In­ten­si­tà lu­mi­no­se

Il complesso scolastico Joséphine Baker, La Courneuve, realizzato da Dominique Coulon.

Data di pubblicazione
06-05-2014
Revision
15-10-2015

Il complesso scolastico Joséphine-Baker, appena realizzato da Dominique Coulon a La Courneuve, ha la capacità di inscriversi nel contesto difficile della Cité des 4000, su un sito marcato dalla memoria dolorosa della distruzione delle stecche di abitazione Ravel e Présov. Riesce ugualmente a schiudersi al suo interno, su un altro paesaggio, un altrove, un’utopia… (…). Come se la carta venisse a tatuare il territorio.

Il gruppo scolastico occupa una parcella trapezoidale definita dalla zona non aedificandi che corrisponde all’ubicazione di uno dei due edifici demoliti. Pur rispettando il piano e le intenzioni di Bernard Paurd, Coulon sembra considerare questa cicatrice come supporto a un atto di resilienza (…). Ritorna così, spontaneamente, al suo lavoro sulle forme in torsione che ricerca di progetto in progetto. La proibizione di costruire volumi chiusi sul rettangolo che taglia la propria parcella, con i vincoli di densità e di altezza, gli hanno permesso di rimettere in causa la separazione richiesta tra la scuola elementare e la scuola materna. In questo modo, la sua proposta delinea un’organizzazione unitaria. Si sviluppa con virtuosismo nelle tre dimensioni dello spazio tra due poli collegati da un sistema di rampe. Le aule della scuola materna sono rivolte a est, a sbalzo sopra l’entrata, e le aule della scuola elementare occupano, a ovest, degli spazi aperti su dei giardini interstiziali. Il cortile dei bambini più grandi s’immette nel blocco riservato a quelli più piccoli, che contiene il refettorio comune, mentre i campi sportivi sono collocati sulla copertura dell’altro blocco, la cui funzione è di accogliere la biblioteca dei due stabili.

Nonostante la disposizione volumetrica, le sue pieghe e i suoi ondeggiamenti, l’edificio si mostra come una forma chiusa con poche aperture. Le aule della scuola elementare si aprono generosamente solo sui giardini laterali. Se, all’esterno, domina la verticalità per l’insistenza delle numerose rientranze che scandiscono le facciate, è paradossalmente l’orizzonte che si afferma non appena si entra. Come se un universo infinito si aprisse all’interno di uno spazio rigorosamente delimitato, che accoglie un’eterotopia riservata ai bambini. Un luogo d’iniziazione dove gli alunni sono staccati dal mondo degli adulti, dove possano prendere la distanza e lo slancio necessario, per potervisi immergere meglio in futuro. Inoltre sembra essere stata dedicata grande attenzione ai superamenti, alle soglie: entrare in una scuola; togliersi la giacca e appenderla al muro prima di attraversare la porta dell’aula per sedersi davanti al maestro; uscire ridendo o urlando sotto il porticato per la ricreazione.

L’edificio opera in questo modo, sin dall’ingresso, un raffinato doppio movimento di avanzamento e di ritiro. Un dispositivo che richiama le curve e le contro-curve della facciata della chiesa di San Carlino alle quattro fontane di Francesco Borromini. Abbozzando un gesto di protezione, il piano superiore sporge per accogliere i bambini, mentre il piano terreno vetrato rientra e forma uno scavo che sdrammatizza la separazione dai genitori. I corridoi si deformano e si dilatano davanti alle porte delle aule e ricevono una quantità abbondante di luce naturale zenitale come se volessero definirsi come zone di decompressione prima dell’entrata in apnea negli spazi di lavoro. Infine, la tettoia del portico si slancia ben oltre la rampa che sale verso i terreni sportivi sul tetto.

Questo gioco di compressione e dilatazione, che garantisce un’organicità a questa costruzione in cemento, è accentuato dal colore arancione. Il colore che ricopre la pavimentazione, che talvolta deborda sui muri e i soffitti, rende incandescente ogni minimo raggio di sole che batte e abbraccia il tetto accessibile. Questo si offre in tale modo come una mano aperta di fronte al blu complementare del cielo che si rivela nella sua onnipotenza.

Troppo spesso (…), le scuole sembrano pensate come degli spazi per adulti ridotti alla scala dei bambini. Le concatenazioni degli spazi di circolazione e delle sale sono qui testimoni di un altro rapporto del corpo del bambino con lo spazio: un rapporto maggiormente corporeo non essendo ancora mediato dal linguaggio. Le aule, i corridoi e i cortili di ricreazione della scuola si estendono e dislocano attorno a un corpo che non può essere assegnato, un corpo in perpetua trasformazione, un corpo di sensazioni pronto a commuoversi davanti a un raggio di sole e a percepire in ogni variazione climatica mille opportunità ludiche.

L’utilizzo di prodotti naturali – come il linoleum per i pavimento o il legno per le carpenterie – così come l’estrema attenzione verso i dettagli, contribuiscono a rendere quest’edificio un luogo quasi lussuoso, largamente approvato, durante l’inaugurazione, da una popolazione di genitori e di allievi desiderosi di voltare pagina sulle distruzioni e iscriversi risolutamente nel futuro. 

Committente: Città di La Courneuve

Architettura: Dominique Coulon, Olivier Nicollas, Dominique Coulon & Associés, Architectes; Strasbur- go

Collaboratori: S. Brebbia, B. Rocchi, A. Eloudyi, F. Haenel

Ingegneria stutturale: Philippe Clement, Cécile Plumier, Frédéric Blanc, Batiserf; Fontaine

Ingegneria meccanica: Marc Damant, Annie Pikard, BET Gilbert Jost; Strasburgo

Controllo costi: E3 Economie; Strasburgo

Paesaggista: Bruno Kubler; Strasburgo

Traduzione: Francesco Zanchi; Mendrisio

Fotografia: Eugeni Pons; Lloret (E), Olivier Nicollas

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