Quan­do Snoo­py si fe­ce lam­pa­da

Design e fumetto

Il Vitra Schaudepot dedica una mostra al design incorniciato da vignette: un modo diverso per accostarsi alla collezione dello spazio espositivo.

Data di pubblicazione
10-07-2019

A partire dal 20 maggio, chi si avventura tra gli scaffali del Vitra Schaudepot, da cui occhieggiano, disposti in ordine cronologico, alcuni dei più significativi pezzi della storia del design, scoprirà che alcuni oggetti hanno rotto il silenzio: sopra di loro sono sospesi scherzosi balloon, a dare una sfumatura giocosa alla mostra Living in a Box, che trasforma l'esposizione permanente dello Schaudepot in una piccola storia del rapporto tra fumetto e design (principalmente targato Vitra). Così, a pochi passi dalla poltrona Eames ci imbattiamo nel suo doppio di carta, sul quale siedono, compunto lui e abbandonata lei, il Diabolik delle sorelle Giussani e la Valentina di Guido Crepax.

Come il design moderno, anche il fumetto come lo conosciamo si fa largo alla fine dell'Ottocento: a render possibili entrambi è la rivoluzione industriale, che fornendo nuovi materiali e tecniche apre la strada alla produzione di massa non solo di mobili e oggetti, ma anche di giornali illustrati. È allora che il mondo di vignette e illustrazioni, che fino ad allora circolava nelle riviste e nei fogli volanti a tiratura ridotta dell'Ottocento o costituiva la passione eccentrica di qualche artista isolato (andate a dare un'occhiata alle storie in stampe dello svizzero Rodolphe Töpffer), può dispiegare tutto il suo potenziale sui giornali statunitensi ad alta tiratura (e a colori!): il pioniere – e per alcuni il primo vero fumetto della storia – èYellow Kid di Richard Felton Outcault. Questo racconto della vita quotidiana in un quartiere povero e multiculturale di New York conquista subito una miriade di lettori di tutte le classi, avvicinando ai giornali le grandi masse semi-analfabete, che godono la vicenda attraverso le immagini. D'altra parte, anche il design del primo Novecento nasce spesso con il proposito di portare comodità e qualità di vita alle masse beneficiando della riduzione dei costi di produzione (come chioseranno gli Eames, «Vogliamo fare il meglio per il massimo per il minimo»).

Se è una questione innanzitutto tecnica a permettere, tra fine Ottocento e inizio Novecento, lo svilupparsi parallelo di design e fumetto, le due discipline mostrano rapporti e affinità anche su altri piani: innanzitutto quello del disegno, da cui entrambe prendono le mosse. Ed infatti, come chiariscono gli accostamenti del Vitra, la mano di disegnatori di oggetti e fumetti di una stessa epoca tende a farsi guidare da gusti e approcci affini. Così la linea chiara di Hergé (quell'ideale di tratto pulito e nitido che farà scuola) rivela affinità con il funzionalismo modernista – simpatia dichiarata, se nell'albo di Tintin Il loto blu (1935), esposto al Vitra, si affaccia ad esempio la MR 10di Mies, ideata pochi anni prima (1927).

Ma anche il gusto degli anni Sessanta, tra onde e accostamenti psichedelici, traspare in parallelo dalla Jodelle di Guy Peellaert (1966) e da pezzi come la scrivania «Boomerang» di Calka (1969). In quel decennio, d'altra parte, il fumetto, fino ad allora del tutto relegato fuori dal mondo dell'arte, inizia a essere guardato con interesse: mentre si affaccia nelle tele di Roy Lichtenstein, è anche oggetto di una prima ondata di riflessioni teoriche. In Italia se ne occupa, dal 1965, la rivista «Linus», che nel primo numero ospita Umberto Eco, Elio Vittorini e Oreste del Buono. Da allora, il fumetto intesse una fitta e vitale rete di scambi con le altre discipline, ispirandole e venendone ispirato. Ecco quindi che, nel 1967, Pier Giacomo Castiglioni e Achille Castiglioni presentano la lampada Snoopy; vent'anni dopo è invece il fumettista Javier Mariscal, già collaboratore di Memphis, a trasformare la sua serielos garririsin unaGarriris chair (1987-88).

E i mobili di design che si affacciano nelle vignette non sono solo mezzi per connotare la personalità dei personaggi (benestanti, colti, avanguardisti, conservatori…), ma anche vere e proprie dichiarazioni di poetica che rivelano i modelli a cui attingono gli autori: esemplare in questo senso Asterios Polyp di David Mazzucchelli, 2009, il cui protagonista, cultore del design modernista, è disegnato con tratti bauhaus.

Di recente, mentre il fumetto di consumo subisce sempre più la concorrenza di cinema e serie tv, trionfa il fumetto come arte. Trova espressione nella forma del romanzo grafico, con trame più estese ed elaborate e una forma tipografica più curata (emergono stampe pregiate che fanno impallidire le cartacce sottili degli albi di trent'anni fa). La nuova forma permette di esplorare archi narrativi più ampi, e ne viene rafforzato il genere della biografia, campo in cui gli autori hanno dimostrato il loro interesse per il design anche come oggetto di narrazione: numerose le biografie a fumetti dei protagonisti del campo, come quelle evocate al Vitra di Eileen Gray (Charlotte Malterre-Barthes e Zosia Dzierzawska, A House Under the Sun, 2019) e Ettore Sottsass (Massimo Giacon, Ettore. Mr. Sottsass Jr. e il mistero degli oggetti, 2015).

La piccola, frammentaria storia dei rapporti tra design e fumetto raccontata allo Schaudepot si chiude nella contemporaneità, con tre «Manga Chairs» dello Studio Nendo. In questi pezzi di lucido metallo si riassume un ultimo nodo del dialogo tra fumetto e design: il rapporto col movimento. Quando fumetto e design moderno emergono, negli ultimi anni dell'Ottocento, è anche l'epoca che inaugura una nuova concezione del movimento: nuovi mezzi di trasporto, come il treno e l'automobile, generano un nuovo rapporto con la velocità, abituando chi viaggia a vedersi scorrere il mondo di fronte da un finestrino; nel contempo, il movimento delle masse nelle grande città si è ormai imposto come parte della vita quotidiana. In questo panorama, fumetto e cinema si profilano come le arti principali capaci di raccontare il movimento nel tempo. Il fumetto, in particolare, elabora stilemi e convenzioni proprie per dare l'impressione a chi legge di trovarsi di fronte a situazioni dinamiche.

Le sedie di Nendo si confrontano proprio con queste convenzioni: riprendono le maniere classiche per indicare velocità, rimbalzi e tremolii e le traspongono in una forma “immobile” per eccellenza: quella – paradossalmente – del mobile. E ci consegnano una domanda: il mobile è effettivamente immobile? O porta già in sé il germe del movimento che dovremo fare per utilizzarlo?

 

Informazioni

Living in a Box: Design and Comics

Vitra Schaudepot

24.05.2019 – 20.10.2019

Aperto ogni giorno dalle 10 alle 18.

Maggiori informazioni qui.

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