Mi­cro-in­ter­ven­ti

Una rete estesa per la gestione del territorio ticinese

Data di pubblicazione
23-02-2022

Nella stesura di questo numero, accanto a interventi scenografici come la riqualificazione della foce del Cassarate o il parco Saleggi-Boschetti, ci siamo imbattuti in una serie sorprendente di piccoli progetti realizzati nel Canton Ticino negli ultimi anni. Si tratta di micro-interventi che offrono una panoramica piuttosto esaustiva e variegata di come sia possibile creare una rete diffusa di mitigazione del rischio idrico, orientata al recupero della biodiversità e alla fruibilità delle sponde dei corsi d’acqua.

Alla politica delle grandi opere si affianca dunque quella degli interventi puntuali, sparsi capillarmente sul territorio. Un approccio di carattere intensivo, particolarmente adatto a un contesto eterogeneo come la valle del fiume Ticino, contraddistinta da una geografia ricca di riali e più in generale di corsi d’acqua.

Questo modello, oltre a garantire una gestione integrata delle risorse, pone le basi per la realizzazione di un ambiente resiliente e diversificato, composto da tante singole infrastrutture, capace di evolvere e di adattarsi ai cambiamenti climatici in atto. Se osserviamo la mappa del territorio ticinese, immaginando di intraprendere un viaggio alla scoperta di questi piccoli interventi e dei contesti in cui sono inseriti, possiamo individuare una moltitudine di progetti. Alcuni già realizzati, altri in divenire.

Sono generalmente operazioni puntuali, legate alla risoluzione di una tematica locale, di una crisi o di una esigenza specifica che, tuttavia, se considerati nel loro inseme, intessono una rete sinergica a sostegno di un territorio altrimenti fragile e frastagliato, garantendo un miglioramento complessivo della stabilità e dell'equilibro ambientale. Seppur accomunati da tecniche e strategie condivise, sarebbe errato e riduttivo parlare di interventi standardizzati. Quando si lavora con elementi quali l’acqua e il suolo, per propria natura in continuo divenire, risulta infatti approssimativo affidarsi a modelli pianificatori seriali e tipizzati; al contrario, è indispensabile saper contestualizzare, ancorando il progetto al luogo attraverso una lettura attenta della geografia e delle esigenze specifiche, quali la mitigazione del rischio inondazione, di quello idrogeologico, piuttosto che l’inquinamento delle acque o la necessità di rivitalizzazione e rivalorizzazione. Essi variano dunque, passando da un contesto urbano a un contesto boschivo o agreste, a seconda delle esigenze.

Partendo da nord, poco distante dal lago di Luzzone, si presenta il primo micro-intervento. A Ghirone, nel comune di Blenio, in un'area boschiva extraurbana, sono state realizzate alcune opere di premunizione nei confronti di possibili eventi franosi (2016), che hanno previsto l’utilizzo di terre armate al fine di evitare colate detritiche durante le piogge. Sempre in Val di Blenio, per contrastare i fenomeni alluvionali del riale Marolta, che già nel 2019 avevano messo in pericolo l’abitato di Traversa e la strada cantonale, sono stati portati a termine alcuni interventi di stabilizzazione del fondo e degli argini grazie alla messa in opera di tetrapodi frangiflutti (2020). In questi casi, dove prevale l’esigenza di sicurezza nei confronti di eventi estremi quali alluvioni e piene, l’approccio è dettato sostanzialmente da ragioni tecniche.

Nel distretto di Locarno, a Gordola, si può apprezzare, sul riale Carcale, un intervento di sistemazione e messa in sicurezza (2019). Il progetto ha previsto l’allargamento dell’alveo e la stabilizzazione delle sponde, includendo anche la rivalorizzazione dell’area boschiva e del sistema sentieristico antistante, coniugando così aspetti tecnici, paesaggistici e ambientali.

Il distretto di Riviera sta cambiando volto grazie al masterplan operativo, che include numerosi interventi, tra cui possiamo annoverare i progetti di rinaturalizzazione del torrente Ragon e dei riali Canva e Mondrecch a Claro (2020). A Bellinzona troviamo il grande piano Saleggi-Boschetti la cui realizzazione è iniziata nel 2012. Ad Ascona, la rinaturalizzazione del riale Brima (2019) è stata l’occasione per la riqualificazione del Parco dei Poeti, divenuto oggi spazio di socialità per gli abitanti. Nella regione di Lugano, oltre al grande progetto di riqualificazione della foce del fiume Cassarate (2016), in area urbana vi sono le opere di rinaturalizzazione e premunizione del riale Ronchetto (2020), che hanno previsto la realizzazione di una nuova camera di ritenuta a monte, la ristrutturazione di quella a valle, la rimessa a cielo aperto della tratta centrale dell’alveo e l’esecuzione di scogliere in massi ciclopici a sostegno del pendio.

A Cadempino si è intervenuti sulla roggia dei Mulini (2021) con lavori che hanno interessato il ridisegno della sezione dell'intero alveo, attraverso l’eliminazione del rivestimento in pietra del fondo e l’allargamento della sezione del riale, oltre che la riprofilatura di entrambe le sponde. A Magliaso sono state eseguite opere di deviazione e di incanalamento della tratta iniziale della roggia (2021) con contestuale riqualifica paesaggistica del corso d’acqua, al fine di proteggere l’abitato dagli allagamenti.

A ovest, sul confine italo-svizzero, il progetto Interreg denominato A cavallo del fiume Tresa offre uno spunto di riflessione su come queste tematiche richiedano continuità di intervento che, esulando dalle competenze locali, necessitano una visione territoriale più ampia e lungimirante. Nato a seguito dei numerosi eventi franosi di Cremenaga (Cadegliano-Viconago), il progetto ha dato il via a una collaborazione internazionale volta al contenimento del rischio idrogeologico, alla stabilizzazione dell’alveo fluviale e continuità eco-sistemica.

Verso sud, a Maroggia, si incontrano gli appena avviati lavori di rinaturalizzazione e riqualificazione del fiume Mara, resi necessari dall’esigenza di migliorare le caratteristiche ecomorfologiche dei terreni: interventi indispensabili per ripristinare la funzionalità degli ambienti acquatici, garantendo un corridoio ecologico tra il lago di Lugano e la Val Mara. Nell’area di Mendrisio, mentre si aspetta il completamento dei lavori di rivalorizzazione del fiume Laveggio fino a Riva San Vitale, si segnalano il progetto del riale Tognano a Castel San Pietro, l’operazione sul riale Gurungun a Stabio (2012) e quella sul riale Roncaglia a Coldrerio, presso il mulino del Daniello (2016).

Guardando la cartina in cui sono indicati gli interventi, si può notare come questi si concentrino maggiormente lungo il tracciato del fiume Ticino e i suoi affluenti, quasi a enfatizzare la sua natura di infrastruttura fluida, che innerva una parte consistente del cantone, su cui si muovono acqua, fauna, terreno e trasporto solido. Pensare al reticolo idrografico come a un organismo complesso, potrebbe essere la chiave di lettura alla base di un approccio programmatico ed esteso, quale quello qui presentato. Partito probabilmente da una serie di necessità locali, col tempo ha saputo evolversi in un progetto vasto frutto di una consapevolezza collettiva, indubbiamente sensibilizzata dai piani strategici federali e cantonali. Ne è un esempio il Piano di riqualificazione del corridoio ecologico del fiume Ticino recentemente approvato. Un progetto internazionale che vede coinvolti la Svizzera e l’Italia, con lo scopo comune di proteggere la biodiversità del territorio intorno al fiume, promuovendo il benessere sociale ed economico delle comunità.

In una regione contraddistinta da un ecosistema così variegato e complesso, leggere il reticolo idrografico regionale – che differisce notevolmente con le sue peculiarità dall'iconografia dei sistemi navigabili europei – come una rete infrastrutturale complessa, come un organismo unico capace di mitigare i traumi di possibili eventi climatici estremi attraverso un'intrinseca capacità di adattamento ai cambiamenti, rappresenta un nuovo auspicabile paradigma da coltivare.

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