sia critica che storiografica. Così il patrimonio non sarebbe per così dire museificato da giudizi presuntivamente definitivi.
Questa innovazione pretende delle accortezze e per quanto mi riguarda mi fa sperare. L’accortezza? Rinnovare nell'elaborazione delle schede un linguaggio della critica sempre più diversificato. Se da una parte sono utili degli standard analitici per fare i confronti tra le opere e i diversi momenti storici, dall’altra il linguaggio della critica dovrebbe tendere a diversificarsi e a diventare sempre più elaborato, approfondito, appunto critico, superando così il gergo stesso della storiografia e della critica architettonica usuale.
La speranza? Che tutto questo notevole sforzo e significativo contributo storico-critico possa far emergere tutte le problematiche di quella che a me sembra la singolarità del caso Ticino: là dove si disgrega il patrimonio di quello che tradizionalmente chiamiamo Movimento moderno con l’emergere, negli anni Sessanta, di ciò che sarà chiamato il Postmoderno, nel Ticino viene una reazione che lungi da tentare una qualche restaurazione della modernità, o una formalistica ricomposizione, cerca e trova un percorso che invece di affidarsi all’irrazionalità mette alla prova ancora la ragione.
Non mera resistenza ma, appunto, nuova e antichissima capacità di progetto. È la strada.
Nicola Navone, a cura di Guida storico-critica all'architettura del XX secolo nel Cantone Ticino, Archivio del Moderno, Balerna, vol. I (ed. it. 2020; ed. ingl. 2021), vol. II (in corso di stampa).